Mario Scamardo
I RACCONTI DEL BORGO
L’arrampicatrice sociale
Aveva
vissuto fino al conseguimento della licenza media nel suo paesino Luisella
Grasso, la famiglia contadina aveva risparmiato tutta una vita per consentirle
di poter frequentare un liceo e quindi l’università. Luisella, figlia unica, si
era spostata in città, si era inscritta al liceo classico e cinque anni dopo,
col massimo dei voti aveva conseguito la licenza che le consentì di inscriversi
alla facoltà di Lettere e filosofia. Una vita non troppo agiata, la famiglia
sempre più in difficoltà, non permisero mai a Luisella di avere un capo firmato
o di consentirsi un viaggio. Poche amiche, evitava anche gli inviti perché
sarebbe dovuta andare in jeans e qualche giubbotto non proprio di marca. Donna
bellissima, evitava anche la corte di parecchi colleghi universitari. La sua
era una imposizione, non volle mai aprire la porta all’amore, in attesa della
laurea che, forse, le avrebbe potuto dare un lavoro e, quindi, una indipendenza
economica.
Era al terzo anno di corso quando ebbe il sopravvento la voglia di sfruttare la sua bellezza. Al bar dell’ateneo, dove stava bevendo un caffè, si era fermata una fuoriserie, ne era sceso un giovane meno che trentenne, che entrando salutò tutti e tutti gli andarono incontro per salutarlo. Luisella rimase seduta al suo tavolinetto, finì di bere il suo caffè, accavallò le gambe e diede una ravviata alla sua fluente chioma. Chi era quel giovane benvestito, con una cravatta intonatissima? Ci volle poco a saperlo, il giovane la fissò per un attimo, le si pose davanti, fece un inchino:
Era al terzo anno di corso quando ebbe il sopravvento la voglia di sfruttare la sua bellezza. Al bar dell’ateneo, dove stava bevendo un caffè, si era fermata una fuoriserie, ne era sceso un giovane meno che trentenne, che entrando salutò tutti e tutti gli andarono incontro per salutarlo. Luisella rimase seduta al suo tavolinetto, finì di bere il suo caffè, accavallò le gambe e diede una ravviata alla sua fluente chioma. Chi era quel giovane benvestito, con una cravatta intonatissima? Ci volle poco a saperlo, il giovane la fissò per un attimo, le si pose davanti, fece un inchino:
-
Buon
giorno signorina, sono Evaristo del Tongo, mi permette di salutarla?
La ragazza si alzò in piedi
-
Buon
giorno, io sono Luisella Grasso, frequento Lettere.
Evaristo prese la mano della ragazza, e da quel gentiluomo
che era, gliela baciò. Luisella non fece una grinza, fece un cenno al giovane e
lo invitò a sedere al suo tavolo.
-
Luisella
ha detto?
-
Si,
proprio così.
-
Senta,
io sono fumatore, non le andrebbe di accomodarci fuori?
Il viale era alberato con grandi platani, un via vai di giovani universitari e le aiole stracariche di gerani fioriti.
-
Scusi,
lei è del Tongo, i marchesi del Tongo.
-
Si
signorina, sono proprio io, la mia famiglia è quella che costruisce gli infissi
metallici.
-
Ho
visto passare in tv gli spot pubblicitari, veramente belli i vostri infissi!
-
Se
me lo consente, posso darle del tu?
-
Ma
certo, diamoci del tu.
-
A
quando la laurea?
-
Fra
un anno. E tu?
-
Mi
sono già laureato in ingegneria quattro anni fa, ma non resisto tutte le
mattine a passare da questo bar, è come se volessi rimanere un eterno studente.
Ogni anno che passa sempre meno conoscenti, fra un po’ non conoscerò più
nessuno, o solo i gestori del bar.
-
Evaristo
e tu quale ruolo hai nell’industria di famiglia?
-
Mi
occupo delle progettazioni, ho un mio studio con un paio di architetti.
-
Non
hai bisogno di una segretaria part time?
-
Ne
conosci qualcuna disponibile?
-
Io,
non ho una occupazione, considerato che mi rimangono solo quattro esami e la
tesi, mi piacerebbe fare la mia prima esperienza lavorativa.
-
Fammici
pensare un attimino, fammi parlare col capo del personale e domani, al massimo
tra due giorni ne riparleremo.
