martedì 11 aprile 2017

TAVOLINETTO PER DUE - Racconto breve - 12/aprile/2017







Mario Scamardo

I Racconti del Borgo

Tavolinetto per due


     Quando il campanile della chiesetta del Carmine batte le diciassette in punto, al “Tea room Frizzy”, il bar più alla moda del rione, Annarosa e Mimì varcano la soglia, siedono al tavolinetto vicino alla grande finestra che guarda sulla strada, posano le loro borsette su una panchetta sempre con la stessa ritualità, poi aspettano che il cameriere raccolga le loro richieste, standosene accorte a non ordinare la stessa porzione di torta del giorno prima e, quindi, chiedono il loro the con latte e  cannella. Per un’ora parlano sommessamente del loro parrucchiere, dell’estetista, della ragazza che cura le loro mani e della modista che allestisce per loro elegantissimi cappellini. Di fronte al loro tavolinetto, con regolarità, alla stessa ora, tranne il venerdì, il cavaliere Spinelli, quasi sempre solo e rigorosamente in doppiopetto blu, con una minuscola Y tatuata sul polso sinistro, dopo averle ossequiato come solo un gentiluomo sa fare, beve due caffè e li accompagna con due biscotti all’anice, poi raccoglie il suo bastoncino da passeggio, saluta con un inchino le due donne e nessuna altra persona, calza il suo Borsalino e si avvia al “Circolo dei Civili”. Consumato il rito del the, raccolgono le loro borsette Mimì ed Annarosa e, via per una lunga passeggiata in una arteria cittadina piena di vetrine illuminate sempre a giorno. Due donne bellissime, occhi neri, grandi e luminosi quelli di Mimì, un po’ più chiari quelli di Annarosa, sorrisi smaglianti e pieni di fascino. A vederle assieme gli uomini vengono colti da imbarazzo, difficile scegliere, ambedue sono belle e piene di fascino. Le due ragazze sono amiche da tanto, lavorano nello stesso Ente, non si sono mai nascosto nulla, neppure i tentativi di approccio dei tanti spasimanti. Loro a volte parlano solo con gli occhi o con piccoli gesti, ed essendo ambedue da tanto tempo a contatto col pubblico, hanno sviluppato ed affinato un grande intuito. Un venerdì pomeriggio, proprio perché il cavaliere Spinelli disertava il bar, Annarosa chiese a Mimì se del cavaliere conoscesse più di quanto non sapessero assieme. Mimì inarcò le sopracciglia e accennò un sorriso:
- Cosa vuoi che sappia più di quanto non conosciamo già.
- Abita di fronte casa tua, in quell’attico meraviglioso da cui si vede il mare.
- Io, tranne la donna di servizio, non ho mai visto anima viva in quella casa, tranne, una volta ogni morte di papa, la sorella nubile, più grande di lui di almeno dieci anni che abita all’altro capo della città, quasi vicino al cimitero.
- Mimì, quando io andavo in prima elementare, lui era in quinta, anno più, anno meno, dovrebbe avere cinquant’anni.
- Si, domani controllo la sua data di nascita in ufficio.
- Mi sono sempre chiesta perché i venerdì rinuncia al the, ma soprattutto dove va, chi va a trovare?
- Andrà dalla sorella, avrà un’amante segreta, osserva il digiuno totale proprio il venerdì, ma perché ce lo chiediamo?
- Non è che stiamo diventando un po’ pettegole?....
Mimì sorrise, bevve ancora un sorso di the e guardò dalla grande finestra il transitare di un autobus stracolmo di persone:
- Annarosa, io ero grandicella, in età da ginnasio, e Lorenzo, così si chiama il cavaliere, a fine liceo, aveva delle attenzioni per me, passando davanti casa mia mi salutava, sorrideva, e poi sembrava mi carezzasse con gli occhi. Io ricambiavo con un sorriso e lui andava via lesto, scomparendo dietro l’angolo.
- E poi?
