Mario Scamardo
I
Racconti del Borgo
Il monaco guerriero di Jato
Nel 1246, dopo
che Federico II, rase al suolo Jato, ultimo baluardo arabo in Sicilia, e
deportò le genti del luogo in Puglia, a Lucera, del vecchio caravanserraglio di
Cozzo Reginella rimasero solo fatiscenti
murate e qualche locale che nel tempo era servito a riparare le
cavalcature, asini, cavalli e muli, dalle intemperie. I monaci della
Misericordia, con le vecchie pietre, edificarono un piccolo convento e
l’odierna Chiesa delle Anime Sante, essi si occupavano delle inumazioni dei
cadaveri, talvolta delle mummificazioni con i metodi del tempo e della cura del
luogo sacro dove i cadaveri riposavano per i tempi a venire. Considerato che il
caravanserraglio era stato costruito dagli arabi intorno all’anno 1000 e che le
Crociate hanno avuto inizio nel 1095 con la prima, mentre la nona fu nel 1268,
come è possibile che sopra il portale della chiesa vi fosse scolpita una “croce spinata”
inscritta in un cerchio, inequivocabile segno della frequentazione del monastero
da parte dei monaci guerrieri? Semplice, un caravanserraglio di quella portata,
secondo Edrisi, invitato dal re Ruggero II di Sicilia a Palermo,
doveva servire a tanti mercanti, ma doveva essere posto in un grande crocevia.
Anche Ibn Zafar, politologo arabo del periodo normanno, accennando ad Jato parlò
della grande viabilità che si snodava ai piedi del monte San Cosmano (oggi
Monte Jato), per cui è possibile, anzi certo che monaci guerrieri sostarono per
tempi ragguardevoli nel sito e, di conseguenza, lasciarono il segno della loro
presenza. Riscrivere tutto sulle Crociate? No, ma proprio da Jato passavano le
diramazioni della via Valeria e della via Mazarie. Partirono mai navi cariche
di Crociati da Sciacca e da Mazara per raggiungere quello che chiamiamo oggi
Magreb?
Tommaso
Fazello, storico e teorico, nato a Sciacca, descrivendo alcuni aspetti della Magna divisa Jati, accenna al toponimo “sacerdos cum gladio et galea” (sacerdote in elmo e spada)
ancora oggi ricordato come “Cozzo del
monaco guerriero”, proprio il Cozzo Reginella dove c’era l’antico fondaco.
Fino agli anni cinquanta del secolo scorso i nonni raccontavano la leggenda di
un monaco in armi che dall’imbrunire all’alba stava a guardia della chiesa, sul
sagrato e, nelle notti di novilunio combatteva contro un demone che voleva
abbattere il grande portone in legno della chiesa.
Ogni leggenda
ha il suo fondo di verità, e Raffaele, undici anni, passato l’anno prima a
comunione, che abitava a meno di cento passi dalla cappella, s’informò con
mastro Nino, il ciabattino che abitava sotto casa sua, cosa fosse il novilunio
e quando ne ebbe contezza, capì che ogni ventotto giorni era novilunio, cioè
non si vedeva la luna nel cielo e che la notte era del tutto buia e per le
strade non vi erano ombre. Quando mastro Nino lo informò che quella sera era
invece plenilunio e la notte era illuminata dall’intero satellite, Raffaele
calcolò che la notte completamente buia cadeva esattamente tra quattordici
giorni. L’attesa fu lunga, ed ogni notte il ragazzo sortì fuori di nascosto a
sbirciare sul sagrato nell’attesa che venisse fuori il monaco in armi pronto a
brandire una enorme spada di foggia medioevale. Era piena estate e faceva buio
tardi, considerato che non era periodo scolastico ma di vacanza, Raffaele si
attardava senza aver timore di doversi alzare presto al mattino. La sera del
novilunio, Il ragazzo cenò, poi guardò un po’ il televisore, si lavò i denti,
indossò il pigiama e, con la finestra socchiusa si mise a letto. Abitava al
piano terra Raffaele e, quando ebbe certezza che i suoi genitori si fossero
addormentati, sgattaiolò dalla finestra e camminando con passo felpato
addossato al muro, sbucò in un angolo del sagrato e attese gli eventi. Era