Evaristo e Luisella fecero una lunghissima passeggiata,
ritornarono a consumare un altro caffè e quasi ad ora di pranzo si commiatarono
con l’impegno di rivedersi il giorno dopo.
La ragazza arrivata a casa, non preparò per pranzare, si mise
sull’unica poltrona, reclinò il capo e ad occhi chiusi si mise a pensare. Dopo
un panino ed un bicchiere d’acqua la colsero le riflessioni e fu pervasa dal
cinismo. Evaristo aveva avuto tutto dalla vita, nato da una delle famiglie
nobili della città, ricco, a capo di una delle più fiorenti industrie, abiti,
automobili, viaggi, grandi alberghi, e lei stretta quasi dalla morsa della
fame. Bisognava conquistare quell’uomo, bisognava sposarlo a qualunque costo,
bisognava affrancarsi dalla miseria, al costo di qualunque sacrificio. Cinica?
Si, qualunque fosse stato il prezzo!
Non aveva mai posseduto gioielli di valore, ma le servivano i
soldi per rendersi presentabile, palazzo del Tongo, nel centro storico, era
diventato il suo chiodo fisso! Raccolse i suoi monili, qualche orecchino, la
collanina del suo battesimo, tre o quattro braccialetti, due anelli, una spilla
ed un orologio, ne fece un involto e si recò in una gioielleria per venderli;
attaccato al polso le rimase l’orologino d’oro che le avevano regalato quando
era passata a comunione. Trattò col gioielliere ed intascò duemila e trecento
euro. Non ebbe rimpianti uscendo, non ebbe commozioni, eppure quei piccoli
monili avevano segnato tappe importanti della sua vita. Spese i soldi tutti in
abbigliamento e dopo due giorni si recò in paese a vedere i suoi genitori ed
intascare quei piccoli risparmi che le consentivano di continuare gli studi.
Alle undici Evaristo l’attese al bar dell’ateneo e Luisella
comparve in tutto il suo splendore elegantemente vestita. I due bevvero un
caffè e all’uscita il giovane invitò la ragazza a visitare l’azienda. In
macchina il giovane del Tongo le parlò dell’impiego.
-
Sai
Luisella, ho parlato col capo del personale, mio padre ha bisogno di una
segretaria, anche part time, è un po’ orso, ma a cinquantadue anni forse si
diventa un po’ guardinghi, gelosi delle proprie cose, spesso intolleranti,
comunque non è mai sgarbato e tantomeno volgare. Mia madre l’ho perduta tre anni
fa e da allora è anche diventato taciturno.
-
Non
ti preoccupare, cercherò di svolgere il mio lavoro con oculatezza e ti chiederò
di volta in volta il consiglio sul come agire.
-
Se
davvero vuoi togliere tempo al tuo studio, dalla settimana prossima potrai cominciare.
Ti presenterò al capo del personale e tratterai con lui orari e compensi.
Luisella ed Evaristo visitarono lo
stabilimento, entrarono nell’ufficio del marchese del Tongo e la ragazza fece
conoscenza con quell’uomo dalle tempie argentate, chiuso nel suo doppiopetto
blu, distinto e sorridente che la guardò da capo a piedi, cogliendo tutto il
fascino e l’avvenenza di lei. A pranzo il giovane la invitò in uno dei
ristoranti più rinomati della città, poi l’accompagnò nei pressi dell’ateneo
dove lei abitava, un appartamento condiviso con altre studentesse.
I giorni si susseguirono ai giorni,
la ragazza passava tutte le mattine dal lunedì al venerdì il suo tempo nello
studio del marchese, rispondeva al telefono, fissava appuntamenti, aggiornava
la sua agenda, si occupava dei suoi voli, dei suoi alberghi, disponeva
dell’autista per accompagnarlo in aeroporto e per il suo prelievo. Diligente ed
ordinata, aveva capito anche quando far portare un the o un caffè nello studio.
Il marchese era soddisfatto di lei e, spesso, le chiedeva pareri sulle sue
scelte. Evaristo l’attendeva all’uscita e l’accompagnava in macchina, quando
una sera, dopo averla invitata a cena, le propose di voler iniziare con lei un
rapporto diverso, quasi una proposta di fidanzamento. Le piaceva Evaristo, ma
sapeva che la chiave della sua scalata era nelle mani del padre e, quindi, non
disdegnando baci e carezze e qualche notte brava, pigliava tempo, diceva di non
essere pronta a vivere una storia impegnativa, in funzione anche della sua
voglia di completare gli studi, ma in un anno aveva solo affrontato due esami e
con voti appena sufficienti a superarli. Evaristo non desistette mai
dall’insistere, ma lei prese sempre tempo, pur trascorrendo con lui intense ore
di passione.
