lunedì 28 ottobre 2013

LA COLLANA DI PERLE - Racconto






















Mario Scamardo

La collana di perle



            Ogni mattino alle otto Anna si lasciava dietro le spalle il portone di casa, attraversava l’enorme piazza con al centro la statua equestre di Garibaldi, imboccava una traversina e dieci minuti dopo si ritrovava davanti all’atrio alberato di platani del suo liceo; due chiacchere con i compagni di classe, poi la campana. 


Anna era brava a scuola, mai un rimprovero, ancora meno una impreparazione, tutto scorreva liscio. Aveva appena tredici anni quando si iscrisse in quarta ginnasio, trascinandosi dietro i segni della sua infanzia, ed attese di essere in prima liceo per vedere il suo esile corpo cambiare lentamente e consegnarla al mondo delle donne adulte. I suoi grandi occhi neri brillavano illuminandole il volto, e le sue forme destavano invidia nelle compagne. Non disdegnava gli inviti Anna, partecipava a tutte le festicciole, quando ci fu un momento che percepì l’interesse di un giovane ventenne. Non lo conosceva la ragazza, non frequentava la sua stessa scuola e, le compagne non sapevano nulla di lui, appena il nome, Alessandro. Anna sulle prime fu più incuriosita che attratta e quando il ragazzo, che non si sa come, si intrufolava regolarmente nelle feste, le si avvicinò e le chiese di diventare suo amico, dopo una titubanza, intavolò un dialogo mirato a conoscere tutto di lui.
            Anna, unica figlia, non aveva il padre, l’aveva perduto quando aveva conseguito la licenza elementare, era un affermato commercialista come sua madre, questo l’aveva costretta a vedere nella mamma ambedue i genitori, ed aveva stabilito con lei un rapporto particolare fatto di grande affetto, di enorme fiducia e di piccole complicità. La ragazza parlava di volta in volta con la madre, col padre, con l’amica e la sua mamma, di conseguenza ne assumeva i ruoli, un rapporto molto particolare.
            Quando la ragazza confidò alla madre delle attenzioni del giovane, la donna prese tempo prima di dirle qualcosa, poi:
-      -   Figliola, ho avuto anch’io la tua età, sia come mamma che come amica devo consigliarti di non avere fretta, prima bisogna conoscere bene la persona, capirne il carattere, sapere della famiglia, di quello che fa, di quello che fanno i genitori, i fratelli, capire se è tollerante, scavare nel suo passato per non avere dopo delle delusioni.
-       -  Mamma, di certo so soltanto che trova sempre il modo di intrufolarsi nelle nostre festicciole, che veste e parla bene, che non parla mai di lui.
-        - Allora devi scoprire chi è, non ti fare coinvolgere in situazioni sentimentali, se puoi, fino a quando non avrai le tue certezze.
Anna assentì col capo, infilò la porta della cucina e preparò due tè, come era solita fare.
      I giorni si susseguirono ai giorni, Anna ed Alessandro si incontrarono tutti i sabato pomeriggio. Lunghe passeggiate in città, qualche film, qualche aperitivo sempre in locali alla moda, e lui sempre elegante ma di pochissime parole, come se avesse timore di tradirsi parlando. Quando Anna gli chiese di portarla a visitare il quartiere spagnolo della città, per la verità molto degradato, il ragazzo con la faccia sorpresa:
-      -  Scusami, perché vuoi visitare un quartiere così malfamato, tu sei troppo perbene per attraversare quei vicoli pieni di sozzume, colmi di spacciatori, di ladri, di rapinatori.  - -Non voglio entrarci in quelle stradine malfamate dove regna incontrastata la prostituzione.
-         -Ma noi non dobbiamo entrarci di notte, desidero visitarlo di giorno.
-         -Forse, un pomeriggio ci andremo, oggi non ne ho proprio voglia. Andremo in giro, avevo pensato di andare per negozi a vedere cosa c’è di nuovo nelle vetrine.



