domenica 28 gennaio 2018

LA BOMBOLA DEL GAS - Racconto breve... quasi giallo - 28 gennaio 2018




















I RACCONTI DEL BORGO

MARIO SCAMARDO

LA BOMBOLA DEL GAS


Nell’unica palazzina a due piani, in fondo al Viale Africa, abitata da quattro famiglie, un po’ decentrata rispetto a quello che era l’agglomerato urbano, dove risiedevano circa duemila persone, non era arrivato il metano. Al momento della posa delle condutture in quell’ultimo tratto, i lavori si erano fermati da più anni, e non erano più ripresi. Quattrocento metri ancora e le quattro famiglie non avrebbero avuto  bisogno di farsi arrivare le bombole del butano per cucinare o per mandare avanti gli scaldabagni ed in inverno le stufe. L’intero immobile era di proprietà di Federica Settepani, cinquantenne nubile di bella presenza, che abitava un appartamento a piano terra. Federica possedeva in città, che era distante appena dieci chilometri, altri quattro appartamenti che i suoi genitori, morti prematuramente, le avevano lasciato in eredità assieme ad un bar nel paesino, piazzato proprio davanti gli uffici comunali. Federica aveva gestito l’attività commerciale fino a quando, stanca e nauseata, non decise di darla in gestione ai due impiegati, il barman e il pasticciere. Per quindici anni, seduta alla cassa del bar, per dodici ore al giorno, aveva fatto scontrini, respirando aromi di caffè e fiati puzzolenti degli avventori. Lei, bellissima donna, aveva vissuto sotto lo sguardo assatanato di uomini di ogni età che la spogliavano con gli occhi, che si appoggiavano goffamente alla cassa per sbirciare all’interno della scollatura, che lasciavano cadere a terra uno spicciolo per guardarle le gambe. E i cosiddetti notabili, manierosi, goffamente galanti, dalle occhiatine equivoche, che si sporcavano le cravatte bevendo qualcosa, distratti da un movimento della cassiera, alla quale non facevano mancare le proposte, quelle di fidanzamento, di matrimonio e quelle indecenti. 




  Non aveva mai avuto un fidanzato Federica, tanti uomini le ronzavano attorno, lei col garbo che la contraddistingueva reclinava gli inviti. Pochi amici ed amiche, alcuni pomeriggi l’andavano a trovare, così lei ricambiava di tanto in tanto le visite. Nell’altro appartamento di piano terra abitava una giovane signora, coetanea di Federica, bella e affascinante quanto lei, vedova senza figli da un decennio, Aurora Scaduto, docente di matematica nella scuola media del piccolo centro. Le due donne si rispettavano, quando si incontravano nel pianerottolo restavano spesso a dialogare sulle pochissime novità che in quel paesino si riscontravano, un fidanzamento, un matrimonio, l’istallazione di una fontanella in piazza o l’apertura di un negozietto sulla via principale. Aurora non aveva mai imparato a guidare e Federica, il sabato pomeriggio, la prelevava con la sua utilitaria ed assieme si recavano a far spesa nell’unico supermercato che c’era.
  Tutti i sabato sera, si fermava davanti l’uscio della palazzina una automobile guidata da un uomo dall’apparente età di sessant’anni, brizzolato e occhiali sempre scuri, scendeva dall’auto e apriva l’altro sportello per far salire Aurora, poi andavano via e ritornavano la domenica sera dopo cena. Federica non lo aveva mai visto da vicino, né mai varcare la soglia della sua inquilina, così come mai aveva chiesto a costei chi fosse quell’uomo.
  L’anno scolastico verteva al termine e, tutto intorno alla palazzina i prati erano ricoperti di margheritine bianche e di qualche papavero rosso, erano stati lasciati incolti affinché riposassero e fossero pronti in autunno per la semina dei girasoli. Federica amava passeggiare sull’erba e, quasi ogni pomeriggio percorreva quei prati e si chinava per raccogliere i fiori di campo che spesso omaggiava ad Aurora, e talvolta accompagnati da una scatola di cioccolatini.  .