veramente buio, in cielo si avvertiva il tremolio delle stelle e si vedevano le
costellazioni dell’Orsa maggiore, di Cassiopea, Auriga, Castore e Polluce, Orsa
minore. La maestra di quinta elementare lo aveva reso edotto sulla volta
celeste, al buio lo spettacolo era davvero affascinante. Si sentì l’orologio
del campanile della Chiesa Madre battere la mezzanotte, poi il silenzio seguito
dal guaito di un cane che attraversava il sagrato, nessun demone e nessun
monaco ma, tutto d’un tratto si sentì battere violentemente sull’enorme portone
in quercia della chiesa, poi ancora il silenzio seguito da un fischio e ancora
il battere con violenza seguito ancora dal silenzio. Raffaele quasi si appiattì
sul muro, cominciò ad avere un pizzico di paura e sperò che la leggenda fosse
solo leggenda ma, si sentì per la terza volta il battere violento e fu allora
che il portone si spalancò e venne fuori un monaco con un saio bianco, non
aveva l’elmo ma una chioma fluente bianca come il latte, con in mano una grossa
spada di foggia medioevale. Il monaco alzò gli occhi al cielo, poi si segnò e
segnò con la spada una enorme croce sul sagrato, si sentì allora un grande
sibilo e l’aria puzzò di zolfo. Il monaco richiuse le due grandi ante del
portone e si avvicinò a Raffaele che, fortemente impaurito e con gli occhi fuori
dalle orbite tremava come foglia al vento.
- Non aver paura figliolo, sono circa ottocento anni che, approfittando delle tenebre, un demone cattivo vuole tentare quanti in questa cappella vengono a pregare. Io regolarmente impedisco al demone di entrare, segnando il sagrato con questa spada. Smettila di tremare, tu sei uno dei pochi bambini che hanno assistito a questo rito, ciò vuol dire che tu hai un cuore puro ed hai avuto tanto coraggio da affrontare la notte di novilunio. Io sono frate Eligio, sono ritornato dall’isola di Cipro, per difendere con questa spada datami dal Papa Gregorio X, proprio questo luogo che da sempre ha visto guerre, sangue, eccidi, soprusi.
Timidamente Raffaele, si scostò pian pianino dal muro e chiese:
- Ma scusate, quanti anni avete voi, e perché vi hanno visto così in pochi?
- Non aver paura figliolo, sono circa ottocento anni che, approfittando delle tenebre, un demone cattivo vuole tentare quanti in questa cappella vengono a pregare. Io regolarmente impedisco al demone di entrare, segnando il sagrato con questa spada. Smettila di tremare, tu sei uno dei pochi bambini che hanno assistito a questo rito, ciò vuol dire che tu hai un cuore puro ed hai avuto tanto coraggio da affrontare la notte di novilunio. Io sono frate Eligio, sono ritornato dall’isola di Cipro, per difendere con questa spada datami dal Papa Gregorio X, proprio questo luogo che da sempre ha visto guerre, sangue, eccidi, soprusi.
Timidamente Raffaele, si scostò pian pianino dal muro e chiese:
- Ma scusate, quanti anni avete voi, e perché vi hanno visto così in pochi?
-
Non
ricordo quanti anni ho, la difesa dei grandi valori non ha età, io sono
soltanto un simbolo ed i simboli sono eterni, come eterni sono l’amore, il
bene, la tolleranza, la speranza, il credo, la fede. Tutti possiamo essere
frate Eligio, basta credere nei grandi valori. Fra poco il campanile batterà un
solo colpo, esso segnerà la prima ora del nuovo giorno, io andrò a riporre ai
piedi dell’altare la mia spada e riprenderò il sonno che si interromperà
nuovamente fra ventotto giorni col cadere del prossimo novilunio. Ritorna
ancora una volta, il tuo cuore batterà meno velocemente, non avrai bisogno di
attaccarti al muro per farti coraggio, scacciato il demone, entrerai con me in
chiesa e ti mostrerò molti dei simboli che in essa sono stati posti dai miei
fratelli monaci della misericordia che l’hanno costruita con le vecchie pietre
del caravanserraglio.
