giovedì 1 ottobre 2015

VENTANNI DOPO - Racconto breve - 01.ottobre.2015














Mario Scamardo

I Racconti del Borgo

VENT'ANNI DOPO

               Erano vent’anni che tutti i pomeriggi Adriana Montescuro, dopo aver consumato il suo pranzo e rassettata la piccola cucina, sedeva al pianoforte e per un paio d’ore, talvolta tre o quattro, suonava, ma soprattutto studiava, scoprendo nuovi brani e nuovi compositori che man mano si affacciavano alla ribalta. Si era diplomata al Conservatorio Statale di Musica “Stanislao Giacomantonio” di Cosenza col massimo dei voti a venticinque anni, poi si era trasferita con i genitori a Erice, città natale della madre, in una villetta isolata in mezzo ai pini. Tutte le mattine si recava a Trapani dove insegnava educazione musicale in una scuola media. Da quando aveva perso ambedue i genitori Adriana, tranne qualche collega o qualche amica, per la verità pochissime, non frequentava nessuno, passava i pomeriggi al piano, qualche sporadica uscita per gli acquisti, per recarsi nel solito negozio di strumenti musicali dove trovava gli spartiti di tutte le novità, o per farsi bella dal parrucchiere e, sola in automobile, si recava a Palermo per la stagione lirica del Teatro Massimo dove regolarmente rinnovava il suo abbonamento ad una poltrona di seconda fila. Quarantasei anni, una donna nel pieno del suo splendore, bruna con un bel paio di occhi di taglio orientale verde smeraldo, proprio una bella donna! Per la verità, un collega che insegnava matematica, aveva più volte cercato di intavolare con la ragazza un dialogo ma lei, col garbo e l’educazione che la contraddistinguevano aveva, tutte le volte,  cambiato discorso. Quando Adriana usciva di casa, non aveva mai un capello fuori posto, sempre elegante, sempre con un filo di trucco, sempre ingioiellata, come se dovesse piacere a qualcuno, ma nessuno l’aveva vista mai in compagnia, maschio o femmina che fosse. Una sera a Villa Margherita, sede dell’Ente Luglio Musicale Trapanese, a fine dello spettacolo, un uomo si avvicinò ad Adriana, fece un inchino e la chiamò per nome:

- Adriana Montescuro?

- Si, sono io.

- Ciao Adriana, ti ricordi di me?

La giovane donna fece un po’ di mente locale, corrugò per un attimo la fronte poi, sfoggiando il sorriso più bello e pigliando ambedue le mani di lui:

-  Goffredo Faziani!... tu a Trapani al Luglio Musicale!... Che ci fai da queste parti?

Goffredo prese le mani di lei, le baciò ambedue, da ragazzo le aveva baciate tante volte ed aveva sperato di legarsi per la vita a quella che era stata l’amichetta del cuore:

- Sono vent’anni che non ci vediamo, da quando hai finito il Conservatorio.

- Come mai ti trovi a Trapani.

- Sono l’impresario dello spettacolo a cui hai assistito stasera.

- Bene, sono contenta, hai impegni o posso invitarti a cena nella città che ha dato i natali a mia madre?

- Sono io che invito te a cena, siamo in cinque con la contralto, la soprano, il regista e la segretaria di produzione, saremo in sei con te.

- Va benissimo, avremo modo di parlare.

- L’appuntamento è in un ristorante al porto, abbiamo ordinato un cuscus e del pesce alla griglia, avverto che ce ne andiamo e li aspettiamo.

        L’attesa fu un continuo ricordare piccoli aneddoti di gioventù, momenti gioiosi degli esami, quelli al liceo e gli altri al Conservatorio, la festa per il diploma e i concerti nell’auditorio della scuola. Poi il trasferimento in Sicilia e, quindi, il silenzio e l’interruzione dei rapporti con gli amici d’infanzia.