Il marchese del Tongo un mattino,
rientrando dall’India, passò dal suo studio ad onta della stanchezza, salutò la
ragazza trattenendo la mano tra le sue e le raccontò del suo faticoso viaggio,
poi aprì la sua borsa, tirò fuori un astuccio incartato e lo donò a Luisella:
-
Credo
posso permettermi di darti del tu, tieni è un pensierino che ti ho portato da
Nuova Delhi.
Luisella lo prese tra le mani:
-
Marchese,
perché si è disturbato…
-
Non
mi sono disturbato, mi è piaciuto e te l’ho preso, non ti ho mai regalato
nulla, non ho mai fatto un omaggio alla tua diligenza, alla tua correttezza.
La ragazza lo scartò, ma già la sua mente cinica aveva
percepito che la scalata era già cominciata; il prezzo? Il suo corpo! Aprì
l’astuccio, dentro un collier d’oro con un cammeo di corallo rosa. Recitò di
doversi sedere per la commozione, il marchese la prese per le spalle e
dolcemente l’aiutò ad alzarsi:
-
Indossalo,
voglio vedere se ho avuto gusto.
La ragazza prelevò il monile, lo porse al marchese e si girò
di spalle:
-
Me
lo attacchi lei.
Si girò sotto gli occhi soddisfatti dell’uomo, poi, con un
impeto gli mise le braccia al collo e lo baciò sulla guancia:
-
Scusi,
è stato più forte di me, mi perdoni, ma non avevo mai ricevuto dono più bello!
Il marchese soddisfatto e compiaciuto sedette alla sua scrivania,
sistemò due carte, poi:
-
Ora
vado a riposarmi un po’ a casa, il viaggio è stato stressante. Ritornerò in
India fra trenta giorni, se ti fa piacere puoi venire con me, in due un viaggio
così si affronta meglio, tu qualcosa di inglese la mastichi, e mentre io sarò
impegnato con gli importatori, tu potrai visitare Nuova Delhi, poi avremo tutto
il tempo di stare assieme. Cosa ne pensi?
-
Oddio,
lei marchese mi propone qualcosa che mi lascia senza parole, come potrei dirle
di no, saltellerei dalla gioia, ma la prego, vada a riposarsi, è veramente
stanco.
-
Dura
tempra la mia, vedrai resisterò e domani sera non pigliare impegni, andremo a
cena in un posto al mare, tu sei una persona capace di non farmi pensare agli
impegni.
Uscito il marchese dallo studio Luisella
sedette alla sua scrivania e per la prima volta volle provare l’ebrezza di
ammaccare il pulsante, chiamare l’usciere e farsi portare un the. Era fatta!
Bisognava non sbagliare una mossa! Tenere sempre più sulla corda Evaristo di
cui si era presa una bella cotta, e donarsi totalmente a suo padre, il marchese
Ottone, che le piaceva tanto, ma soprattutto che la poteva affrancare dal suo
stato di indigenza. Cercò lo specchio in fondo alla stanza e si ammirò ornata
del suo collier che valeva almeno dieci dei suoi stipendi part time. La sera
uscì col ragazzo e consumò una notte di passione. Il giorno seguente il
marchese, a metà mattinata, volle che lei lo accompagnasse a fare delle spese,
lui comprò una giacca e delle cravatte, poi accompagnò lei in una boutique e
pregò la proprietaria di occuparsi della ragazza, tre o quattro capi di gran
moda. Sulla via del ritorno:
-
Luisella,
io sono un uomo solo, sto pensando seriamente a rivedere la mia posizione di
single, tu hai tutto il tempo che ti occorre per riflettere, non ti farò mai
fretta, quando ti andrà, se ti andrà, sarai tu stessa a farmelo capire.
La ragazza stava per parlare ma lui
la incalzò:
-
Ti
prego, non parlare, non dire nulla, riflettici, io rispetterò ogni tua
decisione. Non desidero essere chiamato più marchese, lo farai in pubblico, ma
quando saremo soli chiamami Ottone.
