Mario Scamardo
Ogni mattino
alle otto Anna si lasciava dietro le spalle il portone di casa, attraversava
l’enorme piazza con al centro la statua equestre di Garibaldi, imboccava una
traversina e dieci minuti dopo si ritrovava davanti all’atrio alberato di
platani del suo liceo; due chiacchere con i compagni di classe, poi la campana.
Anna era brava a scuola, mai un rimprovero, ancora meno una impreparazione, tutto
scorreva liscio. Aveva appena tredici anni quando si iscrisse in quarta
ginnasio, trascinandosi dietro i segni della sua infanzia, ed attese di essere
in prima liceo per vedere il suo esile corpo cambiare lentamente e consegnarla
al mondo delle donne adulte. I suoi grandi occhi neri brillavano illuminandole
il volto, e le sue forme destavano invidia nelle compagne. Non disdegnava gli
inviti Anna, partecipava a tutte le festicciole, quando ci fu un momento che
percepì l’interesse di un giovane ventenne. Non lo conosceva la ragazza, non
frequentava la sua stessa scuola e, le compagne non sapevano nulla di lui,
appena il nome, Alessandro. Anna sulle prime fu più incuriosita che attratta e
quando il ragazzo, che non si sa come, si intrufolava regolarmente nelle feste,
le si avvicinò e le chiese di diventare suo amico, dopo una titubanza, intavolò
un dialogo mirato a conoscere tutto di lui.
Anna, unica
figlia, non aveva il padre, l’aveva perduto quando aveva conseguito la licenza
elementare, era un affermato commercialista come sua madre, questo l’aveva
costretta a vedere nella mamma ambedue i genitori, ed aveva stabilito con lei
un rapporto particolare fatto di grande affetto, di enorme fiducia e di piccole
complicità. La ragazza parlava di volta in volta con la madre, col padre, con
l’amica e la sua mamma, di conseguenza ne assumeva i ruoli, un rapporto molto
particolare.
Quando la
ragazza confidò alla madre delle attenzioni del giovane, la donna prese tempo
prima di dirle qualcosa, poi:
- -
Figliola,
ho avuto anch’io la tua età, sia come mamma che come amica devo consigliarti di
non avere fretta, prima bisogna conoscere bene la persona, capirne il
carattere, sapere della famiglia, di quello che fa, di quello che fanno i
genitori, i fratelli, capire se è tollerante, scavare nel suo passato per non
avere dopo delle delusioni.
- -
Mamma,
di certo so soltanto che trova sempre il modo di intrufolarsi nelle nostre
festicciole, che veste e parla bene, che non parla mai di lui.
- -
Allora
devi scoprire chi è, non ti fare coinvolgere in situazioni sentimentali, se
puoi, fino a quando non avrai le tue certezze.
Anna assentì col capo, infilò la
porta della cucina e preparò due tè, come era solita fare.
I
giorni si susseguirono ai giorni, Anna ed Alessandro si incontrarono tutti i
sabato pomeriggio. Lunghe passeggiate in città, qualche film, qualche aperitivo
sempre in locali alla moda, e lui sempre elegante ma di pochissime parole, come
se avesse timore di tradirsi parlando. Quando Anna gli chiese di portarla a
visitare il quartiere spagnolo della città, per la verità molto degradato, il
ragazzo con la faccia sorpresa:
- -
Scusami,
perché vuoi visitare un quartiere così malfamato, tu sei troppo perbene per
attraversare quei vicoli pieni di sozzume, colmi di spacciatori, di ladri, di
rapinatori. - -Non voglio entrarci in
quelle stradine malfamate dove regna incontrastata la prostituzione.
-
-Ma
noi non dobbiamo entrarci di notte, desidero visitarlo di giorno.
-
-Forse,
un pomeriggio ci andremo, oggi non ne ho proprio voglia. Andremo in giro, avevo
pensato di andare per negozi a vedere cosa c’è di nuovo nelle vetrine.