        Fatte le presentazioni, consumata la cena, Adriana si fece accompagnare all’auto, invitò per il giorno seguente tutti e cinque a casa sua, stante che non si replicava lo spettacolo e si impegnò di far da guida ad Erice e di ospitarli per il pranzo in un ristorante della città dalle origini remote. L’appuntamento fu fissato alle 10.00 del giorno seguente, nel grande parcheggio dei pullman.  Quella serata era stata diversa, Adriana si era immersa in un mondo che le apparteneva, e poi l’incontro con Goffredo era stato una grossa carica di adrenalina che l’aveva riportata alla vita gioiosa e spensierata del Conservatorio. La soprano le aveva chiesto del suo pianoforte, del suo tenersi aggiornata e del suo continuo studio. 

        Il mattino seguente, puntuali, i cinque parcheggiarono l’auto, si salutarono con Adriana ed intrapresero la visita guidata alla città.


Il Castello di Venere, le Mura ciclopiche, Le torri del Balio, il Castello Pepoli, fino al quartiere spagnolo. Il panorama che si vedeva era suggestivo, da un lato Monte Cofano e le montagne di Custonaci segnate dai tagli delle cave di marmo, dall’altro le isole Egadi, Favignana, Levanzo e Marettimo, l’isola di Mozia e le saline che da Trapani arrivano a Marsala.





Il percorso offre il Duomo dell’Assunta, le Chiese di San Pietro, San Giuliano, San Cataldo, Sant’Anna e San Martino, poi alcuni palazzi, Bulgarelli, Platamone, Majorana, Chiaramonte. Finita la visita, un aperitivo in uno dei bar davanti al Palazzo del municipio, quindi tutti seduti in uno dei ristoranti tipici di Erice. Terminato il pranzo, tutti a casa di Adriana, dove gli ospiti si sono accomodati in salotto per smaltire la stanchezza del lungo percorso a piedi lungo le strade lastricate della città. Goffredo Faziani, dopo ancora un caffè, pregò Adriana di sedersi al piano, tutti applaudirono e la donna tirò fuori uno spartito, ”Si. Mi chiamano Mimì”, aria della Bohème di Puccini. Dopo le prime note si sentì la voce della soprano che cantò tutta l’aria. Tutti applaudirono e si complimentarono con Adriana, Goffredo le prese le mani e gliele baciò:

- Al Conservatorio lasciavi di stucco pure la tua insegnante di pianoforte, non hai mai smesso di studiare, eppure, se tu volessi…

- Se io volessi…

- Si, si potrebbe organizzare una bella tournee con una serie di concerti per solisti, un violino, un flauto, una tromba ed un pianoforte.

- Assieme in concerto?

- No, uno strumento per volta! Nuovi spartiti, tanto studio e le prove poi, venti teatri in venti città, Italia, Francia, Israele, Canada, USA e Regno Unito.

Adriana guardò tutti negli occhi e tutti la guardarono, poi fissò Goffredo:

- Ho tempo per riflettere?

- Nove giorni, tanti quante sono ancora le repliche dello spettacolo in Sicilia poi, spartiti in mano e due mesi di studio e prove, a Novembre il primo spettacolo a Milano.

Adriana non disse più una parola, chiese a tutti se volessero ancora un caffè, poi uscì in giardino con Goffredo, li seguì il regista che, appena fuori, accese un enorme sigaro, e dopo due boccate che appestarono l’aria disse alla ragazza:

- Lei è una bella donna, non le faccio un complimento, di solito evito di farli, i complimenti servono alle brutte e alle sciocche, consentono loro di vivere un attimo di felicità. Lei non è né brutta né tantomeno sciocca, lei è molto fotogenica, si muove molto disinvoltamente, non teme il pubblico ed ha una superlativa conoscenza dello strumento che suona, oltre ad avere un’ottima postura. Non sono nelle condizioni di giudicare sulla sua bravura, non sono musicale e non conosco neppure la scala musicale, ma mi hanno detto sia la contralto, sia la soprano che in lei c’è della stoffa! Goffredo è un ottimo impresario con ottime conoscenze, se vuole affrontare i palcoscenici internazionali, allora si lasci guidare, ho visto che lei lo conosce meglio di tutti noi, si pigli un anno sabatico a scuola, poi si tuffi a capofitto nel nuovo impegno, il treno passa solo una volta, lei non deve né ballare, né spogliarsi, una ballerina alla sua età è già a fine carriera, una musicista può concertare fino a cento anni!