Anna non disse una parola, quasi quasi fu contenta della decisione del ragazzo, la considerò un atto di grande rispetto, prese la sua mano e disse:
-         -Andiamo, ogni tanto mi piace guardare le vetrine dei negozi. Con mia madre succede di rado, lei è costretta dal suo lavoro a pigliarsi pochissimi svaghi, il sabato non va allo studio, ma io sono a spasso con te.
Alessandro non era mai andato al di là del bacetto sulla guancia, non le aveva mai fatto proposte, non aveva dichiarato alcun sentimento oltre all’amicizia, ma Anna aveva colto delle grandi attenzioni, da un momento all’altro si aspettava una proposta di fidanzamento che però non arrivava. Il loro rapporto lo considerava ideale, ottima compagnia, senza impegno alcuno. Nella più bella via della città, isola pedonale, le insegne illuminavano i marciapiedi, le vetrine erano un gioco di luci, signore distinte si fermavano a guardare ogni articolo esposto. Davanti ad una gioielleria Alessandro guardò gli occhi di Anna che puntarono alcune collane di perle.

 Al primo caffè sedettero ad uno dei tavolini e un cameriere servì loro un tè. Tre ragazzi sui vent’anni ed un uomo sui cinquanta si avvicinarono al tavolo, proprio come se volessero incontrarsi con loro. Alessandro si alzò di scatto, prese sottobraccio l’uomo, si allontanò di una cinquantina di metri ed ebbe una conversazione serrata con lui, i due giovani ad un cenno lo raggiunsero ed andarono via. Anna non capì nulla, ma chiese ad Alessandro che si era risieduto chi fossero quei tizi. Notò un po’ di disagio e un pizzico di stizza per la stessa domanda. Davanti l’uscio di casa, pensierosa com’era non fece caso alla fretta del ragazzo di andare via, nemmeno il solito bacetto sulla guancia. La madre in cucina si apprestava a preparare la cena, ma notando la faccia pensierosa della figlia:
-         - Hai fatto un po’ prima stasera.
-         - Si mamma, non mi andava di stare ancora fuori, mi stavo annoiando a veder vetrine senza averne voglia.
-        - Martedì pomeriggio non vado allo studio, voglio riposarmi, vuol dire che faremo una passeggiata assieme e se ti va compreremo qualcosa, è tanto che non ci regaliamo un vestitino e delle scarpe.
La ragazza non rispose, adagiò sul divano la giacchetta e sedette a tavola aspettando la cena, con gli occhi sul televisore ma con lo sguardo distratto, mentre trillò il suo telefonino. Si alzò, lo prelevò dalla borsetta, si diresse in camera sua e tornò di lì a poco con un viso meno tirato. La madre pensò ad un piccolo litigio tra fidanzatini e ad una telefonata rappacificante.
      Per i tre sabati successivi, Anna non si incontrò con Alessandro, sempre avvertita da una telefonata che disdiceva gli incontri con motivazioni importanti, incontri d’affare, malessere del genitore, impossibilità di rientro in città. La ragazza era stata abituata al rispetto per la famiglia e per il lavoro, quindi rispettò ogni giustificazione, anzi lo ammirò.
A licenza liceale conseguita col massimo dei voti, la ragazza si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, un impegno non da poco per una che ci teneva a rispettare gli impegni.
      Natale era alle porte, la città era un esplodere di luci, la gente era per le strade a fare acquisti, Alessandro si recò sotto il portone di Anna, l’attese e, baciandola sulla guancia le sussurrò:
-         - Stasera desidero cenare con te, se ti va avverti la tua mamma che rientri più tardi, se non vuoi, non importa, piglieremo un dolcetto e poi voglio farti un lungo discorso.
Anna prelevò il telefono dalla tasca del piumino, chiamò la madre e l’avvertì della cena fuori.
-         - Va bene, ora sono universitaria e maggiorenne, andiamo a cena assieme, mamma sarà stanchissima, è appena rientrata, a fine anno lavora pure i sabato e spesso si porta il lavoro a casa per completarlo nella mattinata della domenica, allora si va a pranzare al ristorante, io sono una ragazza da due uova al tegamino, non vado oltre.
-         .- Bene, scegli tu il locale, stasera non bado a spese, è una serata speciale!
Salirono in macchina e si diressero verso il mare. Sul lungomare del borgo marinaro Alessandro cinse ai fianchi Anna:
-        -  Devo dirti una cosa importante.
-         - Sono impaziente, dimmela d’un fiato, non farmi tribolare.
-        -  Da quando ti ho conosciuta mi sono innamorato di te.
La ragazza stava per parlare ma Alessandro, dolcemente, le pose un dito sulle labbra:
-         - Lascia che sia io a parlare, non dire nulla. Sono quasi due anni che viviamo la nostra vita da buoni amici, rispettandoci reciprocamente, superando ambedue i piccoli ostacoli che la vita ci ha posto davanti. Non mi hai chiesto neppure quale grado d’istruzione ho, che lavoro faccio, se ho famiglia o meno, ed io non ho fatto nulla per informarti. Ho conseguito il diploma di perito commerciale, non ho mai avuto un posto fisso, ho lavorato sempre per privati, spesso ho guadagnato il necessario per vivere, qualche volta tanto da vivere da nababbo. La mia famiglia è ridotta al lumicino, i miei si sono separati quando avevo cinque anni, mia madre si è eclissata, è scappata in Venezuela, di lei si son perse le tracce. Mio padre in un incidente di lavoro al porto, dove lavorava, ha perso l’uso delle gambe, sono io a mantenerlo, quel minimo di pensione che lo Stato gli dà, non basta per la donna delle pulizie. Sono figlio di questa città con le sue bellezze ed i suoi lati oscuri, dove oriente e occidente non hanno una linea di demarcazione, dove tutto è fatalità, dove ti consumi i gomiti per farti spazio tra la gente, dove piove quando non c’è una nuvola ed il sole ti screpola le labbra. Anna, io non so se riuscirò a darti una vita degna di te, ma vorrei provarci. Ti amo e ti chiedo, se lo vuoi, di ricambiare questo mio sentimento.
La strinse a se e la baciò sulle labbra. Quel vulcano che era stato aveva frastornato Anna che seppe solo abbandonarsi tra le sue braccia senza proferire parola. Riavutasi un attimo la ragazza, innamorata anche lei, disse soltanto:
-        -  Baciami Alessandro, ti prego, baciami.
-         - Ti ho scioccato?
-         - Forse sì, forse no, non lo so, credimi non lo so.
-         - Vuoi bere qualcosa, un po’ d’acqua, vuoi sederti?
-         - Si, ti prego sediamoci un attimo.