Anna non disse una parola, quasi quasi fu contenta della decisione del ragazzo, la considerò un atto di grande rispetto, prese la sua mano e disse:
-
-Andiamo,
ogni tanto mi piace guardare le vetrine dei negozi. Con mia madre succede di
rado, lei è costretta dal suo lavoro a pigliarsi pochissimi svaghi, il sabato
non va allo studio, ma io sono a spasso con te.
Alessandro non era mai andato al di
là del bacetto sulla guancia, non le aveva mai fatto proposte, non aveva
dichiarato alcun sentimento oltre all’amicizia, ma Anna aveva colto delle
grandi attenzioni, da un momento all’altro si aspettava una proposta di
fidanzamento che però non arrivava. Il loro rapporto lo considerava ideale,
ottima compagnia, senza impegno alcuno. Nella più bella via della città, isola
pedonale, le insegne illuminavano i marciapiedi, le vetrine erano un gioco di
luci, signore distinte si fermavano a guardare ogni articolo esposto. Davanti
ad una gioielleria Alessandro guardò gli occhi di Anna che puntarono alcune
collane di perle.
Al primo caffè sedettero ad uno dei tavolini e un cameriere
servì loro un tè. Tre ragazzi sui vent’anni ed un uomo sui cinquanta si
avvicinarono al tavolo, proprio come se volessero incontrarsi con loro.
Alessandro si alzò di scatto, prese sottobraccio l’uomo, si allontanò di una
cinquantina di metri ed ebbe una conversazione serrata con lui, i due giovani
ad un cenno lo raggiunsero ed andarono via. Anna non capì nulla, ma chiese ad Alessandro
che si era risieduto chi fossero quei tizi. Notò un po’ di disagio e un pizzico
di stizza per la stessa domanda. Davanti l’uscio di casa, pensierosa com’era
non fece caso alla fretta del ragazzo di andare via, nemmeno il solito bacetto
sulla guancia. La madre in cucina si apprestava a preparare la cena, ma notando
la faccia pensierosa della figlia:
-
- Hai
fatto un po’ prima stasera.
-
- Si
mamma, non mi andava di stare ancora fuori, mi stavo annoiando a veder vetrine
senza averne voglia.
- -
Martedì
pomeriggio non vado allo studio, voglio riposarmi, vuol dire che faremo una
passeggiata assieme e se ti va compreremo qualcosa, è tanto che non ci
regaliamo un vestitino e delle scarpe.
La ragazza non rispose, adagiò sul
divano la giacchetta e sedette a tavola aspettando la cena, con gli occhi sul
televisore ma con lo sguardo distratto, mentre trillò il suo telefonino. Si
alzò, lo prelevò dalla borsetta, si diresse in camera sua e tornò di lì a poco
con un viso meno tirato. La madre pensò ad un piccolo litigio tra fidanzatini e
ad una telefonata rappacificante.
Per
i tre sabati successivi, Anna non si incontrò con Alessandro, sempre avvertita
da una telefonata che disdiceva gli incontri con motivazioni importanti,
incontri d’affare, malessere del genitore, impossibilità di rientro in città.
La ragazza era stata abituata al rispetto per la famiglia e per il lavoro,
quindi rispettò ogni giustificazione, anzi lo ammirò.
A licenza liceale conseguita col
massimo dei voti, la ragazza si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza, un
impegno non da poco per una che ci teneva a rispettare gli impegni.
Natale
era alle porte, la città era un esplodere di luci, la gente era per le strade a
fare acquisti, Alessandro si recò sotto il portone di Anna, l’attese e,
baciandola sulla guancia le sussurrò:
-
- Stasera
desidero cenare con te, se ti va avverti la tua mamma che rientri più tardi, se
non vuoi, non importa, piglieremo un dolcetto e poi voglio farti un lungo
discorso.
Anna prelevò il telefono dalla tasca
del piumino, chiamò la madre e l’avvertì della cena fuori.
