domenica 12 aprile 2015

IL SANTONE - Racconto Breve - 12 Aprile 2015





I RACCONTI DEL BORGO

Mario Scamardo


IL SANTONE


Antonio Mizio, fino a quando compì cinquant’anni fece il maniscalco nella bottega che era stata prima di suo nonno e poi di suo padre. Quando la meccanizzazione agricola soppiantò totalmente l’impiego di asini, muli e cavalli per la coltivazione dei campi, Antonio, in breve tempo, si rese conto che non poteva più vivere ferrando i pochissimi cavalli da sella o raddrizzando all’incudine e alla forgia qualche vomere che si torceva tra le pietre. Senza nulla far trapelare a sua moglie e all’unica sua figlia ancora nubile, si improvvisò bracciante agricolo e tutte le mattine al levar del sole, attese in piazza che qualcuno gli battesse la mano sulla spalla e lo invitasse a seguirlo nei campi per legare le viti, scavare le conche attorno agli aranci o legare i covoni. Amante della lettura, ad onta della sua modestissima istruzione, tutte le volte che si recava a tagliarsi i capelli, cedeva il suo turno, fino a quando non si stancava di leggere il settimanale di attualità che il barbiere, mastro Peppino Lo Iacono puntualmente acquistava tutti i martedì in edicola. Il mercoledì successivo Antonio entrò nel salone e chiese a mastro Peppino se poteva regalargli la rivista della settimana appena passata. L’artigiano aprì un armadietto dove riponeva in ordine le riviste già lette, prese l’ultima e la consegnò all’anziano maniscalco. Antonio Mizio si chiuse all’interno della sua vecchia bottega e tra le notizie di gossip e i suggerimenti su come cucinare i capponi o le seppie, si soffermò su una mezza paginetta che era la pubblicità di un mago, che era stato suo commilitone  trent’anni prima presso una caserma del Genio Trasmissioni in quel di Trani in provincia di Bari, il “Mago di Castrovecchio”, al secolo Emanuele Giarratana di Piazza Armerina in provincia di Enna.



 Che tipo di magia era in grado di fare uno che prima di andare sotto le armi non aveva un mestiere, non aveva né arte né parte, e quando si era congedato l’unica ambizione che aveva era quella di vendere accendini ai semafori? Sotto le armi Antonio era stato come un fratello maggiore per Emanuele, lo aveva aiutato in ogni cosa, lo aveva consigliato, gli aveva regalato le sue dieci Nazionali, aveva pagato spesso anche la sua cena fuori dalla caserma. Si erano più rivisti o risentiti?  Solo un paio di cartoline a Pasqua e a Natale, poi nessun altro contatto, ed intanto erano passati trent’anni. Piazza Armerina non era lontana, solo due ore di pullman. Segnò l’indirizzo, i giorni di ricevimento e gli orari, ed un mattino salì sul pullman che lo portò prima ad Enna e poi a Piazza Armerina. Attese dietro un portone l’orario in cui il mago riceveva e, scoccato il momento, bussò ad un portone al primo piano di un vecchio palazzo. Una signora lo fece accomodare in una sala d’attesa, poi gli chiese cosa desiderasse e che tipo di intervento chiedeva al mago che lei si ostinava a chiamare “Maestro”.

- Signora, scusate, dovete dire al signor Emanuele Giarratana che c’è Antonio Mizio, che desidera incontrarlo.

- Il Maestro vi conosce?

- Ma certo! Ditegli chi sono, vedrete che mi riceverà subito.

La signora entrò in una stanza, lo studio del “Mago”, richiuse la porta dietro di se e ritornò di lì a poco invitando Antonio a seguirla.

- Prego, seguitemi, il Maestro vi riceverà nella sua abitazione privata.

Antonio seguì la signora che gli fece percorrere un tratto di corridoio, poi lo introdusse in un salotto. Due minuti dopo entrò Emanuele Giarratana che andò incontro ad Antonio, lo abbracciò e lo fece accomodare accanto a se su un enorme divano.

- Amico mio dei giorni più spensierati, ci siamo persi di vista!

- Ho letto la pubblicità su un settimanale, anche se la foto era di un po’ di tempo fa, ti ho riconosciuto, ero titubante se venirti a trovare, ma poi ho deciso di farlo.

- Cosa posso fare per te?

- Non lo so, io avevo un ottimo lavoro, mio nonno e mio padre avevano fatto i maniscalchi, io ho continuato a farlo fino a quando i trattori non hanno soppiantato muli, asini e cavalli. Ho provato a fare il bracciante agricolo, il lavoro scarseggia e non tutti i giorni si porta a casa quanto serve per sopravvivere.

- Antonio, io non ho dimenticato mai le tue affettuosità, mi regalavi le tue Nazionali, mi invitavi a cena fuori perché io non avevo i soldi, mi regalavi il contenuto dei pacchi che la tua famiglia ti spediva, mi hai insegnato a farmi la barba da solo, mi pagavi il biglietto del treno quando mi veniva concessa licenza di recarmi a casa. Ora voglio aiutarti, dimmi tu cosa posso fare.

