Mario
Scamardo
I Racconti del Borgo
Scacco
alla Regina
Il grande salotto era vuoto, le finestre spalancate lasciavano che una
corrente d’aria permettesse al grande lampadario di dondolare e di far sentire
il cigolio della catena. Su un tavolo, in quattro avevano giocato a canasta, i
posacenere colmi, mozziconi di sigarette unti di rossetto e mezzi sigari
consumati, su un altro tavolo, almeno in quattro avevano giocato a poker,
alcune signore, accomodate sui divani, avevano fatto quattro chiacchere ed
avevano consumato una serie interminabile di cioccolatini. Nel giardino una
gran confusione, quattro capannelli e una ambulanza che andava via con sopra l’ingegnere
Arturo Fais, il padrone di casa, con la spalla trapassata da un proiettile,
cinquant’anni compiuti appena una settimana prima. La moglie Annarita era
sostenuta da un’amica di famiglia, Gemma, insegnante di matematica in un liceo
della cittadina, mentre il commissario di polizia Parelli ed un agente
interrogavano gli ospiti e appuntavano su dei notes. Tutta la casa era sotto lo
sguardo vigile dei poliziotti e non era permesso ad alcuno di entrare. Quando Annarita Fais ebbe contezza che il
marito era fuori pericolo e che l’arma con cui era stato sparato il colpo era
una pistola di piccolo calibro, entrò in casa col commissario, assieme a tutti
gli ospiti, e tutti vennero invitati a ripigliare il posto che occupavano al
momento dello sparo, sei uomini e otto donne, due signore e due signori al
tavolo di poker, uno era Arturo Fais; tre signore ed un signore al tavolo di
canasta, un signore in piedi al tavolo di canasta, tre signore dialogavano
sedute comodamente sui divani, in piedi accanto al camino due signori. L’unica
donna di servizio, al momento dello sparo era fuori in giardino a preparare un buffet.
Il commissario pregò tutti di rimanere ai loro posti e di rispondere alle
domande.
-
Signora
Fais, lei giocava a canasta e suo marito, al tavolo di poker, le stava proprio
di fronte al momento dello sparo.
-
Si,
proprio così, impegnata dal gioco, non mi sono accorta di nulla.
-
Alle
spalle di suo marito c’è la porta che introduce nel corridoio, qualcuno ha
aperto la porta?
-
Nessuno!
Tutti eravamo in questa stanza.
Tutti fecero cenno di
no col capo.
-
Nessuno
di voi prima dello sparo si è alzato, nessuno è uscito dalla stanza per un
motivo qualsiasi?
La risposta fu corale:
-
Nessuno,
non ci siamo allontanati, siamo accorsi e poi….
Tutti gli ospiti negarono di possedere un’arma di quel tipo.
La signora Fais si alzò, si avvicinò ad un mobile posto in un angolo, tirò un
cassetto e prelevò proprio una Colt col manico in madreperla.
-
Commissario,
questa è di mio marito, l’ha sempre tenuta in questo cassetto.
Il commissario la prese tra le mani, l’annusò e storse le labbra:
-
E’
questa l’arma del delitto, odora ancora di polvere.
Girò il tamburo, poi l’aprì, una sola cartuccia, chi aveva
caricato l’arma aveva inserito un solo proiettile. Chi ha sparato, se voleva
avere la certezza di uccidere con un’arma di piccolo calibro l’avrebbe caricato
con sei colpi.
Il commissario Parelli riportò tutti in giardino ed impose a
tutti di non allontanarsi. Rientrò in casa in compagnia di un agente e ritornò
nel salotto a studiare la scena del crimine. Prese posto sulla sedia dove stava
il Fais e notò che, se qualcuno avesse sparato dalla finestra che era alle
spalle della sedia dove stava seduta la moglie, avrebbe potuto colpire la
vittima, ma il foro d’entrata era alla schiena, quindi, soltanto dalla porta
che immette nel corridoio poteva essere stato sparato. Aprì la porta, percorse
il corridoio, in controluce non riuscì a notare sul pavimento, tirato a lucido,
nemmeno un’orma, non un segnale o qualcosa che destasse un sospetto. Arrivò in
fondo, un disimpegno e poi l’uscita posteriore che dava in giardino. Ritornò in
salotto e ammirò su un tavolinetto una bella scacchiera in giada con tuti i
pezzi al loro posto.