-
- Va
bene, ora sono universitaria e maggiorenne, andiamo a cena assieme, mamma sarà
stanchissima, è appena rientrata, a fine anno lavora pure i sabato e spesso si
porta il lavoro a casa per completarlo nella mattinata della domenica, allora
si va a pranzare al ristorante, io sono una ragazza da due uova al tegamino,
non vado oltre.
-
.- Bene,
scegli tu il locale, stasera non bado a spese, è una serata speciale!
Salirono in macchina e si diressero
verso il mare. Sul lungomare del borgo marinaro Alessandro cinse ai fianchi
Anna:
- -
Devo
dirti una cosa importante.
-
- Sono
impaziente, dimmela d’un fiato, non farmi tribolare.
- -
Da
quando ti ho conosciuta mi sono innamorato di te.
La ragazza stava per parlare ma
Alessandro, dolcemente, le pose un dito sulle labbra:
-
- Lascia
che sia io a parlare, non dire nulla. Sono quasi due anni che viviamo la nostra
vita da buoni amici, rispettandoci reciprocamente, superando ambedue i piccoli
ostacoli che la vita ci ha posto davanti. Non mi hai chiesto neppure quale
grado d’istruzione ho, che lavoro faccio, se ho famiglia o meno, ed io non ho
fatto nulla per informarti. Ho conseguito il diploma di perito commerciale, non
ho mai avuto un posto fisso, ho lavorato sempre per privati, spesso ho
guadagnato il necessario per vivere, qualche volta tanto da vivere da nababbo.
La mia famiglia è ridotta al lumicino, i miei si sono separati quando avevo
cinque anni, mia madre si è eclissata, è scappata in Venezuela, di lei si son
perse le tracce. Mio padre in un incidente di lavoro al porto, dove lavorava,
ha perso l’uso delle gambe, sono io a mantenerlo, quel minimo di pensione che
lo Stato gli dà, non basta per la donna delle pulizie. Sono figlio di questa
città con le sue bellezze ed i suoi lati oscuri, dove oriente e occidente non
hanno una linea di demarcazione, dove tutto è fatalità, dove ti consumi i
gomiti per farti spazio tra la gente, dove piove quando non c’è una nuvola ed
il sole ti screpola le labbra. Anna, io non so se riuscirò a darti una vita
degna di te, ma vorrei provarci. Ti amo e ti chiedo, se lo vuoi, di ricambiare
questo mio sentimento.
La strinse a se e la baciò sulle
labbra. Quel vulcano che era stato aveva frastornato Anna che seppe solo
abbandonarsi tra le sue braccia senza proferire parola. Riavutasi un attimo la
ragazza, innamorata anche lei, disse soltanto:
- -
Baciami
Alessandro, ti prego, baciami.
-
- Ti
ho scioccato?
-
- Forse
sì, forse no, non lo so, credimi non lo so.
-
- Vuoi
bere qualcosa, un po’ d’acqua, vuoi sederti?
L’unica panchina libera era ad un
passo, i ragazzi sedettero e rimasero in silenzio per un po’.
- - Anna,
quello che dovevo dirti te l’ho detto, tu puoi anche non darmi subito la
risposta, qualunque essa sia, sarai tu a darmela, quando vorrai. Quando ti
senti pronta andiamo a cenare.
-
- Ti
prego, ancora un minutino, ancora una boccata d’aria, poi andiamo al
ristorante.
Seduti ad un tavolo, aspettarono il
cameriere che prendesse le ordinazioni. Quando arrivarono al dessert sul tavolo
arrivò una bottiglia del migliore spumante e due calici. Anna non capì, il
ragazzo tirò fuori dalla tasca un astuccio, lo consegnò alla sua amata:
-
- Un
regalo?
Anna aprì l’astuccio ed i suoi occhi
furono abbagliati da una collana formata da quattro fili di preziosissime perle,
da cui pendeva un cammeo in corallo rosa contornato di perle più piccole.
Balbettò la ragazza:
-
- Ma,
ma, è un regalo troppo impegnativo, non posso accettarlo, questo costa una
fortuna!