-E poi nulla, una mattina non lo vidi più passare e, chiedendo, qualcuno mi disse che si era trasferito in Svizzera, a Ginevra, per frequentare l’Università. E’ tornato nella casa che fu dei suoi genitori solo due anni addietro.
- Meno male che non sapevi nulla del cavaliere!
- Quello che so è tutto qui!
- Dobbiamo scoprire cosa fa o dove va il venerdì!
Mimì sorrise ancora una volta:
- Altrimenti ci coglierà l’insonnia!... Dobbiamo per forza comportarci da pettegole?... e sia!
Dal giorno successivo le due amiche organizzarono i loro venerdì, appuntamento non più alle 16.40 ma alle 16.00 e proprio davanti l’abitazione di Annarosa, passeggiata lentissima, senza perdere di vista il portone da dove sarebbe sortito Lorenzo Spinelli, anche perché sarebbe potuta entrare una donna che avrebbe potuto avere accesso a quell’attico da favola. Il primo venerdì passeggiarono in quel tratto di strada fino alle 18.00, ma nessuno varcò la soglia di quel portone né per entrare e neppure per uscire.
- Mimì, io penso che il cavaliere passi tutta la giornata fuori, forse va via di mattina e rientra dopo cena, oppure va via il giovedì sera.
- Lui parcheggia la sua auto nello stesso garage dove parcheggio io, giriamo l’angolo e controlliamo se la sua auto c’è.
Le due ragazze fecero ancora duecento metri, arrivarono al garage e Mimì con la scusa di prendere dalla macchina qualcosa, diede uno sguardo in giro, la Mercedes del cavaliere era parcheggiata, ed il cofano era freddo.
- Annarosa, o qualcuno lo preleva in macchina o l’ipotetica amante lo va a trovare a casa, e come ragione comanda, entra ed esce ad orari in cui nessuno può notarla.
- Mimì, ma esiste davvero questa amante?
- Scusami, ma se non ha un’amante, allora perché si assenta tutti i venerdì?
- E se andasse da sua sorella?
- A piedi è lontano, la sorella non l’ho mai vista guidare, altrimenti, quelle rarissime volte che viene, avrebbe parcheggiato in garage. Annarosa, da casa mia si vedono tutte le grandi vetrate dell’attico…
- Capito, per una settimana di fila verrò a cena a casa tua e osserveremo attentamente i movimenti all’interno di casa sua, nella speranza di scoprire qualcosa.
          Annarosa salutò Mimì, guardò l’orologio e si incamminò verso la piazza. Il mattino seguente le due ragazze si incontrarono sulla soglia del portone centrale dell’Ente in cui lavoravano, scoppiarono a ridere pensando al da fare che s’erano date la sera precedente e, per rimediare al fatto che non erano andate a consumare il loro the e la loro fetta di torta, si diedero appuntamento al bar per la pausa caffè.
          Mimì arrivò per prima nella saletta del bar dell’ufficio, si guardò attorno, solo il portinaio dell’Ente in compagnia di Giulio, il cameriere del Circolo dei Civili frequentato dal cavaliere Spinelli. Giulio era un personaggio in quel rione, lo conoscevano tutti e tutti gli affidavano piccoli servigi, ricompensati con qualche regalia, una raccomandata all’ufficio postale, i sigari dal tabaccaio, il pane dal fornaio e, talvolta il biglietto di uno spasimante all’amata o viceversa.
All’arrivo di Annarosa, Mimì la prese subito sottobraccio e le fece notare la presenza di Giulio, poi sedettero ad un tavolinetto ed ordinarono un cornetto alla crema di pistacchio tagliato in due e due caffè.
- Mimì, e Giulio?....
- Non parlare che la sala è piccola, appena usciamo ti dico cosa mi sta passando per la mente, godiamoci il nostro cornetto ed il caffè, poi, sul terrazzo, mentre ci fumiamo la nostra sigaretta parleremo di Giulio.
