giovedì 18 luglio 2013

AMORI DIFFICILI - LA SPRETATA (Racconto breve)





Mario Scamardo

“La spretata”


   Aveva venticinque anni quando Maddalena venne sorpresa tra le braccia di un giovane sacerdote, nella sacrestia della chiesa della Mercede. Due “santocchie” entrate innocentemente per parlare col parroco, così raccontavano loro stesse a quanti glielo chiedevano, si erano scandalizzate nel vedere Maddalena assatanata, avvinghiata al sant’uomo che tentava di divincolarsi senza riuscirvi. In verità, la storia tra il prete e Maddalena durava da un bel po’, era a conoscenza di tutti e, le “donne di chiesa” avevano programmato da tempo la sortita, per porre fine allo scandalo. Le due “santocchie” si erano attardate in un angolo della navata laterale, dietro la colonna, aspettando che il parroco, dopo aver serrato il portone centrale, si recasse in sacrestia dove c’era ad aspettarlo Maddalena. Fu scandalo, e la ragazza non tornò a casa, il suo amante la fece ospitare da una vecchia signora che abitava un casolare in periferia.


 La Curia determinò il suo trasferimento in altra sede, ma una settimana dopo don Giulio lasciò l’abito talare e si cercò un lavoro in città presso una casa editrice come correttore di bozze. Maddalena e Giulio vissero una vita di stenti, cambiarono quartiere tutte le volte che venne fuori la loro storia e la giovane donna non chiese mai di essere sposata, come Giulio non glielo propose mai.  Al suo paesino d’origine la chiamarono “la spretata”, e i componenti della sua famiglia, che non volle saperne più nulla di lei, furono per sempre il padre della spretata,  la sorella della spretata, il cognato della spretata. Maddalena, aveva fatto la scuola dell’obbligo e quando stava per terminare il liceo, si vide gli occhi addosso del suo insegnante di religione don Giulio, un bell’uomo, giovane atletico, col fascino della parola e lei non fece nulla per evitate che iniziasse una storia apparentemente anomala per i canoni di quella comunità. Maddalena ad onta della sua cultura, non si era mai posta il problema di regolarizzare la sua posizione e non s’era chiesta mai perché a Giulio, ex prete, non gli importava nulla di vivere nel peccato. Sperò la ragazza di rimanere incinta, un bambino avrebbe costretto lui a porsi il problema, ma sarebbe stato anche il mezzo per tentare una riappacificazione con la sua famiglia, non parlò mai del suo dolore per il distacco dagli affetti più cari, ma sperò tanto che il miracolo della riappacificazione potesse accadere. Niente di tutto ciò avvenne, e la vita alquanto grama dei due, nel tempo sembrò fare affievolire il sentimento che li legava.
     Maddalena non riusciva a trovare un lavoro, Giulio stentava tra le bozze da correggere e qualche lezione di latino a qualche studente di liceo. La donna si immerse nella lettura e divorò tutti i libri che il compagno si portava dietro nei loro traslochi, leggere non la faceva pensare e le dava modo di non farsi impadronire dal magone che spesso le stringeva la gola.
     Quando i primi fili argentati comparirono sulle sue tempie, la donna bellissima e avvenente, guardandosi allo specchio scoppiò in pianto, erano passati dieci anni dalla sua fuga, l’unico svago una lettura, qualche passeggiata a tarda sera lungo il litorale, barcamenarsi tra i banchi di un mercato per fare la spesa,  una gita di tre giorni in pullman in Calabria, poi casa e … casa! Così era passato il tempo. La grande passione era svanita al sopraggiungere delle prime difficoltà, l’amore persisteva, ma ogni giorno si attenuava come la fiamma di una lampada dove stava per consumarsi l’olio.