- Emanuele, voglio imparare a fare il “Mago”!

Diventò pensieroso Emanuele, si accigliò, socchiuse gli occhi come se volesse pensare, poi:

- No, il mago no!

- Scusami perché no!

- Non devi fare  il mago, devi fare il “Santone”!

Antonio lo fissò negli occhi, quasi ad interrogarlo:

- Perché il santone e non il mago?

- Semplice, alla nostra età non bisogna più muoversi dal posto dove si è vissuti, tu per iniziare a fare il mago dovresti spostarti in un comune diverso da quello in cui abiti, io l’ho fatto circa trent’anni fa, abitavo ad Enna, mi sono spostato a Piazza Armerina e ho piazzato dietro al portone d’ingresso l’insegna con la scritta “Mago di Castrovecchio”, non so neppure se esiste un posto che si chiama Castrovecchio, ma suona bene. Io non avevo né arte né parte, a tutti quelli che mi consultano prometto un futuro roseo, infondo speranza, accresco la fiducia di chi si è smarrito fino a cercare l’aiuto di un mago. Antonio, io aiuto chi ha di bisogno a non perdere mai la speranza, solo quello e nulla più, la gente trova serenità, acquista fiducia e spesso supera anche grossi ostacoli che stanno solo nella loro mente. Antonio, rifletti un attimo su quello che ti dirò:  La magia cos’è? Essa è una pratica rituale attraverso la quale si pretende di sottomettere le potenze occulte al proprio servizio e ottenere così un potere soprannaturale sul prossimo o sull’intero cosmo. Essa magia non ammette alcun potere superiore a se; essa ritiene di poter costringere gli stessi spiriti o demoni evocati a manifestarsi e a compiere ciò che essa richiede.

            A seconda dei fini che essa magia si prefigge di raggiungere, i Maghi distinguono i vari tipi di magia.

1.                La magia bianca, riguarda la sfera della salute, essa proteggerebbe la salute, la vita in famiglia, gli studi, il gioco, il lavoro, le attività economiche.



2.                La magia rosa o rossa, si interessa esclusivamente della sfera sessuale, dell’”amore” da conquistare o da separare. All’interno della magia rossa o rosa, c’è la magia sessuale, collegata con la magia nera, vede nell’energia unitiva-sessuale una forza magica di estrema potenza. Aleister Crowley, padre del satanismo moderno, che sosteneva di essere l’anticristo, la bestia dell’Apocalisse 666, la sistematizzò, diffondendo l’anti-preghiera, costringendo a recitare le preci cattoliche al contrario; la moda raggiunse i fanciulli di alcune scuole medie e persino classi delle elementari, la promessa era quella di vedere e comunicare col Signore delle mosche, Satana. Ancora alcuni gruppi di musica Rock si ispirano alla sua dottrina.





3.                La magia verde, conosciuta poco, presume che nelle piante sia presente un potere occulto di cui potersene servire per scopi vari. Alla magia verde è collegata l’Alchimia. Il termine alchimia deriva dal sostantivo arabo al-Kimiya. Sull’origine della parola Kimiya le opinioni contrastano, ma è probabile che essa derivi dal termine greco chyma, fusione e depurazione dei metalli, sostanze semplici caratterizzate da uno specifico comportamento. L’arte alchemica è molto antica, essa era praticata in diverse zone del mondo prima dell’era cristiana, ambiva a perfezionare i fini della natura, trasformando metalli vili in oro, e promettendo all’uomo longevità e, spesso, immortalità.



4.                La magia nera, che è quella che chiaramente viene praticata con l’intenzione di nuocere agli altri, invocare gli spiriti del male per procurare danno ai nemici, procurare disturbi psichici, creare enormi negatività, fatture, malocchi, contrasti, impedimenti, liti, vendette, causare malattie e morte.





5.                La magia viola, che è una derivazione del satanismo, ed è considerata una sua evoluzione. Essa si rifà ad una filosofia molto antica della morte, delle tenebre in cui la morte è considerata la Grande Madre, la via d’accesso ai misteri ed ai poteri dell’universo invisibile. La magia viola non è molto conosciuta, tracce le si possono trovare in gruppi modelli di musica “metallica”.



            Ciò che è impressionante della magia in genere è la sua meccanicità e l’automatismo rituale attraverso i quali si pretenderebbe di sottomettere Dio, gli angeli ed i demoni, l’uomo e le forze della natura ai voleri dell’operatore dell’occulto. Quanto la magia promette è totalmente slegato dalla condotta morale di vita dell’uomo, sembra, infatti, che basti osservare le norme rituali per ottenere gli effetti desiderati. E’ solamente incredibile la sproporzione fra l’oggetto del desiderio e il rito per ottenerlo, la magia ritiene di conseguire effetti smisurati con minimi sforzi.