L’unica persona che non si trovava nel salotto era la
cameriera. L’ingegnere Fais dirigeva la sua piccola azienda che produceva
piastrelle, utili modesti, senza debiti, quindici tra impiegati ed operai, mai
un disguido, cordiale con tutti e molto benvoluto. Nessuno dei presenti aveva
interessi in comune con lui. La vita privata, solo lavoro e famiglia, senza
figli, soltanto l’hobby del biliardo, era un provetto giocatore di carambola e
nel salone d’ingresso aveva fatto sistemare un tavolo ed una rastrelliera con
le stecche. La moglie, laureata in lettere, non aveva mai insegnato, due o tre
giorni la settimana, in mattinata, passava dal marito in azienda, un paio
d’ore, poi in giro per la città. Amiche poche, che riceveva per una partita a
canasta, due chiacchere e una cena fredda in giardino o una cena in sala da
pranzo. Nessun hobby, o se si vuole considerare tale, la frequenza quasi
assidua nel primo pomeriggio di un circolo culturale dall’altro lato della
città. Un movente? Non c’era! Mai una lite, un dissapore o qualcosa
d’importante che lasciasse pensare a sentimenti negativi. Stranamente la donna di servizio era
distaccata, non aveva battuto ciglio, aveva ascoltato, sembrava che per lei in
quella casa non fosse accaduto nulla! Tutti avevano un alibi, nessuno aveva un
movente; tutti mentitori o tutti bravi attori?
Fece accomodare la cameriera in salotto, dopo averle fatto
ripetere che al momento dello sparo si trovava fuori in giardino, chiese se
conoscesse tutti gli invitati di quel pomeriggio.
-
L’unica
che conosco è la signora Gemma, gli altri non li avevo mai visti, lei c’è
sempre, gli ospiti cambiano quasi ogni volta, due volte la settimana i signori
vanno a casa di altre persone ed il rituale è sempre uguale, carte,
pettegolezzi tra le signore e posaceneri colmi di mozziconi con un orribile
puzzo di sigari per casa.
La donna si avvicinò alla scacchiera, colse un filo di
polvere sul tavolino dove faceva bella mostra e lo tolse con un panno che
portava nella tasca del grembiule.
-
Signorina,
chi gioca a scacchi in questa casa?
-
Nessuno,
la scacchiera è un pezzo bellissimo di arredamento, io so giocare a scacchi,
sin da bambina ho imparato da mio padre che insisteva col ripetermi che la
migliore difesa è l’attacco!
-
Già, è proprio così, ma ritorniamo alla
signora Gemma, mi ha detto che lei è sempre presente, è nubile, non ha né
marito né fidanzato, neppure un accompagnatore. Quindi lei frequenta spesso
questa casa?
-
Si,
signore, tutti i giorni la signora Gemma si vede con la signora Annarita, molti
pomeriggi viene, si mettono in macchina e mancano fino a ora di cena, fino al ritorno
dell’ingegnere. Un pomeriggio del mio giorno libero mi trovavo all’altro capo
della città quando vidi uscire dall’hotel Experius la signora Annarita in
compagnia di un signore distinto, lui l’accompagnò all’auto, le chiuse la
portiera e rientrò in albergo, non ho capito chi fosse, forse un parente, un
conoscente.
-
Forse
un’amante?
La ragazza alzò le spalle e le arcate sopracciliari, non
disse nulla.
-
Scusi
signorina, lei sapeva dell’esistenza di una pistola nel cassetto del mobile
accanto a lei?
-
Si,
signore, l’ingegnere diceva che era un pezzo da collezione, l’impugnatura
d’avorio la rendeva preziosa, ma non ho mai notato cartucce in questo cassetto,
l’ho pulito decine di volte, mai un proiettile.
-
Bene
signorina, grazie, ho notato in fondo al corridoio che da sul retro del
giardino un paio di scarpe da donna nere di serpente, sa di chi sono?
-
Sono
della signora, ma lei non lascia mai le sue scarpe in giro, le ripone sempre
ordinate nella scarpiera.
-
Le
pigli e le conservi in un posto sicuro, non le tiri fuori, se avrò bisogno
gliele chiederò. Ora vado in ospedale, all’ingegnere Fais è stata estratta la
pallottola, non ha leso organi vitali, è vivo e vegeto, un paio di giorni e
tornerà a casa, lui può darmi informazioni maggiori.
Il commissario Parelli guadagnò l’uscita e volutamente guardò
le scarpe che indossava Annarita, un paio di scarpette in tela che per nulla si
intonavano al suo abito e, stranamente, Gemma portava un paio di scarpe
identiche. Strano? Si, una coincidenza? Forse. Si avvicinò ad Annarita:
-
Signora,
suo marito sta bene, mi hanno chiamato dall’ospedale, pallottola estratta e
nessun danno rilevante. Lei potrà andare solo domattina, io vado subito per
interrogarlo.
Fece un inchino alla signora, poi salutò gli altri che si
congratulavano con Annarita e mentre stava per raggiungere il cancello si
incontrò con un signore distinto che varcò la soglia e si salutò per primo con
Gemma e poi con Annarita. Stranamente la cameriera fece cadere di mano un
vassoio, Parelli si girò di scatto e notò la ragazza che faceva un segno come
per dirgli qualcosa. Il commissario si appartò e fece segno ad un agente di
fotografare l’uomo distinto che era da poco entrato nel giardino.