  Federica Settepani non era mattiniera, difficilmente incontrava qualcuno sul pianerottolo o nell’ingresso, difficilmente usciva di casa prima delle dieci e, se non pioveva, preferiva  percorrere a piedi i cinquecento metri circa che la separavano dal centro. Spesso passava dal suo bar, entrava, salutava e beveva un caffè mentre parlava col barman, poi andava in giro per le cose che le servivano, dalla merciaia, dal cartolaio, all’ufficio postale o in banca; finite le commissioni, pigliava due rosette dal fornaio e rincasava. Era più di una settimana che non si vedeva con la sua inquilina della porta accanto, e non aveva più notato, il sabato sera, l’uomo che la veniva a prendere in macchina. Una mattina  uscendo, notò che la cassetta della posta di Aurora era colma di depliants pubblicitari e c’era qualche busta, sicuramente la bolletta per la fornitura di energia elettrica o l’estratto conto della banca, strano, di solito la cassetta era vuota. Federica non diede importanza alla cosa, considerato che la scuola era finita, era possibile che Aurora fosse andata dai suoi genitori anziani, a trenta chilometri di distanza, ma perché non era passata a salutarla come le altre volte? …. aprì la busta che conteneva l’estratto conto della banca e notò che Aurora non le aveva versato la pigione del mese di maggio e neppure quella di giugno. Che fosse partita d’urgenza per eventuali malori di uno dei suoi genitori?... si incamminò verso la parruccheria per farsi dare una sistemata ai capelli e sperò che proprio lì potesse accedere a notizie  sulla docente di matematica. La parruccheria era piena di donne, ma parlavano d’altro, commentavano sui programmi tv, sul ritorno della gonna, sull’opportunità dei tatuaggi, nulla di nulla su Aurora Scaduto. Uscita dal parrucchiere la ragazza prelevò le due rosette dal panettiere e rincasò, notando che la cassetta della posta era stata svuotata e che davanti l’uscio di Aurora c’era, stranamente, una bombola del gas. Pigiò più volte sul campanello della sua inquilina, ma non ebbe risposta, guardò la bombola del gas e notò che il sigillo era intatto, segno che il fattorino l’aveva lasciata perché qualcuno l’aveva ordinata, ma alla consegna nessuno aveva aperto la porta; Aurora sarà andata in giro a fare commissioni o qualcos’altro magari a scuola. Rientrò in casa Federica, preparò i suoi spaghetti al burro, la sua insalata di radicchio e, finito di pranzare, sedette sul divano a leggere un libro. Dalle imposte aperte che guardavano sul retro dello stabile, entrava solo il rumore di un trattore sferragliante che si muoveva nei campi d’intorno e l’odore della terra appena arata, quasi a conciliare il sonno della ragazza. Quando si svegliò, la pendola batteva le sedici in punto e la ragazza mise sul fuoco la minuscola caffettiera. Ebbe giusto il tempo di gustarsi il suo caffè quando suonò il campanello; Federica diede una ravviata ai capelli, passando per il corridoio si guardò allo specchio e mise l’occhio nello spioncino della porta d’ingresso, levò il paletto ed aprì, era Luigi, il ragazzo che consegnava le bombole a domicilio.
-     Scusi signorina, ieri l’altro ho portato la bombola del gas alla professoressa, così come mi ha detto il signore suo amico dopo avermela pagata, quando sono arrivato non c’era nessuno in casa, l’ho lasciata sull’uscio per poi venirla a montare e portarmi via quella vuota, sono venuto tre volte oggi e nessuno mi risponde, lei sa quando posso ritornare?
-     Luigi, io non vedo la signora da un po’, prima di pranzo ho bussato anch’io, nessuno mi ha risposto, appena rientra si accorgerà della bombola, se è senza gas non potrà neppure farsi il caffè, sicuramente passerà dal vostro negozio per avvertirti. Dovessi vederla io o sentirla rientrare le dirò di avvertirti.
-     Signorina, io abito sopra il negozio, basta che mi si bussi nel portoncino e io scendo per venirla a montare.
-     Grazie Luigi, sempre gentile, salutami tua madre, dille che il primo pomeriggio libero la vado a trovare.
-     Buon pomeriggio signorina, riferirò.