     Giulio un pomeriggio rientrò dal lavoro accigliato, sedette su una seggiola con i gomiti sul tavolo e la testa tra le mani, quando Maddalena gli chiese qualcosa, scoppiò in un pianto dirotto e cominciò a farfugliare dandosi del meschino, dell’infame, del malvagio, dell’incosciente. La donna non capì, ma più cercava di venire a capo di quel pianto, più lui imprecava contro se stesso, fino al punto di schiaffeggiarsi e quando lei lo prese per le braccia, Giulio cadde in ginocchio e chiese di essere perdonato: - Ho rovinato la tua vita ed anche la mia, ti ho tolta dalla tua famiglia, ti ho ammantata di disonore, ti ho resa un automa,  un giocattolo, ti ho fatto vergognare e traslocare perché tu non sentissi il peso delle critiche e dei commenti della gente. Ho calpestato la mia fede, ho vissuto nel peccato, non ti ho donato la famiglia che sognavi, per egoismo ti ho negato la maternità, sesso su sesso ho dato sfogo alla mia passione senza curarmi di te, senza tener conto che hai un’anima, una mente, una dignità, dei desideri, accecato dalla passione, sei stata soltanto un oggetto, eppure ti ho amato e ti amo ancora. Se puoi perdonami, ma non voglio che sia un atto di pietà, non la merito, altrimenti, io non ne ho il coraggio perché sono un vigliacco, uccidimi!  Un momento di silenzio, poi i suoi singhiozzi e, attaccato alle ginocchia di Maddalena, sperò in una parola.
     Maddalena rimase immobile, labbra serrate, occhi fissi su una parete e le sue mani  attorno ai polsi dell’uomo, i due sembravano un gruppo marmoreo. La donna  lasciò i polsi di Giulio, si recò in camera da letto, aprì l’armadio e tirò fuori una cruccia con la tunica che aveva conservato gelosamente e la depose sul tavolo. Aspettò che l’uomo si alzasse e si rifiutò di cogliere la meraviglia sul suo volto, poi sedette: - Tu sei ancora un prete, non hai contratto matrimonio, non sei diventato genitore. Io ho amato un sacerdote, bello, aitante, che ha saputo conquistarmi quando ero ancora una ragazzina. Per questo amore ho sfidato il mondo, la mia famiglia, la società in cui ho vissuto. Ho vissuto nel silenzio, prigioniera dei miei sentimenti e dei miei errori, consapevole che stavo combattendo una lotta impari, ho sfidato Dio! Sono stata convinta nel tempo che sarei ritornata ad essere una donna normale, con una nuova famiglia ma vera,  che avrei sposato l’uomo dei miei sogni a cui avevo regalato la mia innocenza. Don Giulio, tu sei rimasto un prete, non devo perdonarti nulla, sono io che ho voluto tutto ciò, avrei potuto ribellarmi e non l’ho fatto, mi sono incatenata ad una roccia come Prometeo, ho lasciato che gli eventi mi dilaniassero le viscere, e in quest’eterno dolore mi sono illusa di espiare i miei peccati. Questa è la tua tunica, quella che ti strappavo di dosso quando la passione si impadroniva di noi, non l’ho mai messa via, sapevo che un giorno o l’altro ti sarebbe servita, e più il tempo passava, più me ne convincevo. Rindossala, nel mio comodino ho conservato il tuo collare bianco, ci troverai il breviario e un rosario, oltre ai libri, è quello che ti sei portato dietro. Giulio stava per interromperla ma Maddalena continuò – No Giulio, non parlare, sono circa dieci anni che non mi cimento in un discorso serio. Vedi, ti ho amato alla follia, fino al punto di convincermi che ogni minuto fosse troppo breve, non ho mai commentato una decisione, un gesto, un discorso, una scelta. Oggi ho assistito alla scena madre di un dramma, la fine di un amore, la presa di coscienza di un uomo tormentato dai rimorsi. Io non devo perdonarti, servirebbe a persistere per qualche giorno ancora nel limbo in cui ci troviamo, a che servirebbe se non a continuare a soffrire! Tu troverai il tuo perdono, un vescovo compiacente al quale ti presenterai col capo coperto di cenere, ti poggerà una mano sulla spalla e ti ordinerà l’internamento per un periodo in un monastero o dentro le fiabesche stanze della stessa Curia, poi, espiata la colpa, riavrai una chiesetta, ritornerai a fare il pastore di anime e, magari, avrai una promozione, diventerai arciprete. Io, il perdono non lo avrò mai o, forse, coglierò quello dei miei genitori che non esterneranno mai, succubi dei pregiudizi e dei loro falsi orgogli, ma tanto mi basterà. Vedi Giulio, le mie tempie sono ricamate dai fili d’argento, il tempo è inclemente, lascia i suoi segni come un gatto che marca il suo territorio, ricordi i miei capelli color mogano? Ora non son più tali! Singhiozzò Maddalena, il silenzio pervase la stanza, poi riprese: - Lascerò questa casa, non ho un lavoro, ma son sicura di trovarlo, basterà a farmi vivere. Tu ora andrai via, uscirai da quella porta, il tempo è scaduto Giulio! L’uomo a testa bassa capì, Maddalena che era stata per tanto tempo la gattina innamorata, si era rivelata una donna diversa, una montagna di cultura e di razionalità, poi a mezze labbra:- Tu che farai?


 La donna si alzò dalla sedia, le porse la tunica, si recò a prendere il rosario, il colletto e il breviario e ponendoli nelle mani dell’uomo:- Io voglio rimanere quella che sono, la spretata! Così mi hanno chiamato dal giorno in cui sono fuggita via con te, Giulio, la spretata! Prese per un braccio l’uomo e lo accompagnò alla porta, sull’uscio si alzò sulla punta dei piedi e lo baciò sulla guancia: - Addio  don Giulio, Cristo regni!
     L’uomo attraversò la strada, ebbe un attimo di esitazione e stava per girarsi, ma poi svoltò l’angolo. Maddalena chiuse la porta e, come liberatasi da grossi macigni, sprofondò in una poltrona addormentandosi.


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2 commenti:

  1. Bellissimo racconto, include un grande dilemma e la forza di una donna, incapace di vivere un esistenza accompagnata dal rimorso, le scelte fatte se ponderate, fanno anche la felicità dell'essere.. mi piace l'atmosfera e i dialoghi, sono al pari delle immagini che ci hai regalato.

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  2. Una storiella bella, inedita nel suo genere e scorrevole nella lettura. Ti ritrovi a leggerla tutta d'un fiato senza accorgerti che hai quasi terminato. Storia d'altri tempi, colma di passione, di sacrifici, di privazioni dove i due soggetti, si immolano per l'amore, anche se col tempo, il senzo di colpa lo fa affievolire, consapevoli che hanno trascorso una vita priva di quella realtà familiare che penzavano di realizzare.Complimenti a Mario, per questi brevi e meravigliosi racconti che, tra l'altro, ci permettono di rilassarci durante la continua navigazione su internet.

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