Un’ora dopo l’agente lo raggiunse con la foto dell’uomo e con
altre che lo ritraevano in compagnia sia di Annarita che di Gemma, Parelli le
intascò e si recò in ospedale. L’ingegnere era fasciato, certamente provato, ma
in grado di rispondere lucidamente alle domande. Il commissario lo salutò, si
congratulò per lo scansato pericolo, poi tirò fuori dalla tasca la foto che
ritraeva l’uomo da solo, gliela mise sotto gli occhi:
-
Ingegnere,
lei conosce quest’uomo?
-
Mai
visto!
-
Cerchi
nella sua mente, provi a ricordare.
-
Proprio
nulla, non ho mai visto quest’uomo! Perché me lo chiede.
-
No,
è una foto che ho trovato fuori, per strada, a terra davanti al cancello del
suo giardino, sarà caduta a qualcuno passando nei paraggi.
Ingegnere,
io non voglio stancarla, le chiederò soltanto se lei ha visto chi le ha sparato
e se ha notato l’assenza di qualcuno dal salotto immediatamente prima dello
sparo.
Corrugò la fronte il Fais, come se volesse scrutare nella
mente.
-
Per
favore commissario, passatemi un tovagliolino, mi hanno fasciato la spalla
destra, anche il comodino è sulla destra.
L’uomo passò il tovagliolo sul viso, quasi volesse nascondere
un filo di emozione o una lacrima, e per farlo fece finta di soffiarsi il naso.
Era strano che non avesse chiesto della moglie, degli ospiti di casa sua, nulla
di nulla! Poi:
-
Non
ho visto chi mi ha sparato, continuo a non capire perché qualcuno lo ha fatto,
non ricordo chi si sia allontanato degli ospiti.
-
Sua
moglie ci ha mostrato, prelevandola da un cassetto, l’arma con cui è stato
sparato il proiettile che l’ha colpita, una Colt calibro 32 con l’impugnatura
in madreperla. Stranamente era stata caricata con un proiettile soltanto,
quell’unico che l’ha colpita.
-
Quell’arma
è solo un pezzo da collezione, non ho mai tenuto delle cartucce in casa.
-
Ingegnere,
le devo chiedere se lei conosce bene i suoi ospiti e se conosce la signora
Gemma.
-
Si,
nessuno entra a casa mia senza che io mi fidi. Gemma era compagna di liceo di
mia moglie, hanno vissuto in simbiosi, qualcuno le ha scambiate per gemelle,
anche se non si somigliano per nulla, si incontrano spesso, direi spessissimo.
-
Ha
notato se qualcuno ha manifestato interessi per la sua azienda?
-
La
mia è una azienda quasi a carattere artigianale, piccola produzione anche se di
ottima qualità, le maestranze sono una famiglia.
Si fermò l’uomo, con la mano destra si stropicciò gli occhi, corrugò
la fronte:
-
Commissario,
mi fa rivedere quella foto?
Parelli tirò la foto dalla tasca e gliela porse, Fais la
fissò lungamente.
-
Le
torna alla mente qualcosa?
-
Non
so, forse l’ho visto ad una fiera, non ne sono sicuro, forse a Sassuolo o
altrove ma potrei anche sbagliarmi, di certo non ho mai parlato con quest’uomo,
c’era Gemma con noi, mia moglie ha insistito affinché venisse in fiera. Abbiamo
pranzato nello stesso ristorante, lui, se è la stessa persona, era solo ad un tavolo
accanto al nostro, ma nessuna certezza.
Entrò l’infermiera col carrello dei medicinali, somministrò
un antibiotico e un antidolorifico. Uscendo:
-
Le
allevierà il dolore, per stasera dovrà digiunare, ma domattina le porteranno la
colazione, dopo la visita del primario la verrò a medicare.
Fais riprese la foto, la guardò ancora un po’, poi la porse
al commissario.
-
Mi
dispiace dottore, forse non le sono stato di grande aiuto.
-
Forse,
ma forse si. La lascio riposare. Scusi ingegnere, capisco lo stato di confusione,
il trauma, ma lei non ha chiesto di sua moglie.
-
Ottima
domanda! Annarita è una persona forte, Gemma non si sarebbe staccata da lei,
fino al suo interrogatorio non le avrebbero consentito di vedermi, ma credo che
domattina verrà a trovarmi.
Lapidaria la risposta! Il commissario fece un cenno di saluto
con la mano e uscì sul corridoio dando ordini ai due agenti di guardia di
consentire il mattino seguente la visita della moglie, lei soltanto e
nessun’altra persona.