L’unica panchina libera era ad un passo, i ragazzi sedettero e rimasero in silenzio  per un po’.
-         - Anna, quello che dovevo dirti te l’ho detto, tu puoi anche non darmi subito la risposta, qualunque essa sia, sarai tu a darmela, quando vorrai. Quando ti senti pronta andiamo a cenare.
-         - Ti prego, ancora un minutino, ancora una boccata d’aria, poi andiamo al ristorante.
Seduti ad un tavolo, aspettarono il cameriere che prendesse le ordinazioni. Quando arrivarono al dessert sul tavolo arrivò una bottiglia del migliore spumante e due calici. Anna non capì, il ragazzo tirò fuori dalla tasca un astuccio, lo consegnò alla sua amata:
-         - Aprilo, è per te.


-         - Un regalo?
Anna aprì l’astuccio ed i suoi occhi furono abbagliati da una collana formata da quattro fili di preziosissime perle, da cui pendeva un cammeo in corallo rosa contornato di perle più piccole. Balbettò la ragazza:
-         - Ma, ma, è un regalo troppo impegnativo, non posso accettarlo, questo costa una fortuna!
-         - Cosa volevi che regalassi alla donna dei miei sogni, il solito anellino in oro bianco?
-        -  No, no, o forse sì, non so, ma è veramente troppo, sono imbarazzata, non so cosa dire.
-         - Non devi dir nulla!
Si alzò Alessandro, prese la collana e l’attaccò al collo di Anna. Sturò lo spumante e assieme brindarono. La passeggiata sul lungomare si protrasse fino a mezzanotte inoltrata, poi il rientro a casa e al posto del bacio sulla guancia, dinnanzi al portone fu un susseguirsi di baci, tanti quante erano le perle della collana.
      Si svegliò Anna al mattino, come spiegare alla mamma, all’amica, al papà quel regalo costoso, la richiesta di fidanzamento, il legame sentimentale, il lavoro di Alessandro e la sua famiglia? La sua mente fu intrappolata da un vortice, un turbinio che non la faceva pensare, allora desistette dalla volontà di parlarne e ripose quella collana in fondo al cassetto del comodino.
Anna e Alessandro vissero un periodo di felicità e di spensieratezza, diedero ampio sfogo alla loro passione, in lei sempre la paura di affrontare il discorso con la sua mamma. Forse come perito commerciale Alessandro, nello studio della madre, avrebbe trovato quella sistemazione stabile senza gli alti e i bassi della precarietà. Sogni... E perché no! E il suo vecchio padre immobilizzato? Una soluzione si troverà di certo! Tutti uniti, un’unica famiglia!
Un pomeriggio Alessandro telefonò, Anna si rinchiuse nella sua stanza, più di un’ora attaccata all’apparecchio, e lei a fare sempre domande sulle motivazioni di un viaggio in America assieme al padre dove sarebbe stato possibile, con una serie  di interventi chirurgici, ridare movimento alle sue gambe.
-         -Quanto pensi di mancare?
-         - Un anno forse, qualora occorra, anche due.
-         - Quando parti?
-         -- Domattina all’alba.
-         - Mi chiami dall’aeroporto?
-         - Certo, anche se so di svegliarti.
-         - Non importa, chiamami, e poi chiamami ancora quando arrivi…
La notizia strappò per la prima volta un pianto dirotto ad Anna, due anni senza vederlo, due anni senza parlargli di persona, due anni di solitudine, in quanto i due non frequentavano nessuno. Il mattino seguente non trillò il telefono e da quel momento quello di Alessandro fu muto. Nervosa, irrequieta, la ragazza stava per avere un crollo, ma era una donna forte e allora pensò di affrontare il discorso con la madre, il fidanzamento, la passione consumata, ma soprattutto la collana, si quella collana di perle che la sera tirava fuori dal cassetto come un feticcio e al mattino riponeva dopo averla tenuta tra le mani nella notte.