Il ragazzo andò via col suo motorino, Federica richiuse la porta d’ingresso e ritornò al divano a riprendere la lettura. Dopo cena, indossò una giacchetta in cotone, prese la borsa dove c’erano le chiavi della sua automobile e quando stava per accedere al pianerottolo le sembrò di sentire un rumore di passi nell’appartamento accanto, accese le luci dell’ingresso e bussò alla porta di Aurora, nessuno le rispose e dopo il secondo tentativo, vedendo che la bombola del gas era ancora li, sopra lo zerbino, accanto all’uscio, pensò che il rumore che aveva sentito non erano passi ma qualcos’altro, magari un gatto, guardò su per le scale, non c’era nessuno, si tirò il portene d’ingresso e si mise in macchina per andare a casa della sua amica Piera, sua coetanea, compagna di classe al ginnasio e nubile anche lei, per trascorrere qualche ora in compagnia. Dopo avere consumato una fetta di torta e avere bevuto un amaro, Federica raccontò all’amica che la sua inquilina ed amica, la professoressa Aurora Scaduto, non si vedeva dalla fine dell’anno scolastico, non si vedeva neppure l’uomo che il sabato sera la prelevava in auto, aveva ordinato e pagato una bombola di gas, che Luigi le aveva portato, ma che aveva lasciato davanti la porta nel pianerottolo perché, bussato all’uscio, non aveva risposto nessuno.
        - Scusa Federica, ma perché non le hai telefonato?
-     Piera cara, io non ho il suo numero di cellulare, l’avrei chiamata certamente. Chissà, forse è in giro con l’uomo che la viene a prelevare, staranno vivendo la loro luna di miele. Sai, sia il mese scorso che questo mese non ho riscontrato sull’estratto conto della banca i bonifici relativi alla pigione, non che mi importi del denaro, ma mi ha stranizzato, visto che lei è sempre stata puntuale.
-     E’ possibile che sia stata trasferita?
-     Trasferita?.... non so, ma scusami, chi ordina una bombola del gas e la paga, se ha in atto un trasferimento... non credo proprio... ed io non ho come raggiungere telefonicamente la sua famiglia, anche perché lei ha solo parlato dei due genitori anziani ma in ottima salute che abitano in città a quaranta chilometri.
-     Domattina, se vuoi avviciniamo a scuola, la media è proprio qui all’angolo, chiediamo in segreteria, ne sapranno certamente più di noi... se ti va ti aspetto e andiamo assieme.
        Federica assentì, poi, cambiarono discorso e si accordarono per la serata successiva, per andare a cena in un agriturismo nelle campagne dintorno. Stava per scoccare mezzanotte quando Federica, salutatasi con l’amica, si mise in macchina per rientrare a casa. Sul suo pianerottolo, all’atto di infilare la chiave nella serratura, notò che il sigillo della bombola del gas non c’era più e lo zerbino era leggermente spostato. Bussare alla porta di Aurora?... titubò un pochino e, pensando che l’amica potesse essere già a letto, girò la chiave ed entrò in casa proponendosi che il mattino seguente l’avrebbe incontrata. Si addormentò Federica mentre leggeva il suo libro “La figlia del reverendo” di George Orwell, che narra la storia di Dorothy Hare, la figlia di un pastore protestante, un po’ troppo tiranno, educata ad una obbedienza gretta e ottusa, che viene colta da un attacco di amnesia. Forse per il contenuto del libro, forse per una difficile digestione, si svegliò più volte nella notte e le sembrò di vedere un’ombra che transitava davanti la finestra della sua camera. Accese più volte l’abat jour, poi si convinse che forse la trama del libro l’aveva un po’ turbata e, dopo un bicchiere d’acqua cercò di riaddormentarsi.
Alle nove e mezzo del mattino sentì bussare, andò ad aprire pensando fosse Aurora, invece era Giulia, l’inquilina del piano di sopra, la moglie del comandante dei vigili urbani, che  le recava una busta contenente la pigione dell’appartamento a primo piano. Federica la fece accomodare, le preparò un caffè e glielo servì su un vassoio con dei piccoli savoiardi.
         - Scusi signora Giulia, lei che è quasi sempre a casa, per   caso ha visto la professoressa Scaduto?...sa, è un po’ che non la vedo e la sento, di certo so che ha cambiato la bombola del gas, deve ancora essere sul pianerottolo quella vuota, tranne che Luigi il fattorino non l’abbia ritirato.