-
- Cosa
volevi che regalassi alla donna dei miei sogni, il solito anellino in oro
bianco?
- -
No,
no, o forse sì, non so, ma è veramente troppo, sono imbarazzata, non so cosa
dire.
-
- Non
devi dir nulla!
Si alzò Alessandro, prese la collana
e l’attaccò al collo di Anna. Sturò lo spumante e assieme brindarono. La
passeggiata sul lungomare si protrasse fino a mezzanotte inoltrata, poi il
rientro a casa e al posto del bacio sulla guancia, dinnanzi al portone fu un
susseguirsi di baci, tanti quante erano le perle della collana.
Si
svegliò Anna al mattino, come spiegare alla mamma, all’amica, al papà quel
regalo costoso, la richiesta di fidanzamento, il legame sentimentale, il lavoro
di Alessandro e la sua famiglia? La sua mente fu intrappolata da un vortice, un
turbinio che non la faceva pensare, allora desistette dalla volontà di parlarne
e ripose quella collana in fondo al cassetto del comodino.
Anna e Alessandro
vissero un periodo di felicità e di spensieratezza, diedero ampio sfogo alla
loro passione, in lei sempre la paura di affrontare il discorso con la sua
mamma. Forse come perito commerciale Alessandro, nello studio della madre,
avrebbe trovato quella sistemazione stabile senza gli alti e i bassi della
precarietà. Sogni... E perché no! E il suo vecchio padre immobilizzato? Una
soluzione si troverà di certo! Tutti uniti, un’unica famiglia!
Un pomeriggio
Alessandro telefonò, Anna si rinchiuse nella sua stanza, più di un’ora
attaccata all’apparecchio, e lei a fare sempre domande sulle motivazioni di un
viaggio in America assieme al padre dove sarebbe stato possibile, con una serie
di interventi chirurgici, ridare movimento alle sue gambe.
-
-Quanto
pensi di mancare?
-
- Un
anno forse, qualora occorra, anche due.
-
- Quando
parti?
-
-- Domattina
all’alba.
-
- Mi
chiami dall’aeroporto?
-
- Certo,
anche se so di svegliarti.
-
- Non
importa, chiamami, e poi chiamami ancora quando arrivi…
La notizia strappò per la prima volta
un pianto dirotto ad Anna, due anni senza vederlo, due anni senza parlargli di
persona, due anni di solitudine, in quanto i due non frequentavano nessuno. Il
mattino seguente non trillò il telefono e da quel momento quello di Alessandro
fu muto. Nervosa, irrequieta, la ragazza stava per avere un crollo, ma era una
donna forte e allora pensò di affrontare il discorso con la madre, il
fidanzamento, la passione consumata, ma soprattutto la collana, si quella
collana di perle che la sera tirava fuori dal cassetto come un feticcio e al
mattino riponeva dopo averla tenuta tra le mani nella notte.
Passati
sei mesi Anna, in riva al mare, seduta davanti a sua madre iniziò il suo
narrare con dovizia di particolari, dal primo incontro al commiato per
telefono, al suo silenzio. Due ore di fila, mentre la madre non batteva ciglio.
Quando ebbe finito si mise a piangere. Tra un singhiozzo e l’altro:
-
- Mamma,
non mi dici nulla?
-
- Il
padre e la madre sono attoniti, l’amica ti ha già parlato, ricordi? Quando me
ne parlasti la prima volta ti dissi: “Figliola, ho avuto anch’io la tua età,
sia come mamma che come amica devo consigliarti di non avere fretta, prima
bisogna conoscere bene la persona, capirne il carattere, sapere della famiglia,
di quello che fa, di quello che fanno i genitori, i fratelli, capire se è
tollerante, scavare nel suo passato per non avere dopo delle delusioni.” Poi
aggiunsi: “Allora devi scoprire chi è, non ti fare coinvolgere in situazioni
sentimentali, se puoi, fino a quando non avrai le tue certezze”.
