Museo
del Parco Archeologico di Monte Jato
Nella
primavera del 1971, la Missione di scavo dell’Università di Zurigo, su
segnalazione di un importante studio del Prof. V. Tusa, Sovrintendente alle
Antichità della Sicilia Occidentale, ha avuto affidato l’esplorazione
archeologica di Monte Jato, la cui area ricade quasi totalmente nel comune di
San Cipirello (PA). L’esplorazione si è rilevata fruttuosa sì da organizzare le
future campagne di scavo.
Dai
rinvenimenti (diretti dai Proff. Hansiorg Bloesch e Hans Peter Isler) e dalle
fonti storiche, è possibile ricostruire brevemente la storia della città,
Jetas.
Le
ceramiche incise e dipinte del VI e V secolo a.C. classificarono la città un
centro Elimo; successivamente, con l’avvento dei Greci, si compì il lento e
profondo processo di fusione tra il villaggio indigeno Elimo e i Greci
sopravvenuti: il tempio di Venere, venuto alla luce, è databile a questo
periodo.
Nella
prima metà del IV secolo a.C., la città cominciò a battere moneta, le prime
portavano la scritta “Iatinion”.
Durante
la lotta tra Segesta e Selinunte, precisamente nel 341 a.C., quando si
affrontarono sul fiume Krimiso (oggi Belice) Timoleonte e i Cartaginesi, si
ebbero le prime notizie di Jetas, così come riporta Plutarco: “Presso Jetas,
città soggetta ai Cartaginesi, fu uccisa una divisione di mercenari”.
Nel 300
a.C. Jetas era sotto dominazione Punica, ma il Teatro, l’Agorà, il Bouleterion
e costruzioni varie, le conferivano l’aspetto di città greca.
Pirro nel
278 a.C., prima di dirigersi alla volta di Palermo, volle allearsi con gli Jetini,
e con questi agevolmente la occupò.
Fu nel
245 a.C. che i Romani sbarcarono i Sicilia e presero Palermo. Assieme ad altre
città gli Jetini si misero sotto la protezione di Roma. Sconfitti i Cartaginesi,
col nuovo ordinamento che diedero all’isola, secondo quanto dice Cicerone, a
Jetas fu imposto il tributo della “decima”. Il periodo sotto i Romani fu
prospero e la città subì delle trasformazioni migliorative, fu ampliato il
Teatro, fu ampliata l’Agorà e basolata la Decumana.
Una
catastrofe colpì Jetas intorno al I secolo d.C., un terremoto danneggiò tante
costruzioni e quasi distrusse i peristili delle case romane. Da quel momento,
con l’allontanamento di buona parte degli abitanti, proprio del periodo
Romano-Imperiale, si hanno scarsissime documentazioni archeologiche. A
completare l’opera di spopolamento fu Verre, che la depredò, così come ci
ricorda Cicerone nelle”Verrine”.
Il Monte
Jato e quindi Jetas furono poco abitati sotto la dominazione Bizantina (535
d.C.) Nell’827 d.C., con la venuta degli Arabi in Sicilia la città si ingrandì,
ritornando agli antichi splendori, ospitò tredicimila famiglie, (Circa 70.000
abitanti) una grande realtà per quel tempo. Nel 1079 la città negò il pagamento
di salatissimi tributi al conte Ruggero, che, dopo un lungo assedio, sottomise
i saraceni che in essa si erano trincerati. Il conte Ruggero, nel 1093,
concesse Jetas al Vescovo do Mazara e Guglielmo I volle che gli abitanti
dipendessero dai monaci cistercensi di San Nicolò di Gurguro; nel 1176
Guglielmo II diede il castello e la terra di Jetas alla Chiesa di Monreale.
Jetas,
poi chiamata Jato, diventò caposaldo della resistenza saracena (1206) al tempo
del duca Marcovaldo, il quale, scomunicato dal Papa, passò in Sicilia.
La
resistenza saracena fu l’innesco della distruzione di Jato, perché i suoi
abitanti, ritiratisi sul monte con le famiglie, opposero resistenza a Federico
II, negandogli i tributi. Nel 1246, dopo un lunghissimo assedio, Federico II
espugnò Jato e la rase al suolo. Gli abitanti furono deportati in circa 30.000
a Lucera in Puglia.
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Continuano
ancora le campagne di scavo, ma fuori dal Parco Archeologico, il Museo “Case
D’Alia” offre del materiale archeologico senza pari. Menadi e Satiri che
sostenevano l’architrave di scena del Teatro (Dopo quello di Epidauro, uno dei
più rilevanti in capienza e bellezza) sono stati esposti alla Biennale di
Venezia.
Come
raggiungere il Museo ? (Non si paga l’ingresso per visitarlo)
Arrivare
a San Cipirello, [a 15 minuti da Palermo, sull’asse viario Palermo-Sciacca (ex
Via Valeria)].
Non ho inserito didascalie, desidererei vedere la coda davanti al Museo, convinto come sono, di avere destato almeno la curiosità.
Non sono nè storico nè esperto di archeologia, amo tantissimo la storia di un territorio che pochissimi conoscono.