-     No signorina, non l’ho proprio vista da un bel po’, ma stanotte, intorno alle tre e mezzo, me lo ricordo perché mi sono alzata per bere, ho sentito uno strano rumore che mi è sembrato venire dal piano di sotto, qualcosa che assomigliava ad un enorme rantolo proprio dall’appartamento della professoressa. Pochissimi minuti dopo il rumore di una automobile che andava via. Ho svegliato mio marito per raccontargli del rumore strano, ma lui mi ha dato della visionaria.
-     Fra un po’ devo andare dalla mia amica Piera, lei abita vicino la scuola media, chiederò notizie a qualcuno, se hanno il suo telefono la chiamo.
-     Signorina, io vado via, provo ad andare a fare la spesa, vado in bicicletta, se lei saprà qualcosa, poi me la dice, quel rumore strano mi ha messo un po’ in agitazione. buona giornata!
-     Felice giorno anche per lei, se saprò qualcosa le riferirò.
Atteso che la signora inforcasse la sua bicicletta, Federica si    avvicinò all’uscio accanto al suo e bussò vigorosa col palmo della mano, nessuno rispose, avvicinò l’orecchio alla porta e tentò di guardare dentro dallo spioncino, odorò persino nel buco della serratura, non c’era anima viva in quella casa. Finito che ebbe di rassettare la cucina dove aveva fatto colazione, si preparò per raggiungere la sua amica Piera e passare dalla scuola per chiedere di Aurora.
La segretaria della scuola media ebbe poco da dire, fino all’ultimo giorno di scrutini la professoressa Scaduto era in segreteria a consegnare i registri e presentare la domanda di ferie.
        - Scusi segretaria, lei ha un recapito telefonico della professoressa...
-     Si, ma non posso darglielo, capirà, per un problema di privacy.
        Le due donne ringraziarono, pur rimanendo un tantino deluse e si rimisero in macchina.
        Tranne che per dei programmi scientifici o qualche film interessante Federica non vedeva la tv; se la era sorbita per tante ore al giorno quando era al bar, schermo piazzato dirimpetto alla cassa e programmi di intrattenimento spesso ridicoli che lei non seguiva. Alle venti e qualcosa senti bussare, dallo spioncino si accorse che era Giulia, la moglie del vigile urbano del piano di sopra che aveva incontrato, proprio davanti al suo bar, prima di rientrare a casa e col quale aveva parlato della assenza della professoressa:
-     Signorina, ha visto il telegiornale? Hanno fatto vedere la foto della professoressa, scomparsa da circa un mese. Hanno detto che era partita per andare in vacanza all’estero, credo abbiano detto in Florida, ma non ci sono riscontri in nessun aeroporto.
-     Mi faccia sedere signora, sono sconvolta, ecco il telecomando, accendo la tv.
        La notizia era già stata data.
-     Signorina io risalgo a casa, vado a sparecchiare.
-     Grazie, io devo ancora cenare ma non ho voglia, più tardi mi preparerò un panino, ora voglio sentire la notizia, farò un giro per i canali e poi eventualmente ascolterò il telegiornale di mezza sera.
  Federica si piazzò davanti al televisore e, fino a quando un telegiornale non ridiede la notizia della scomparsa, fu un passaggio continuo e frenetico da un canale televisivo all'altro. Preso il telefono chiamò la sua amica Piera e la informò dell’accaduto. L’amica le consigliò di recarsi dai carabinieri, visto che era sua inquilina ed amica e riferire su quanto sapeva, il suo ultimo incontro, l’ultimo bonifico bancario che giustificava la pigione, la presenza di quell’uomo che la prelevava il sabato sera.
Non occorse andare in caserma, il mattino seguente, i carabinieri bussarono alla sua porta, lei aprì, li fece accomodare, rispose alle domande e quando le chiesero se avesse lei delle doppie chiavi dell’appartamento, con la sicurezza di sempre, lei rispose di no.
      - Signorina Settepani, ci corre l’obbligo di sfondare la porta, lo farà un fabbro esperto, cercheremo di fare meno danni possibili, dobbiamo ispezionare l’abitazione nella speranza di trovare delle indicazioni che ci aiutino a trovarla.
-     Fate pure con comodo, la porta si riparerà o la farò sostituire.
-     Lei conosce bene l’appartamento, se dovessimo avere bisogno di lei la chiamiamo.