            E il Mago, come definirlo? Solitamente è un furbo, che ha trovato il modo di arricchirsi sulle disgrazie altrui. Spesso il Mago si convince di essere un essere superiore, allora si convince di potersi liberamente servire di forze invisibili, nascoste nella natura, per propri scopi, convincendosi altresì di avere potere sulle forze angeliche buone e cattive, capaci di essere piegate al suo volere attraverso l’uso dei vari nomi di Dio. Nonostante tutti i riti autoprotettivi il Mago, alla lunga, diventa vittima del suo inganno, facendosi colpire dallo stesso boomerang che ha lanciato. Il cammino della magia è un cammino di autodistruzione, spesso camuffato da cammino di liberazione e di onnipotenza. Ammonirei il Mago gridandogli che è difficile tornare indietro!  Antonio io non sono un Mago, forse non credo in nessuna magia, te lo ripeto, io aiuto con l’ascolto e qualche consiglio chi mi consulta, lo aiuto a ritrovare fiducia in se stesso, a continuare a sperare. Loro mi ripagano consentendomi di vivere una vita agiata. Non ho imparato nessun mestiere, non sono capace di fare il ladro, il malfattore, allora ho imparato a fare ottimo uso della parola.

Antonio ascoltò attento, ebbe quasi ammirazione per il suo amico proprio per la sua sincerità, poi:

- Emanuele, mi hai confuso un po’, ma a mente serena rifletterò su quanto mi hai detto. Io non ho mai fatto male ad alcuno, non ne sarei capace, ma non riesco spesso a soddisfare i bisogni della mia famiglia, per fortuna la casa dove abitiamo è mia e ho solo una figliola.

- Caro amico mio, ti ospiterò nel mio studio per un paio di mesi come mio assistente, sentirai le richieste di chi chiede aiuto, sentirai me parlare loro assecondandoli ed infondendo fiducia e speranza, ascoltando imparerai l’uso della parola, appena sarai pronto ti insegnerò come diventare “Santone” e aprirai le porte di casa tua a chi chiederà il tuo aiuto. Ricorda queste cose importanti: ascolto, uso della parola, fiducia in se stessi, speranza! Da domani, se vuoi, assisterai me nello studio, divideremo le offerte e i regali dei “pazienti”, quando tutto ti sarà chiaro, allora sarò io stesso a dirti cosa fare.

Antonio prese tre giorni di tempo, bisognava avvertire la famiglia di un nuovo impiego, anche se non rivelò mai a sua moglie e a sua figlia di che genere fosse il suo nuovo lavoro.



Per due mesi, dal lunedì al venerdì, Antonio indossò un turbante, due o tre grossi anelli d’argento con figure strane, uno strano accappatoio e una collana dalla quale pendeva un grosso ciondolo raffigurante una civetta; seduto accanto ad Emanuele, ascoltò “pazienti” e “mago”, capendo che i clienti dello studio avevano bisogno di sentire dal mago tutto ciò che desideravano che il mago dicesse loro. Un giorno Emanuele pose Antonio davanti ad un suo cliente e gli suggerì di sostituirlo. Il risultato fu sorprendente, il cliente parlò, poi ascoltò Antonio e scoppiò in un pianto liberatorio. L’allievo aveva superato il maestro!

- Antonio, tu sei pronto per ascoltare la gente e sei pronto per aiutarla a venir fuori dalla perdita della fiducia e della speranza. Ritorna a fare il bracciante, ogni tanto inginocchiati e a mani giunte alza lo sguardo verso il cielo. Tutti si meraviglieranno, non ti curare delle loro reazioni, fallo quando sei in piazza a fare gli acquisti, a casa tua, ingannando tua moglie e tua figlia, saranno le prime a portare sulla piazza il tuo misticismo. Io organizzerò un po’ di gente che da fuori paese vuole consultarti perché la tua fama di santone avrà varcato i confini  del tuo comune, parla alla gente con sobrietà dopo averla ascoltata, poi indicagli la via della speranza attraverso la preghiera. Non chiedere nulla, sarà la gente a riempirti di doni e di offerte. Tieni sempre un grosso cero acceso davanti ad una immagine sacra, non importa quale, tieni accanto al cero un libro sacro aperto, indossa dei sandali, anche tua moglie ti rispetterà, convinta che in te ci sia del soprannaturale.

Antonio ascoltò senza fiatare, Emanuele gli riempì le tasche di banconote:

- Tieni, ti serviranno per superare il primo periodo, poi, sarà una continua provvidenza!

Abbracciò Antonio e lo accompagnò alla porta.

- Vai amico mio, buona fortuna! Fra cento anni, quando non saremo più, nessuno si ricorderà di Antonio Mizio il maniscalco, tutti però ricorderanno del “Santone”, magari qualcuno costruirà una cappella votiva o un loculo funebre e tu sarai un marabutto, un  santo riconosciuto a livello locale, la cui tomba è oggetto di culto popolare.

Antonio andò via senza voltarsi, e già sul pullman che lo riportava a casa improvvisò il suo momento mistico, sotto gli sguardi incuriositi degli altri passeggeri.

In meno di un mese avvenne la metamorfosi e la sua casa diventò luogo di pellegrinaggio. Emanuele Giarratana, il mago di Castrovecchio aveva operato la sua magia!





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