-
- Si
mamma, ricordo bene ma gli eventi mi hanno travolta.
-
- Lo
so, dimmi come si chiama.
-
- Alessandro.
-
- Alessandro
come? Avrà pure un cognome!
-
- Mamma,
solo Alessandro, non mi ha mai detto il suo cognome, non gliel’ho mai chiesto,
non ho mai visto un suo documento.
-
- Non
sei incinta!
-
- No,
mamma.
-
- Meno
male, forse hai qualcuno che ti pensa da lassù, sarebbe stato un bel guaio, ma
soprattutto una bella gatta da pelare! Su, comincia a provare a dimenticare,
dicono che il tempo è un ottimo guaritore, sarà vero? Tu provaci!
-
- Mamma,
di lui non mi è rimasto che il ricordo, ed un feticcio che conservo nel
comodino e che tiro fuori ogni sera per ricordarmi di lui, una collana in perle
con un cammeo in corallo rosa.
-
- Sarà
un falso!
-
- No
mamma, le perle sono vere ed il gioiello è di pregio.
-
- Stasera
a casa vedremo. Se non è una patacca tienilo, a chi renderlo? Indossalo!... ti
servirà a sconfiggere il dramma!
La madre di Anna ebbe il gioiello tra
le mani, constatò l’enorme valore, lo ripose nell’astuccio e si recò in salotto
ad accendere la tv, forse anche per iniziare a digerire tutti i rospi ingoiati.
Per
qualche mese madre e figlia si scambiarono solo il saluto mattutino e la
buonanotte serale, poi il dialogo pian pianino riprese ma nessuno ritornò mai
sull’argomento.
Nello
studio della madre un mattino si presentò un collega per ritirare una pratica
di condono fiscale, Anna era lì a dare una mano per sistemare l’archivio,
l’ospite prima di andarsene tirò dalla borsa due biglietti per la prima di
Cavalleria Rusticana, si avvicinò alla ragazza, glieli porse e disse:
-
- Convincila
tu la mamma, venerdì venite a teatro, ci sarà la miglior società di questa
città, con mia moglie ed il personale dello studio ci pigliamo tutta la seconda
fila.
-
- Grazie
dottore, le prometto che convincerò la mamma, venerdì sera ci saremo!
-
- Se
ci farete l’onore alla fine vorremmo avervi ospiti a cena, il ristorante lo
prenoto domattina.
-
- Grazie,
per la cena è meglio che decida mamma, le faremo sapere a tempo.
Il venerdì pomeriggio la mamma di Anna non si recò in studio, per telefono diede delle direttive e nel primo pomeriggio cominciò la scelta di abiti, stole, scarpe, borsette e quant’altro. Per telefono confermò la presenza a cena dopo lo spettacolo. Quasi pronte per uscire madre e figlia sistemarono l’ultima ciocca, poi la madre:
Il venerdì pomeriggio la mamma di Anna non si recò in studio, per telefono diede delle direttive e nel primo pomeriggio cominciò la scelta di abiti, stole, scarpe, borsette e quant’altro. Per telefono confermò la presenza a cena dopo lo spettacolo. Quasi pronte per uscire madre e figlia sistemarono l’ultima ciocca, poi la madre:
-
- Anna
vai in camera tua, prendi quella collana, indossala!
-
- Dici
davvero mamma?
-
- Si
che dico davvero, su vai a prenderla.
Tornò la ragazza con la collana, ma al momento di indossarla
ebbe una esitazione, la madre:
-
- Aiutami,
la indosso io, una volta o l’altra bisognerà pur farlo!
Davanti al teatro si riunì il gruppo, dopo i saluti ed i
complimenti per gli abiti, tutti si accomodarono occupando la seconda fila
centrale. Una passerella di signore eleganti di ogni età passò davanti la
comitiva, una signora attempata passò due volte, si fermò davanti alla mamma di
Anna, fissò la collana di perle col cammeo in corallo rosa, poi sfoggiò un
sorriso e disse:
-
- Bellissima
quella collana, complimenti!