Rientrati nello studio Luisella si
mostrò turbata, ma sfoderò il suo sorriso tutte le volte che Ottone la chiamò o
qualcuno entrò in quello studio. Cosa fare? Come nascondere ad Evaristo la
storia col padre e come nascondere al padre l’amore che provava per Evaristo?
Complicata era diventata la questione, ma lei ne sapeva una più del diavolo e
quando incontrò il ragazzo si mostrò turbata.
-
Evaristo,
ho riflettuto tanto sul nostro rapporto, tu per me sei solo un grande amico, mi
sono illusa di poterti amare, ci ho provato con tutte le mie forze, mi sono
donata a te sperando che dentro di me potesse accendersi quel fuoco che ti
brucia dentro senza spegnersi mai, invece la fioca fiammella, ad onta dei
tentativi che faccio, si spegne sempre di più senza potersi mai riaccendere. Ti
chiedo perdono se ti ho creato delle illusioni, non voglio essere il peggior
baro, le mie carte le ho scoperte perché tu possa leggerle e cogliere la mia
sincerità. Ti voglio bene, ma tu sei soltanto il mio più caro amico e nulla
più!
Il ragazzo ammutolì, non proferì
parola e, quando lei teneramente gli accarezzò il viso raccolse con la punta
delle dita una lacrima che gli solcava il volto.
-
Luisella,
io non sono il tuo despota, ho atteso tanto che tu potessi dirmi che eri pronta
a vivere la nostra storia, ma le storie si vivono in due e tu non ci sei. Ti
ringrazio per la tua sincerità, io ti amerò lo stesso, nessuno potrà
impedirmelo e tu rimarrai la mia più grande amica. Non mi rimane che soffiare
sul palmo della mano sui pochi coriandoli che mi sono rimasti. Forse ho anche
elaborato il lutto, il tuo prendere sempre tempo mi ha quasi abituato all’idea
di non poterti avere sempre vicina.
I due giovani si salutarono e
andarono per la loro strada, Luisella ruppe in un pianto dirotto, ma scelse
secondo i suoi progetti di arrampicata e non secondo i dettami del cuore. Pensò
che quell’ultimo discorso con Evaristo le avesse spianato la strada e avesse
abbattuto uno dei grandi ostacoli. Luisella comunicò alla sua famiglia del suo
nuovo lavoro, ma il tempo passava infruttuoso per il suo obbiettivo di laurea,
ancora due esami e la tesi, e lei che non si dedicava più allo studio. Affittò
un bilocale in un quartiere bene della città e lo arredò con cura.
India, Giappone, Australia, America,
i viaggi erano frequenti, e lei con Ottone consumava passione e sesso. Gli
incontri con Evaristo diventarono sporadici ma il giovane non le chiese mai perché
era sempre presente ai viaggi del padre, e quando cominciò a capire che c’era
qualcosa di strano nel rapporto con suo padre, indagò fino ad avere chiara la
situazione che si era venuta a creare. Fu un duro colpo, tormentato tra la
serenità ritrovata dal genitore e il suo spendere incondizionatamente, tra le
piccole indiscrezioni che circolavano nell’azienda e fuori e il suo sentimento
nei confronti di Luisella, e poi quel taglio netto con la sua famiglia, l’abbandono
degli studi alla soglia della laurea, il suo abile defilarsi ad ogni accenno di
discussione. Parlare o non parlare, il tormento di Evaristo si fece gran
sofferenza, irrequietezza, insonnia, angoscia. Un mattino di sabato il giovane
arrivò in azienda, di solito nel fine settimana non si lavorava, tutto il
personale era riunito in una grande sala, seduti al tavolo in fondo il marchese
Ottone e Luisella. Appena entrato il padre lo chiamò a se:
-
Aspettavo
solo te, ora posso dare il grande annuncio.
Evaristo intuì, cercò con gesti di frenare il padre, ed il
suo tormento si fece ancora più grande, ma non vi riuscì, suo padre prese per
mano Luisella, si pose davanti alle maestranze e cominciò un discorso aulico:
-
Voi
siete le persone con cui ho diviso parte della mia vita, ogni successo di
questa industria è stato ed è il vostro successo. La vita mi ha negato di poter
continuare a condividere gioie e dolori con la mia defunta moglie la duchessa Martina,
Iddio l’ha chiamata a se molto giovane. Con voi oggi voglio dividere una gioia,
se lo vorrà, sposerò la signorina Luisella che mi è stata vicina in questi
ultimi tempi. Io non ho parenti prossimi tranne che mio figlio, voi siete la
mia famiglia.