      Passati sei mesi Anna, in riva al mare, seduta davanti a sua madre iniziò il suo narrare con dovizia di particolari, dal primo incontro al commiato per telefono, al suo silenzio. Due ore di fila, mentre la madre non batteva ciglio. Quando ebbe finito si mise a piangere. Tra un singhiozzo e l’altro:
-         - Mamma, non mi dici nulla?
-         - Il padre e la madre sono attoniti, l’amica ti ha già parlato, ricordi? Quando me ne parlasti la prima volta ti dissi: “Figliola, ho avuto anch’io la tua età, sia come mamma che come amica devo consigliarti di non avere fretta, prima bisogna conoscere bene la persona, capirne il carattere, sapere della famiglia, di quello che fa, di quello che fanno i genitori, i fratelli, capire se è tollerante, scavare nel suo passato per non avere dopo delle delusioni.” Poi aggiunsi: “Allora devi scoprire chi è, non ti fare coinvolgere in situazioni sentimentali, se puoi, fino a quando non avrai le tue certezze”.
-         - Si mamma, ricordo bene ma gli eventi mi hanno travolta.
-         - Lo so, dimmi come si chiama.
-         - Alessandro.
-         - Alessandro come? Avrà pure un cognome!
-         - Mamma, solo Alessandro, non mi ha mai detto il suo cognome, non gliel’ho mai chiesto, non ho mai visto un suo documento.
-         - Non sei incinta!
-         - No, mamma.
-         - Meno male, forse hai qualcuno che ti pensa da lassù, sarebbe stato un bel guaio, ma soprattutto una bella gatta da pelare! Su, comincia a provare a dimenticare, dicono che il tempo è un ottimo guaritore, sarà vero? Tu provaci!
-         - Mamma, di lui non mi è rimasto che il ricordo, ed un feticcio che conservo nel comodino e che tiro fuori ogni sera per ricordarmi di lui, una collana in perle con un cammeo in corallo rosa.
-         - Sarà un falso!
-         - No mamma, le perle sono vere ed il gioiello è di pregio.
-         - Stasera a casa vedremo. Se non è una patacca tienilo, a chi renderlo? Indossalo!... ti servirà a sconfiggere il dramma!
La madre di Anna ebbe il gioiello tra le mani, constatò l’enorme valore, lo ripose nell’astuccio e si recò in salotto ad accendere la tv, forse anche per iniziare a digerire tutti i rospi ingoiati.
      Per qualche mese madre e figlia si scambiarono solo il saluto mattutino e la buonanotte serale, poi il dialogo pian pianino riprese ma nessuno ritornò mai sull’argomento.
      Nello studio della madre un mattino si presentò un collega per ritirare una pratica di condono fiscale, Anna era lì a dare una mano per sistemare l’archivio, l’ospite prima di andarsene tirò dalla borsa due biglietti per la prima di Cavalleria Rusticana, si avvicinò alla ragazza, glieli porse e disse:
-         - Convincila tu la mamma, venerdì venite a teatro, ci sarà la miglior società di questa città, con mia moglie ed il personale dello studio ci pigliamo tutta la seconda fila.
-         - Grazie dottore, le prometto che convincerò la mamma, venerdì sera ci saremo!
-         - Se ci farete l’onore alla fine vorremmo avervi ospiti a cena, il ristorante lo prenoto domattina.
-         - Grazie, per la cena è meglio che decida mamma, le faremo sapere a tempo.