Entrò in
chiesa il monaco in armi, si chiuse il portone e si risentirono i trilli dei
grilli e il frinire delle cicale. Raffaele scavalcò la finestra e si mise a
dormire.
Il mattino
seguente la mamma, ignara dell’avventura del figliolo, come sempre, lo svegliò che erano le dieci e lo ricoprì di
baci e di carezze.
- Su, poltrone, alzati, infilati in bagno, doccia, denti e pettinati, io ti preparo la colazione, poi di corsa in chiesa, oggi è domenica, hai un’ora e mezza prima che cominci la Santa Messa.
- Su, poltrone, alzati, infilati in bagno, doccia, denti e pettinati, io ti preparo la colazione, poi di corsa in chiesa, oggi è domenica, hai un’ora e mezza prima che cominci la Santa Messa.
Raffaele
si aggrappò al collo della madre, era un coccolone, la sbaciucchiò e chiese di
suo padre:
-
Dov’è
papà?
-
E’
andato dai nonni, li porterà in chiesa, poi tutti qua, pranzeremo assieme. Su, di corsa, ti ho preparato cosa
metterti, metto tutto sul lettino.
Raffaele si catapultò in bagno, poi
fece colazione e si vestì per recarsi in chiesa. Quando fu sul sagrato si
fermò, guardò il grande portone di quercia aperto a metà, chiuse gli occhi
cercando di ricordare anche i minimi particolari di quanto aveva visto la
notte. Entrò, c’era ancora poca gente tra i banchi, il ragazzo andò verso l’altare
dell’unica navata e cercò con gli occhi la spada che frate Eligio gli aveva
detto di deporre proprio lì. La spada c’era, ma era soltanto raffigurata nella
pietra, proprio ai piedi di quell’altare, ma dov’era il frate, dove riposava? E
se il suo fosse stato soltanto un sogno? Dubitò Raffaele, guardò in giro per
cercare quei simboli di cui il frate gli aveva accennato. L’arrivo del padre
con i nonni lo distolse, andò incontro a loro, li baciò e sedette in un banco
aspettando l’inizio della Santa Messa.
A fine pranzo Raffaele andò in
veranda col nonno e gli chiese della leggenda del monaco guerriero. Il nonno
precisò che si trattava solo di un racconto tramandato a voce che, nel tempo,
si era arricchito di particolari, in quanto ogni narratore, facendo suo il personaggio,
arricchiva il racconto con la propria fantasia. Quando gli descrisse il monaco,
dicendo che si chiamava Eligio, che aveva una chioma bianca come il latte e
fluente e che indossava un saio bianco, Raffaele precisò al nonno:
-
E
non portava nessun elmo!
-
Vero,
non portava elmo, ma tu come lo sai?
-
Così,
l’ho immaginato, magari ogni tanto non lo indossava.
Il nonno si fermò, guardò negli occhi il ragazzo e gli
chiese:
-
Tu
l’hai visto?
-
Si,
e tu?
-
L’ho
visto anch’io, avevo la tua età, mi alzai di notte nel novilunio e assistetti
al duello tra il monaco e un demone, il bene ebbe il sopravvento, ma scoprii
col tempo che se si vuole sempre avere il sopravvento sul male, bisogna amare
con tutte le forze il prossimo che ci sta attorno.
-
Nonno,
dove stanno e cosa sono i simboli di cui il monaco ha parlato?
-
Stanno
dentro di noi, nella cattedrale che pian piano ogni giorno costruiamo nel
nostro petto, essa rimarrà incompiuta come il Tempio di Salomone, non avrà
tetto, non basta una vita a realizzarlo per intero, ciò ci consente di vedere
le stelle, anche quando attorno a noi è tutto buio, proprio nel novilunio. E’
ancora presto perché io ti spieghi alcuni simboli, ognuno di essi esprime un
grande concetto, il tempo ti aiuterà a capire, ma tu non pensare mai di avere
ultimato il tuo apprendimento, esso non finisce mai, pure io che son vecchio
continuo incessantemente ad apprendere. Il monaco guerriero combatte da secoli
il male e, quando lo riterrà opportuno saprà incontrarti per svelarti i suoi
segreti e per rivelarti il significato dei simboli.