Un applauso scrosciò nella sala, l’unico
a non battere le mani fu Evaristo che, mogio mogio, si defilò sotto lo sguardo
di Luisella, raggiante ma molto tesa.
Ottone e la ragazza uscirono dalla
sala sottobraccio e sparirono in macchina. Era fatta! Luisella Grasso diventava
la marchesa del Tongo e la notizia si diffuse in un baleno.
Evaristo usciva da palazzo del Tongo
alle sei del mattino e vi rientrava a notte fonda, non dedicava un solo minuto
al suo lavoro e non incontrava gente. Sentiva dentro di se il tormento di non
avere saputo dire al padre del suo rapporto con Luisella, e si interrogava
sulla freddezza e determinazione della ragazza. Chi era veramente quella donna?
Il padre era sicuramente convinto che il figlio la conoscesse bene prima di
proporgliela come segretaria personale, lui l’aveva solo incontrato per caso in
un bar dell’università. Bella, elegante, intelligente con un grande potere di
seduzione, ma poi? E i suoi lunghi ed interminabili indugi, il suo
temporeggiare a scadenze fisse, la sua grande passione ed il suo sesso quasi
sfrenato, per poi ritornare pudica e riservata, chi era Luisella? Colei che
avrebbe dovuto prendere il posto di sua madre, più piccola di circa trent’anni
di suo padre, colei che aspirava a diventare la marchesa del Tongo. Evaristo
non dormì per tanto tempo, si recò un giorno nel paesino dove abitavano i
genitori di Luisella, li incontrò, chiese di lei e scoprì del taglio netto dei
rapporti, non poteva presentare una coppia di contadini umili al marchese del
Tongo, non poteva rischiare di vedersi sfuggire l’occasione della vita! Eppure
quei contadini le avevano donato con amore la vita, l’avevano cresciuta con
stenti, sacrificavano anche i piccoli agi per farla studiare e lei? Le aveva
negato persino di amarla, di accarezzarla, di parlare con lei, di sentirsi
confortati da una sua carezza. Non ci pensò una volta Evaristo, ritornò in
azienda, si infilò nello studio del padre e pretese che Luisella rimanesse ad
ascoltarlo.
-
Papà,
io ho amato Luisella, ne sono ancora innamorato, è stata la mia amante per
tanto tempo, anche quando, a mia insaputa lei già aveva intrapreso con te il
rapporto. Fino ad un certo periodo non mi sono reso conto del vostro idillio,
poi ho capito e da allora è stato per me un calvario. Lei ha tagliato i ponti
con me, ma ha tagliato i ponti con la sua famiglia, onestissima ma umile,
contadini che l’hanno amata e si sono tolti il cibo di bocca per farla
studiare, non ha regalato loro neppure la gioia del conseguimento di una laurea.
Come presentare al marchese Ottone del Tongo i suoi genitori umili contadini? Papà,
lei non ti ama, ha forse amato me, ma ora ne dubito, cinicamente è arrivata
alla soglia della realizzazione del suo sogno. Papà, è solo una arrampicatrice
sociale, che si sta prendendo solo gioco di noi. Tu sei libero di agire come
vuoi, io che l’amo ancora, vado via da casa, ma imparerò a star bene senza di
lei.
Il Marchese del Tongo non aprì bocca,
volse lo sguardo verso Luisella, ma attese invano una sua parola. La ragazza
prese la sua borsa, prelevò dal cassetto della scrivania l’ultimo testo
universitario che aveva acquistato e, a capo chino, uscì dallo studio
avviandosi verso la fermata del tram che era a pochi metri dall’azienda.
Luisella si laureò, riprese i
contatti con la sua famiglia e continuò a frequentare tutte le mattine il bar
dell’università, nell’attesa che si fermasse una fuoriserie con a bordo un
giovane che le potesse permettere una scalata sociale.
Se vi è piaciuta o meno, lasciate un
messaggio!
Grazie
Una bella storia ,fortunatamente non tutte le donne sono cosìì calcolatrici
RispondiEliminabellissima:) si legge tutta d'un fiato :)
RispondiEliminaVeramente un piacere leggerti. Complimenti
RispondiEliminaOttima narrazione capace di trascinarti nella scena!!!
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