        Tirò ancora due boccate da quell’orrendo sigaro e si avviò lungo il vialetto per ammirare uno scorcio di panorama che si intravedeva tra due pini. Goffredo la prese per mano:

- Hai ascoltato il regista, è uno che difficilmente parla e difficilmente sbaglia un giudizio, ma tu hai ancora nove giorni per riflettere!

Adriana e Goffredo si rividero ancora per tre pomeriggi, cenarono assieme e passarono delle stupende serate ad ammirare i mulini a vento delle saline. Trascorse una settimana, e al mattino del nono squillò il telefono, era Goffredo:

- Hai riflettuto?

- Si, ho passato le notti a riflettere sulla tua offerta, sulle parole del regista, e su quelle della soprano. So che non ho più tempo e che devo darti una risposta, la risposta è si, dimmi ora cosa devo fare.

- Sono contento per te. Hai i numeri di telefono, fra dieci giorni cominciamo a scrivere lo spettacolo, fra venti cominciamo a provare, a Milano troverai il pianoforte per studiare, al resto penso a tutto io, devi solo dirmi con quale volo arrivi per prelevarti in aeroporto.

- Goffredo, mi fido di te, siamo cresciuti nello stesso rione, abbiamo diviso momenti belli della nostra infanzia e della nostra giovinezza, fammi preparare le valigie, tre o quattro giorni e sarò a Milano.

        Adriana coprì i mobili di casa sua, raccolse i suoi abiti in tre valigie, nella quarta sistemò tanti spartiti, raccolse sul piano un metronomo che sua madre le aveva regalato, la foto tra i genitori e, chiamato un taxi si fece accompagnare a Birgi all’aeroporto Vincenzo Florio. Goffredo la prelevò con tutti i suoi bagagli all’aeroporto di Linate e in automobile la portò a casa sua.
- Adriana, questa è la mia casa, io per impegni di lavoro non ci abito quasi mai, ho fatto preparare la tua camera che ha il bagno incorporato, la cucina è a tua disposizione, non dovrai accudire alla casa, Margherita è la mia governante, ora te la presento, lei si occuperà di tutto e anche della cucina. Nel salone grande, che è insonorizzato, c’è un pianoforte a coda da concerto, se ti serve qualcos’altro io sono qua, ma puoi sempre chiamarmi al telefono se dovessi essere fuori, Margherita sa sempre come rintracciarmi. Ti porterò il materiale che ti serve per studiare, poi in teatro proveremo fino a raggiungere la perfezione. Domani andremo in uno studio dove qualcuno parlerà con te, se lo riterrà necessario ti suggerirà un nome d’arte, ti suggeriranno quali locali frequentare, come dovrai vestire e se ci sarà bisogno faremo un servizio fotografico da dare in pasto a giornali e riviste specializzate.

        Adriana si mise a ridere:

- Devo fare altro?

- Scusami, ti ho confusa, stai tranquilla, ma vedi, ho imparato a vivere coi tempi di Milano, quelli di Cosenza o di Trapani sono un po’ più lenti, sarà anche un problema di temperature e di nebbia!

        Un parrucchiere ed una estetista trasformarono il volto di Adriana, sembrava più giovane almeno di dieci anni, una stilista consigliò una serie di capi per la vita di ogni giorno, e un esperto le scelse il nome d’arte, finì di chiamarsi Adriana Montescuro e si chiamò Adriana Balio si, come le torri, il castello ed il giardino di Erice, la sua città adottiva.