           Giulio aveva un cognome, si chiamava Bologna, e come tutti i trovatelli aveva un nome di città che le suore, venticinque anni prima, gli avevano dato quando lo ricevettero neonato attraverso la “rota degli esposti”.
          Consumarono il loro caffè le due ragazze, passarono dalla cassa e si diressero in terrazzo per accendere una sigaretta.
- Annarosa, amica mia, Giulio è il cameriere del Circolo dei Civili, lui conosce gli intrighi di tutta la cittadina, vuoi che non sappia anche quelli del nostro amato cavaliere?
- Mimì, Giulio è disposto a tradire i piccoli segreti dei suoi “clienti”?....
- Scusami, siamo ancora avvenenti? ….Giulio vive di piccoli servigi, ma non è scemo!
- Tu cosa vorresti fare, andare a cena con Giulio?
          Le due ragazze scoppiarono in una risata fino alle lacrime, poi Annarosa:
- Mimì, lo contattiamo per un paio di commissioni; che so, tu lo mandi a ritirare a casa mia un oggetto, io lo manderò a casa tua per portarti l’ultimo libro che ho comprato, bene avvolto in carta da regalo, ognuna di noi lo ringrazia con una banconota da 20 euro  e…. chiederemo qualche notizia sul cavaliere, gli regaleremo qualche sorriso e vedrai che, sui venerdì di Lorenzo Spinelli, verremo a capo anche di notizie che non ci servono.
           Stranamente, sabato, Lorenzo Spinelli disertò il suo appuntamento con le due tazzine di caffè e i biscotti all’anice al “Tea room Frizzy”. Domenica non si presentò neppure! Strano, molto strano, il cavaliere era un metodico, doveva essere fuori, oppure stava a letto ammalato. Mimì e Annarosa passeggiarono tanto davanti al Circolo dei Civili, fino a quando non incrociarono Giulio che tornava dall’edicola con una rivista per uno dei soci del circolo. Annarosa, fece un gesto con una mano, poi lo chiamò:
- Signor Giulio…
          L’uomo si fermò:
- Mi ha chiamato, signorina?...
- Si, desideravo chiederle una cortesia; domani, dopo pranzo la mia amica, la signorina Mimì, deve mandarmi un pacchetto a casa, lei sa dove abito, essendo impossibilitata ad uscire di casa, lo affiderebbe a lei per farmelo recapitare.
- Certo, signorina, conosco dove abita, e so do abita la sua amica, proprio di fronte alla casa del Cavaliere Spinelli.
- Giusto! Allora quando vuole mi suoni il campanello, io le aprirò il portone e le consegnerò il pacchetto, magari lei concilierà questa piccola cortesia con un servigio che farà al Cavaliere….
- No, signorina, il Cavaliere non si vede da tre giorni, sono tre giorni che non gli faccio la spesa, sarà andato, come tutti i venerdì al convento dei domenicani a San Martino, ma lì rimane soltanto fino al vespero, poi ritorna a piedi per fare penitenza.
- Scusi, Giulio, perché il cavaliere fa questa penitenza, cosa deve farsi perdonare?
          Giulio si portò la mano alla bocca:
- Mi è scappato, non avrei dovuto dirlo!
- Noi non siamo curiose, io proprio no, tu sei curiosa Mimì?
- Per nulla!... però questa penitenza che gli è imposta mi ha reso irrequieta! … Annarosa, e a te?
- Non pensiamoci!... Signor Giulio, noi andiamo via, la mia amica l’aspetta domani dopo pranzo.
          Le due ragazze si avviarono a passo lento verso la piazza, attesero che Giulio imboccasse l’uscio del circolo, poi Annarosa:
-  Mimì, vedi tu il cavaliere che vita complicata che si ritrova…
-  E noi che pensavamo ad una amante segreta, ai suoi segreti amorosi, invece te lo ritrovi che si reca di venerdì a far penitenza e magari il digiuno dai frati benedettini!
- Mimì, che abbia un grosso peso sulla coscienza?