Il fabbro ruppe le due serrature e fu possibile accedere in casa, mentre fuori, sul pianerottolo, gli altri due inquilini con rispettivi coniugi curiosavano. Tutto in ordine, un sottile filo di polvere sui mobili e null’altro. I carabinieri visitarono ogni angolo, rovistarono tutti i cassetti, guardarono fin dentro le pentole, tra i suoi libri posti sulla scrivania e dentro la borsa che si portava dietro quotidianamente, piena di compiti, di registri, di riviste scientifiche. Il maresciallo invitò Federica a rivisitare ogni angolo, nell’ipotesi ci fosse qualcosa che lui non avesse visto. In tutto quell’ordine, c’era un oggetto strano che stava sulla mensola al di sopra del piano di cottura, sembrava dimenticato.



-      Scusi maresciallo, cos’è quell’oggetto sulla mensola…
-     Credo sia un becco Bunsen  che è un bruciatore utilizzato nei laboratori di chimica, compatibile con la materia di insegnamento della Scaduto, Matematica ed Osservazioni Scientifiche.
-     Scusi la mia ignoranza, a cosa serve...
-     Si collega ad un tubo del gas, si accende e la sua fiamma può essere regolata da fioca fiammella a un dardo capace di temperature molto elevate.
-     La bombola! Si la bombola!
-     Scusi signorina Settepani, cosa c’entra la bombola?
-     Maresciallo, circa dieci giorni addietro, davanti l’uscio ho visto una bombola di butano, questa palazzina non è raggiunta dall’impianto del gas di città. Mi ha stranizzato il permanere della bombola sul pianerottolo, ma parlando col ragazzo che le consegna a domicilio, mi ha riferito che qualcuno, un uomo, l’aveva ordinata e pagata, io ho notato che per giorni il sigillo era intatto, ma qualche giorno fa, non c’era più il sigillo, dunque, qualcuno aveva montato la bombola ed aveva messo fuori quella vuota, nello stessissimo posto.
Il maresciallo si chinò, aprì il vano porta bombola della cucina e scoprì che la bombola era lì, con il regolatore montato, ma il tubo del gas era staccato.
-     Signorina, il becco Bunsen sembra essere stato usato da pochi giorni, la Scientifica lo accerterà, credo di sentire nell’aria quell’odore che si percepisce entrando da uno stagnaro, acido per saldatura!.... non è una bella scoperta, tutto mi fa pensare che difficilmente la ritroveremo in vita. Il conto corrente svuotato tra carta di credito e bancomat, una somma ragguardevole in appena quattordici giorni. Signorina, oltre agli stagnari, certe saldature le fanno coloro che chiudono le bare. Non si impressioni, soprattutto cerchi di ricordare qualcos’altro che le è sembrato strano. La bombola ci ha dato una delle tante possibili soluzioni del caso, giriamo assieme le altre stanze.
Camera da letto e armadi, salotto e mobili, corridoio e due armadi a muro, nulla di nulla! D’un tratto Federica si fermò, strinse il braccio del sottufficiale e disse:
-     Ritorniamo in cucina, voglio verificare una cosa.
Rientrarono in cucina e la ragazza chiese di far tirare fuori dal suo vano la bombola, e di spostare la cucina. Il sottufficiale fece entrare un appuntato con la macchina fotografica che immortalò la scena, poi diede ordini a due carabinieri di tirar fuori la bombola e di spostare la cucina.


-     Vede maresciallo, i quattro mattoni proprio sotto il vano bombola sono incollati sopra un coperchio di cemento, quando è stata costruita questa palazzina, proprio lì c’era un pozzo e, i muratori da lì attingevano l’acqua per impastare il cemento. Mio padre al momento di piastrellare, fece realizzare il coperchio in cemento con i mattoni sopra, anche se il pozzo in seguito si asciugò per i drenaggi fatti quando realizzarono la strada.