La mamma di Anna rispose con un sorriso, si abbassarono le
luci in sala e si alzò il sipario. Quando a fine spettacolo calò il sipario e
gli spettatori si alzarono in piedi applaudendo, per rendere omaggio agli
interpreti, la signora attempata con passo lesto ripassò davanti e guadagnò
lesta l’ingresso alla sala. Anna e sua madre avevano varcato appena la soglia e
due poliziotte in borghese gli si pararono davanti invitando le due donne a
recarsi in un angolo appartato. La signora fu invitata a togliersi la collana,
a declinare l’invito a cena e a recarsi in commissariato. La mamma di Anna non
fece una grinza, consegnò la collana e chiedendo scusa agli amici, assieme alla
figlia si recò in commissariato scortata dalle agenti. Il commissario le fece
accomodare, poi mostrò una foto alla signora:
-
- Conoscete
quest’uomo?
-
- No,
mi dispiace, non l’ho mai visto.
-
- Ne
siamo convinti signora.
Poi mostrarono la foto ad Anna:
- - E
lei conosce quest’uomo?
La ragazza fu colta da un singhiozzo, poi un pianto, tra le
lacrime:
-
- Io
lo conosco, mia madre non lo ha mai visto.
-
- Bene,
è Alessandro Macaluso, un ladro di professione, uno tra i più raffinati. Lo
abbiamo arrestato un anno fa, abbiamo recuperato un bel po’ di refurtiva che
stava portando all’estero in una valigia a fondo doppio. Il gioiello che le ha
regalato è un pezzo unico di una collezione di famiglia dei conti Calabrò. Non
ci ha mai voluto dire né nome né indirizzo della persona a cui l’ha regalata,
abbiamo supposto che fosse veramente innamorato di lei. Il pezzo era
invendibile, noto a tutti i collezionisti ed i gioiellieri del mondo. Sugli
attacchi per agganciarla, la collana ha impresse due A maiuscole in carattere
gotico, guardi signorina, le due A stanno per Anastasia Antinori dei conti
Calabrò, il monile è stato realizzato in Francia nel 1812. Sul retro del cammeo
è ricavato un minuscolo stemma con il leone rampante.
-
- Signor
commissario, io non sapevo nulla di tutto ciò, non volevo neppure accettarlo,
quando Alessandro me lo donò pensai soltanto ad un atto d’amore. Mia madre non
ha nessuna colpa, la prego sono io la responsabile di tutto.
-
- Lei
cara signorina non è responsabile di nulla, come sua madre, e quando la
contessa Calabrò, che ha riconosciuto il gioiello di famiglia, le ha fatto un
complimento, era solo per ringraziarla di aver riportato a sua insaputa il
gioiello al legittimo proprietario. Io ho una figlia alla sua età, forse un
paio di anni più piccola, a lei non finisco mai di ricordare di conoscere bene
prima le persone con cui intavolare rapporti, a maggior ragione se dovessero
essere per la vita.
Il commissario fece firmare alle due
donne un piccolo verbale, poi si chinò, baciò le loro mani e disse:
-
- Grazie,
ci avete permesso di chiudere un caso dopo due anni, e di avere assicurato alle
patrie galere un ladro gentiluomo e follemente innamorato.
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Bellissimo racconto, elegantemente scritto, sapientemente hai deviato i sospetti, ma ero indecisa, tra l'imbroglione anche se innamoratissimo, oppure il finto povero .. ^-^
RispondiEliminainteressante intrigante. peccato per la ragazza è stata una grande delusione.
RispondiEliminaBellissimo racconto .. scritto sapientemente..semplice e vero..forse per altri tempi..i giovani d oggi non si frequentano per due anni senza sapere il cognome l ' uno dell' ' altro...
RispondiEliminaUn bel racconto ,una morale da tenere presente al giorno d'oggi ricordarsi sempre che l'abito non fa il monaco purtroppo l'amore e' cieco .
RispondiEliminaUn classico raccontato magistralmente!!!
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