- Annarosa, domani appena arriva Giulio per ritirare il pacchetto, che gli consegnerò assieme alla regalia di 20 Euro, saprò io come farmi dire almeno una parte del mistero che circonda Lorenzo Spinelli, lasciami tirare fuori uno dei miei sorrisi misti a commozione e vedrai che qualcosa verrà fuori. Intanto se stasera vieni dopo cena, ci ammiriamo dalla mia cucina le grandi finestre illuminate dell’attico del cavaliere. Ti aspetto, ti faccio trovare dei croccanti con la panna.
     Le due ragazze si separarono per rivedersi dopo cena a casa di Mimì. A casa, l’ultima scatola di cioccolatini ricevuta il giorno prima, diede l’idea a Mimì per confezionare il pacchetto da mandare con Giulio l’indomani. Ad Annarosa piacevano molto i cioccolatini, specie se erano dei Baci Perugina, ma bisognava cambiare la carta e conservare il segreto con l’amica.
          Dopo cena, le luci della cucina di Mimì si spensero, accanto al balcone che guardava l’attico del palazzo di fronte due comode poltrone e, su una sedia, un vassoietto con dei croccanti ricoperti di panna. Si vedeva pochissimo, ma con una cadenza regolare, si vedevano le ombre di una coppia che ballava sulla enorme tenda ad una vetrata, poi scompariva per riapparire nuovamente ad intervalli regolari. Fu facile per le due ragazze capire che erano le sagome di una coppia di figurine da carillon. Nessun movimento, nessun’altra ombra, nessuna luce che si spegnesse o si accendesse, ed intanto il vassoietto dei croccantini alla panna era ripulito del tutto. Le ragazze si alzarono, sistemarono alla meglio le poltrone e accesero la luce. Annarosa, con un pizzico di delusione:
- Mimì, ci è andata buca!
- Annarosa, di questo passo, un croccantino dietro l’altro, un cioccolatino dopo l’altro, la bilancia appena ci vede fugge via!
          Annarosa raccolse la sua borsetta ed il suo soprabito e scese le scale per recarsi all’automobile posteggiata davanti il portone.
          Alle tre del pomeriggio dell’indomani, Giulio va a ritirare il pacchetto da consegnare ad Annarosa. Si intrattiene sul pianerottolo con Mimì per più di un quarto d’ora, intasca la banconota e prima di andar via:
- Signorina, la prego, però non se lo lasci scappare, è il quinto giorno che il cavaliere non mi chiama, non viene al circolo e non fa la spesa. Giovedì scorso l’ho accompagnato in banca, credo abbia prelevato una grossa somma, in più ha ritirato il contenuto di una cassetta di sicurezza, mi ha detto che erano documenti riguardanti le sue proprietà e quelle della sorella, io invece credo fossero i gioielli di famiglia. Due ore dopo si è recato al convento e da quel momento non l’ho più visto.
          Giulio si girò su se stesso e a capo chino inforcò le scale ed uscì per strada.
          Alle diciassette in punto, proprio quando il campanile della chiesetta del Carmine batté le ore, Annarosa e Mimì sedettero al solito tavolinetto, ordinarono the e torta al limone e disquisirono sul racconto di Giulio. Ambedue, guardando dalla grande finestra, si accorsero che Giulio, aveva le borse della spesa e un pacchetto confezionato da una farmacia. Si guardò attorno, poi prese la direzione della casa del cavaliere. Le due ragazze pagarono in fretta il conto, poi si misero sulle tracce di Giulio e, tenendosi a debita distanza lo seguirono fino all’androne del palazzo del cavaliere. Attesero un bel po’ prima di vedere uscire dal portone Giulio che si recò in garage, si avvicinò alla Mercedes, aprì il cofano e prelevò un pacchetto incartato della grandezza di una scatola di scarpe da uomo; richiuse il cofano e si incamminò verso il centro. Le due ragazze capirono poco, ma ebbero la certezza che il cavaliere era a casa, forse in compagnia o forse da solo, le bamboline dei carillon, finita la carica si fermano, per ripartire qualcuno deve ridare la carica!