        Mattiniera Adriana, sorbiva il caffè che Margherita le faceva trovare fumante in cucina, faceva colazione con uno yogurt e tre fette biscottate, poi ancora un caffè e di corsa al pianoforte per tre ore. Dopo pranzo, ancora altre tre ore a studiare ed esercitarsi sulla tastiera, poi una doccia ristoratrice e si recava in teatro per le prove fino ad ora di cena. Quarant’anni appena compiuti, bionda, nubile, longilinea e tanto bella, Renata Ascione in arte Luce, la concertista di violino era affascinata da Adriana e mentre provavano la tromba o il flauto, si appartavano nel foyer del teatro e parlavano di moda, di spettacoli, di shopping. Il loro rapporto diventò intenso al punto da far pensare che tra le due affascinanti donne ci fosse del tenero. Nulla di tutto ciò, Renata era nata e cresciuta a Palermo, si era diplomata al Conservatorio Vincenzo Bellini ed era andata sin da subito a suonare come violino di fila presso l’Orchestra di stato della Casa Rosada a Buenos Aires. Con la crisi economica argentina, il suo contratto di lavoro non si rinnovò e, preso un aereo, rientrò a Palermo. Le due ragazze erano ambedue single, ambedue meridionali, ambedue sole a Milano.

        Goffredo seguiva soddisfatto le prove e di tanto in tanto invitava fuori a cena Adriana. Una mattina l’accompagnò in Questura munita di foto e di certificato del casellario giudiziale, tre ore dopo ritornarono per ritirare il passaporto, occorreva per gli Stati Uniti, ma nulla vietava che servisse in seguito per varcare le frontiere di Russia, Ucraina, Australia, Nuova Zelanda.

- Adriana, la violinista, il maestro di tromba e quello di flauto hanno firmato il contratto, ora è il tuo turno, te lo do, lo leggi con calma, se trovi difficoltà ne parliamo. Viaggi, vitto e alloggio sono a carico dell’impresario, anche i costumi di scena, cioè gli abiti che indosserai nelle varie repliche, il tuo bagget sarà di quattromila euro a spettacolo, che riscuoterai prima che abbia luogo il concerto. Cosa ne pensi?

- Non penso nulla Goffredo, io non voglio neppure leggerlo il contratto, dammelo, dimmi dove devo apporre la mia firma, se dubitassi di te mi sentirei in colpa tutta la vita.

Prese il contratto, andò direttamente all’ultima pagina e firmò ambedue le copie, firmò pure Goffredo e lei pose nella borsetta la sua copia. Goffredo aprì la sua borsa e tirò fuori due riviste che riportavano una sua intervista per gli spettacoli che stava preparando, una serie di foto che ritraevano i quattro artisti in prova e sotto le didascalie coi nomi; sotto la sua: “La pianista di fama internazionale Adriana Balio”. Guardò negli occhi il suo Pigmalione-Mecenate e sorrise:

- Anche le bugie!

- Queste talvolta servono, ma vedrai che diventerai una grande star, tanti ammiratori riempiranno il tuo camerino di corbeilles di rose rosse e vorranno complimentarsi con te, fino a quando qualcuno non arriverà financo a chiederti di sposarlo. Questo è il mondo dello spettacolo, e più cresce la tua bravura, più il mondo che ti circonda si riempirà di paillettes e di lustrini.

Adriana abbracciò Goffredo e lo baciò sulla guancia lasciandogli l’impronta delle sue labbra.

- Amico mio, ancora cinque giorni alla prima, credimi, non sono emozionata, mi sento sicura, eppure potrebbe essere un tonfo il concerto...

- Nessun tonfo, tu sei sicura di te, non hai esitazioni, conosci tutti i pezzi a memoria, sarà un successo. Fra cinque giorni io sarò in prima fila, non sarò l’impresario ma l’amico della pianista, ansioso di alzarsi in piedi e di applaudirla. Domani verrò dopo pranzo a casa assieme ad un fotografo e ad un giornalista, farai un’intervista, metteremo in risalto il tuo nome d’arte, legato alla tua città di adozione, Erice fa sempre un grande effetto. Tu concerterai per ultima, mezzora piena, chiuderai lo spettacolo. Il manifesto porterà i nomi dei concertisti nell’ordine opposto all’ordine di rappresentazione, il tuo nome sarà il primo in testa!

- Non dirmi altro, sono così confusa che non ti seguirei, sai come diciamo noi al sud: ‘ncapu a carta si canta a musica! (sulla carta si canta la musica!) Ora accompagnami a casa, ho bisogno di smaltire la sbornia, mi sdraierò sul divano, poi proverò tutto il concerto e dopo cena andrò a trovare Renata per scambiare due chiacchere. Margherita mi chiama ogni tre minuti: Signorina Balio, Adriana Balio... ho capito che lo fa per abituarmi al mio nuovo nome, tu non tralasci nessun dettaglio, anche la badante risponde alle esigenze dello spettacolo!