     Il venerdì pomeriggio la mamma di Anna non si recò in studio, per telefono diede delle direttive e nel primo pomeriggio cominciò la scelta di abiti, stole, scarpe, borsette e quant’altro. Per telefono confermò la presenza a cena dopo lo spettacolo. Quasi pronte per uscire madre e figlia sistemarono l’ultima ciocca, poi la madre:
-         - Anna vai in camera tua, prendi quella collana, indossala!
-         - Dici davvero mamma?
-         - Si che dico davvero, su vai a prenderla.
Tornò la ragazza con la collana, ma al momento di indossarla ebbe una esitazione, la madre:
-         - Aiutami, la indosso io, una volta o l’altra bisognerà pur farlo!
Anna attaccò il gioiello al collo della madre, poi la guardò con ammirazione.


Davanti al teatro si riunì il gruppo, dopo i saluti ed i complimenti per gli abiti, tutti si accomodarono occupando la seconda fila centrale. Una passerella di signore eleganti di ogni età passò davanti la comitiva, una signora attempata passò due volte, si fermò davanti alla mamma di Anna, fissò la collana di perle col cammeo in corallo rosa, poi sfoggiò un sorriso e disse:
-         - Bellissima quella collana, complimenti!
La mamma di Anna rispose con un sorriso, si abbassarono le luci in sala e si alzò il sipario. Quando a fine spettacolo calò il sipario e gli spettatori si alzarono in piedi applaudendo, per rendere omaggio agli interpreti, la signora attempata con passo lesto ripassò davanti e guadagnò lesta l’ingresso alla sala. Anna e sua madre avevano varcato appena la soglia e due poliziotte in borghese gli si pararono davanti invitando le due donne a recarsi in un angolo appartato. La signora fu invitata a togliersi la collana, a declinare l’invito a cena e a recarsi in commissariato. La mamma di Anna non fece una grinza, consegnò la collana e chiedendo scusa agli amici, assieme alla figlia si recò in commissariato scortata dalle agenti. Il commissario le fece accomodare, poi mostrò una foto alla signora:
-         - Conoscete quest’uomo?
-         - No, mi dispiace, non l’ho mai visto.
-         - Ne siamo convinti signora.
Poi mostrarono la foto ad Anna:
-         - E lei conosce quest’uomo?
La ragazza fu colta da un singhiozzo, poi un pianto, tra le lacrime:
-         - Io lo conosco, mia madre non lo ha mai visto.
-         - Bene, è Alessandro Macaluso, un ladro di professione, uno tra i più raffinati. Lo abbiamo arrestato un anno fa, abbiamo recuperato un bel po’ di refurtiva che stava portando all’estero in una valigia a fondo doppio. Il gioiello che le ha regalato è un pezzo unico di una collezione di famiglia dei conti Calabrò. Non ci ha mai voluto dire né nome né indirizzo della persona a cui l’ha regalata, abbiamo supposto che fosse veramente innamorato di lei. Il pezzo era invendibile, noto a tutti i collezionisti ed i gioiellieri del mondo. Sugli attacchi per agganciarla, la collana ha impresse due A maiuscole in carattere gotico, guardi signorina, le due A stanno per Anastasia Antinori dei conti Calabrò, il monile è stato realizzato in Francia nel 1812. Sul retro del cammeo è ricavato un minuscolo stemma con il leone rampante.
-         - Signor commissario, io non sapevo nulla di tutto ciò, non volevo neppure accettarlo, quando Alessandro me lo donò pensai soltanto ad un atto d’amore. Mia madre non ha nessuna colpa, la prego sono io la responsabile di tutto.
-         - Lei cara signorina non è responsabile di nulla, come sua madre, e quando la contessa Calabrò, che ha riconosciuto il gioiello di famiglia, le ha fatto un complimento, era solo per ringraziarla di aver riportato a sua insaputa il gioiello al legittimo proprietario. Io ho una figlia alla sua età, forse un paio di anni più piccola, a lei non finisco mai di ricordare di conoscere bene prima le persone con cui intavolare rapporti, a maggior ragione se dovessero essere per la vita.
Il commissario fece firmare alle due donne un piccolo verbale, poi si chinò, baciò le loro mani e disse:
-         - Grazie, ci avete permesso di chiudere un caso dopo due anni, e di avere assicurato alle patrie galere un ladro gentiluomo e follemente innamorato.





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