          Il pomeriggio seguente, prima di accedere alla ritualità del the pomeridiano al “Tea room Fritzy”, Mimì e Annarosa bloccarono Giulio davanti al circolo, Annarosa:
- Scusi, Giulio, solo una domanda.
- Prego signorina.
- Ascolti, non le chiederemo nulla, ma una risposta può darcela, chi dà la carica al carillon di casa Spinelli?
          Giulio divenne serissimo, i suoi occhi si velarono di commozione, poi guardò fisso negli occhi prima Mimì, poi Annarosa, quasi balbettando:
- Come l’avete scoperto…. solo io la vedo tutti giorni, io e il cavaliere….. è mia madre!... si, mia madre, la cameriera di casa Spinelli che si era innamorata perdutamente del cavalier Lorenzo, si, mio padre…. che per ordine di sua madre, quando venni al mondo, mi portò di notte alla “rota degli esposti”, allora divenni trovatello e mi imposero il nome della prima città che venne in mente alla madre superiora, Bologna. Morì mia nonna che mi vide vivere negli stenti, quasi godeva a veder soffrire mia madre perché ero senza le scarpe, io per lei rimasi il frutto del peccato e, soprattutto, la loro vergogna! Alla sua morte, il cavaliere, in confessione con l’Abate benedettino, si impegnò ad espiare il suo peccato, riprese a casa mia madre ed osservò il digiuno e la meditazione per tutti i venerdì della sua vita. Mia madre, quasi perse il senno, ha appena cinquant’anni, è una donna bellissima, Il cavaliere vuole portarla via con se in Ungheria, proprio la terra di sua madre,  la contessa Anasztázia  Farkas e ricominciare con lei una vita. Il carillon fu l’unico regalo che mia madre ricevette da mio padre quando si accorse di aspettare un bambino, la musica le ricorda i momenti più belli, a intervalli regolari gli da la carica e fa ballare la coppietta di figurine.
          Annarosa e Mimì non ebbero parole, quel racconto-confessione di Giulio le aveva ammutolite e, quasi, si vergognavano di avere indagato su un piccolo grande dramma.
- Signorine, debbo chiedervi solo una cortesia, quella di rispettare la consegna del silenzio fino a domani al vespero, il tempo giusto di consumare il vostro the e l’aereo, alle 18.00 in punto si solleverà da terra per raggiungere Budapest, due ore dopo un amore contrastato ritroverà la luce che meritava. Io rimarrò qui, continuerò ad essere Giulio, il cameriere del Circolo dei Civili, mi adopererò in piccoli servigi, curerò l’attico ed attenderò che mi si dica di andare a trovarli e, senza pregiudizio alcuno, potere caricarmi del loro calore.
          Giulio sbottonò il polsino sinistro della sua camicia, tirò un po’ su la manica e mostrò alle due donne la sua Y tatuata sul polso sinistro, si, come suo padre!
          Annarosa e Mimì, che erano due persone perbene, furono colte da commozione e le loro guance furono solcate da copiose lacrime, senza che ciò sminuisse lo splendore dei loro occhi e i loro smaglianti sorrisi. Mimì, timidamente si avvicinò a Giulio, prese la sua mano, la strinse fortemente, poi:
- Scusaci, buona fortuna e… che Dio ti assista e ti renda giustizia….
          Annarosa non parlò, ma i suoi occhi parlarono per lei, poi:
- Mimì, quasi mi vergogno per avere indagato sulla vita privata del cavaliere, ma soprattutto su quella di Giulio. Non ce ne siamo rese conto, ci stavamo facendo prendere la mano e, come novelle Poirot abbiamo indagato, o, forse, abbiamo esagerato nell'essere pettegole.

 Il giorno seguente, alle cinque, al “Tea Room Frizzy”, le due ragazze sedettero al solito tavolinetto e notarono che al tavolino dove sedeva il cavaliere c’era una coppia di fidanzatini, mai visti prima, che consumavano due caffè e dei biscotti all’anice….



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