Raffaele non
parlò mai con nessun’altro del suo accaduto, tutti i noviluni scavalcò la
finestra ed attese che frate Eligio tracciasse con la spada una grande croce
sul sagrato, nell’attesa che il monaco lo invitasse ad entrare con lui per
indicargli i simboli e per spiegarglieli, ma il frate non lo invitò mai ad
entrare. Pian piano la voglia di sapere gli venne meno e, ormai giovanottone
quasi dimenticò del monaco del sagrato.
Una notte,
nel pieno del sonno, Raffaele si svegliò e senza saperselo spiegare si ritrovò,
come quando era bambino, addossato al muro all’angolo del sagrato, mentre frate
Eligio, spada in mano ed elmo calzato, menava colpi contro un essere dalle
forme mutevoli, una volta maiale, poi caprone, ancora lupo famelico e poi
ancora caprone, l’odore di zolfo invadeva la piazza e quando la grande spada
roteò a mulinello, cadde la testa del caprone sul selciato e cadde anche il
corpo che si trasformò in un mucchietto di cenere spazzata via da una folata di
vento. Frate Eligio si tolse l’elmo, e
cadde sulle sue spalle la nivea chioma, si segnò tre volte, poi segnò ancora
una grande croce sul sagrato e postosi davanti al portone spalancato disse a
Raffaele:
- Figliolo, c’è un tempo per tutte le
cose, ora sei un uomo, sei passato attraverso l’infanzia, l’adolescenza, la
giovinezza, ti appresti ad affrontare la vita con tutte le cose che potrà
riservarti, ora io ti spiegherò cos’è la libertà, la morale, la virtù, il vizio,
avrai tempo per penetrarne i significati, tutto il tempo che ti occorrerà. Ti
ho visto tutti i noviluni sulla piazza ad aspettare, poi ti sei stancato, non
hai avuto pazienza, ma i concetti che ti sto accennando vanno penetrati dagli
uomini affinché si migliorino, i ragazzi non li capirebbero, attratti come sono
dai giochi e dal tanto futile di cui sono circondati. Ora ti darò la mia spada,
ti segnerai e segnerai sul sagrato una grande croce, così come faccio io, poi
entreremo in chiesa e ti spiegherò il principio dell’amore.
Raffaele prese la spada, la impugnò,
si segnò e tracciò a terra una grande croce, poi varcò la soglia della chiesa
e, chiuso il portone frate Eligio gli spiegò il concetto che guida l’uomo nel
suo cammino di rettitudine:
- Raffaele, la più grande forza che
natura ci ha dato è l’amore, capace pure di far muovere le montagne, per
attuarlo e metterlo in pratica devi saper rispettare il pensiero degli altri,
anche se non lo condividi affatto, e morirai pur di far si che la persona di
cui non condividi il pensiero, possa sempre esprimerlo liberamente. Questa si
chiama tolleranza, da non confondere mai con la sopportazione che è soltanto un
concetto che non ti appartiene. Riponi la spada ai piedi dell’altare, io ho
bisogno di riprendere il mio sonno. Fa che il frate guerriero rimanga leggenda,
nessuno ti crederebbe, fai come ha fatto tuo nonno, conservami nel tuo cuore,
io sono stato solo un briciolo della volontà di Colui che tutto può, un umile
servitore!
La spada ritornò per incanto ad essere raffigurata sulla pietra ai piedi dell’altare, frate Eligio si dissolvette e la fiamma del cero acceso davanti all’altare tremolò e si allungò, quasi a testimoniare il saluto del monaco che andava via. Il grande portone si aprì appena per fare uscire Raffaele e le stelle in cielo brillarono fino all’aurora.
La spada ritornò per incanto ad essere raffigurata sulla pietra ai piedi dell’altare, frate Eligio si dissolvette e la fiamma del cero acceso davanti all’altare tremolò e si allungò, quasi a testimoniare il saluto del monaco che andava via. Il grande portone si aprì appena per fare uscire Raffaele e le stelle in cielo brillarono fino all’aurora.
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