- Scusa Adriana, io amo il mio lavoro, sono un perfezionista, tralasciare un dettaglio significa rischiare una critica inclemente. Andiamo, anch’io vengo a casa, ho un po’ di cose da preparare.

        Il dieci di novembre alle nove del mattino trillò il telefono, la segretaria di produzione chiese di Adriana:

- Signorina, lo spettacolo avrà inizio alle 21.15 in punto, lei dovrà essere in teatro alle 19.30, incontrerà alle 19.40 il parrucchiere, alle 20,15 si recherà in sala trucco, alle 20,40 in camerino incontrerà sarta e costumista ed attenderà alle 22.40 la chiamata per subentrare al flauto che esce. Vuole che ripeta per appuntarsi gli orari?

- No, grazie, mentre lei parlava io ho appuntato ogni cosa, stia tranquilla, sarò puntualissima!

Adriana entrò in teatro così come era entrata durante le prove, una porticina sul retro, un portiere gallonato, un corridoio semibuio, poi il retro del palco e un viavai di attrezzisti, di commessi, di costumisti, di tecnici delle luci e del suono, quindi i camerini. La ragazza davanti al camerino si fermò, c’era una targhetta col suo nome, ADRIANA BALIO PIANISTA, mostrò un piccolo segno di commozione, poi varcò la soglia e attese che si facesse l’ora di recarsi dal parrucchiere. Sulla piccola consolle sormontata da una grande specchiera un fascio di rose rosse e un biglietto. Allungò le mani, prese le rose e le odorò, aprì la piccola busta, tirò fuori il biglietto: In bocca al lupo! Goffredo. Adriana baciò il biglietto, lo ripose nella piccola busta e lo infilò nella borsetta. Si sentì appagata da quel pensiero espresso tramite un biglietto, per la prima volta si accorse di provare una grande emozione, non si chiese neppure se quel biglietto e quelle rose facessero parte della routine dei comportamenti di un impresario teatrale. Adriana conosceva bene Goffredo, sapeva leggere tutto ciò nella chiave giusta. Quando alle 22,40 venne chiamata per entrare in scena, tirò un lungo sospiro, fece il segno della Croce ed attese la fine degli applausi per il flauto che aveva concertato prima di lei. Avvolta da un abito nero di seta con un piccolo grappolo di strass su un seno, la ragazza calcò il palcoscenico e si levò un applauso lungo ed intenso, che accoglieva l’artista e soprattutto la donna. Attese che l’annunciatrice elencasse i brani da eseguire e sedette compostamente al piano. Quattro brani, e un crescendo di applausi fino all’ultimo brano. Poi tutto il teatro in piedi ad applaudire e a chiedere il bis. Goffredo era in prima fila, applaudiva in piedi e non riuscì a trattenere una lacrima di commozione. Adriana sedette di nuovo al piano e suonò per la seconda volta la ouverture de “La gazza ladra” di Rossini. All’ultima nota un’ovazione, tutto il teatro in piedi tributò ad Adriana quindici minuti di applausi. Goffredo aveva creato la diva, i teatri di mezzo mondo attendevano i concerti di Adriana Balio. I giornali il mattino seguente fecero i titoloni e i TG parlarono della diva di Erice. Il pomeriggio seguente il portiere gallonato consegnò alla pianista centinaia di telegrammi di congratulazioni, Cosenza ed Erice esultavano per la loro beniamina. Furono successi, i teatri di mezzo mondo si contesero lo spettacolo, un mondo fantastico aveva inglobato l’insegnante di educazione musicale e, prima che arrivasse il momento magico, quello di varcare la soglia del teatro Metropolitan di New York, in una chiesetta di Manhattan Adriana Montescuro, in arte Balio, stella di enorme grandezza, sposò Goffredo Faziani, coronando un sogno da ragazzina... vent’anni dopo!



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