 Non perse una parola il sottufficiale; ancora foto e poi il sollevamento, per la verità difficoltoso, del blocco di cemento ammattonato. Sorpresa e sgomento, un involucro di zinco di forma cilindrica, circa un metro e ottanta centimetri di altezza, ottenuto da un'unica lamina saldata per tutta la lunghezza e poi, piegata agli estremi e saldata a tenuta perfetta. Giù sul fondo asciutto, circa due metri e mezzo, il ferro per saldare, un ritaglio di lamierino zincato, un paio di cesoie e una bottiglietta semivuota di disossidante. Mentre venivano posti sul tavolo della cucina i reperti, Federica si abbassò e raccolse accanto alla bombola del gas una mostrina con ricamata sopra una aquila bicipite, la strinse nel suo pugno e la portò con se. Aurora Scaduto era stata uccisa, avvolta nella lamiera zincata, saldata ermeticamente e seppellita in un pozzo sotto il pavimento della casa dove abitava. Dopo l’ispezione del magistrato, quel corpo in decomposizione fu portato all’obitorio. Federica Settepani rientrò nel suo appartamento, si chiuse in un silenzio religioso, e con la mente cercò di ricordare quella figura d’uomo che veniva a prelevare i sabati Aurora Scaduto, o qualcosa che la conducesse verso l’assassino. Tanti anni alla cassa di un bar le avevano permesso di vedere tantissimi visi, tante espressioni, tanti stati d’animo, poi, come se fosse stata illuminata da qualcosa, prese la sua borsa e a passo lesto si recò in caserma. Il Comandante di stazione la fece accomodare nel suo ufficio e, pensando che fosse andata per capire come riparare le due serrature, le disse:
-     Signorina, deve pazientare un pochino, il magistrato potrebbe richiedere un ulteriore intervento della Scientifica, per cui, se non si conclude l’indagine, non possiamo dissequestrare l’appartamento.
-     No maresciallo, io sono qua per accompagnarla dall’autore del delitto.
Saltò in piedi il sottufficiale.
-     Lei sa chi è?
-     Credo di saperlo... in fondo al pozzo c’erano, e l’abbiamo visto io e lei, oltre al corpo della sfortunata, il ferro per saldare, un ritaglio di lamierino zincato, un paio di cesoie e una bottiglietta semivuota di disossidante.
-     Signorina, lei ricorda perfettamente tutto, si, quelle cose che abbiamo trovato, sono al vaglio degli esperti.


Federica infilò la mano nella borsetta, tirò fuori la mostrina con l’aquila bicipite, la porse al maresciallo:
-     Questa era a terra accanto alla bombola del gas, l’ho raccattata, per paura che andasse perduta, mentre gli agenti estraevano il cilindro di lamiera zincata dal pozzo, la strinsi nel mio pugno ma dimenticai di dargliela.
Il maresciallo prese fra le dita la mostrina, poi guardò negli occhi la ragazza che risoluta gli disse:
-     Vuole venire con me ad arrestare l’omicida?... pigli due suoi carabinieri e andiamo in Municipio, è là l’omicida! Il vigile mio inquilino che abita sopra l’appartamento sequestrato! La mattina che mi recai a scuola per chiedere sulla mia inquilina, al rientro incontrai davanti al mio bar il vigile suddetto, si chiama Riccardo Trombini, mi intrattenni con lui e notai che sul pettaccio sinistro della giacca della divisa aveva cucita, in maniera quasi maldestra, una mostrina nuova rispetto a quella un po’ sbiadita che si trovava sul pettaccio destro. Quando, ottenuta la licenza di costruzione, mio padre decise di iniziare i lavori e chiese poi di continuare secondo una variante, fu lui, giovane vigile, assieme al vecchio comandante ad ispezionare i luoghi quindi, era a conoscenza di quel pozzo.
Il maresciallo continuò a fissarla, come se si aspettasse che gli dicesse ancora qualcosa di interessante, poi sorrise:
-     Chiuso finalmente il cerchio! Quel rettangolino, quasi impercettibile, rilevato in una delle foto, che la Scientifica aveva indicato come un francobollo sul pavimento, era questa mostrina. Lei è una brava investigatrice, forse io lo sono un po’ meno, ma la chiave di volta è stata la bombola del gas, la mostrina è stata la ciliegina sulla torta!
Andò via Federica, due giorni dopo Riccardo Trombini fu arrestato e rilasciò una lunga e dettagliata confessione. Da quando Aurora Scaduto aveva perso il marito egli era diventato il suo amante e la moglie scoprì così perché, il sabato sera e l’intera domenica, il marito le diceva di essere in servizio sul territorio, quasi in incognito. Sul conto corrente gli fu trovata una cifra enorme versata in trance corrispondenti ai prelievi al bancomat o con la carta di credito, ambedue della donna assassinata  e fu ritrovata l’automobile BMW scura, in testa al vigile urbano e che aveva acquistato in contanti con i soldi della defunta.





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