Diramata la foto dell’uomo, arrivò in commissariato
l’informativa. L’uomo della foto era Remo Guidotti, piccolo industriale del
ravennate, cinquantenne, divorziato e senza figli. Produceva da una ventina di
anni manufatti in argilla per l’edilizia, quindici tra dipendenti e maestranze,
aveva insegnato matematica per cinque anni in Sicilia, proprio nello stesso
istituto dove continuava a svolgere la sua professione Gemma. Che ci faceva
quell’uomo il giorno dello sparo in quella città di provincia? La cameriera aveva riconosciuto in lui l’uomo
dell’hotel Experius con cui si accompagnava Annarita? Semplice saperlo! Parelli
andò a letto con quel bagaglio di informazioni, stanco si addormentò, ma la
sveglia alle sette del mattino lo destò.
Si recò a casa Fais, chiese ai due poliziotti di guardia
ragguagli sulla notte, la signora era uscita per andare in ospedale, era andata
via da sola in automobile, Gemma era andata via alle sette e mezzo per recarsi
a scuola, dentro c’era solo la cameriera, che vedendolo in giardino accorse a
salutare.
-
Signorina,
credo che lei abbia qualcosa da dirmi.
-
Commissario,
quell’uomo che ieri è entrato quando lei stava per andar via, è lo stesso che
si è incontrato con la signora Annarita all’hotel Experius, io ho fatto cadere
volutamente il vassoio per attirare la sua attenzione, ha salutato la signorina
Gemma e poi ha trascorso una buona mezzora in un angolo del giardino a parlare
con la signora Annarita, sembrava preoccupato lui, la consolava, le accarezzava
le mani, lei parlava concitatamente, poi ha salutato Gemma ed è andato via.
Stamattina facendo le pulizie ho trovato qualcosa proprio davanti all’uscita
posteriore che immette in giardino.
Infilò la mano nella tasca e tirò fuori un proiettile,
calibro 32, lo porse al commissario.
-
Ho
cercato in tutto il prato, questo è l’unico che ho trovato.
-
Bene
signorina, lei è stata di grande aiuto. Mi accompagni nel salotto, voglio
ancora vedere qualcosa.
Riprese il posto dell’ingegnere e riguardò la finestra, poi
si girò e guardò la porta alle spalle, riaprì il cassetto dove era riposta la
pistola, riguardò attentamente i posacenere ancora colmi, poi chiese alla domestica
di accompagnarlo nella camera della signora. Aprì un po’ di cassetti sotto
l’occhio vigile della ragazza, un guanto lungo da abito da sera di colore
bianco. Perché solo un guanto? Lo prese e lo rivoltò, dentro un biglietto
arrotolato da entrare in un dito, lo srotolò e lo lesse: “La tua barca sta per
partire, abbi forza e tanto coraggio, devi remare con un solo Remo”. Sibillino
il messaggio? Forse! Arrotolò il foglietto, lo ripose dov’era, rivoltò il
guanto e richiuse il cassetto. Pian pianino si indirizzò verso il salotto e
lasciò che la cameriera continuasse a svolgere il suo servizio. Dalla finestra
vide arrivare in macchina la signora e la vide andare a passo lesto verso
l’uscita posteriore. A passo felpato il commissario percorse il corridoio e trovò
Annarita china come se cercasse qualcosa.
-
Signora
Fais, ha perso qualcosa?
La donna sorpresa ed impacciata:
-
Mi
saranno cadute le chiavi, in borsa non le trovo.
Il commissario tira fuori dalla tasca il proiettile e glielo
mostra:
-
Forse
cercava questo!
Fortemente sorpresa, dopo un attimo di smarrimento:
-
Cos’è?
-
Un
proiettile, signora, calibro 32, il secondo proiettile che avrebbe dovuto
colpire suo marito, ma che nella foga di fare rapidamente è andato smarrito.
-
E
lei sospetta di me?
-
Forse!
Le ripeto la domanda, prima dello sparo ha visto uscire qualcuno dal salotto?
-
Nessuno,
fuori c’era solo la donna di servizio che preparava un tavolo per il buffet.
-
Ne
è certa?
-
Si
che sono certa, siamo accorsi tutti allo sparo.
-
Bene
signora, da questo momento in poi non esca più di casa, non le verrà consentito
dai poliziotti.
Rientrò nel salotto il commissario, come a cercare qualcosa
che gli era sfuggita, si avvicinò al camino, poi guardò in una vetrina colma di
statuine di giada, di onice e di soldatini d’argento. Si girò e qualcosa lo
colpì, la scacchiera non era come l’aveva lasciato, era come se qualcuno avesse
giocato e notò che la regina era sotto scacco! Scacco alla regina! Pensò che la
cameriera avesse intuito qualcosa. La chiamò e la portò davanti alla scacchiera.
-
E’
lei che ha mosso i pezzi?
-
Si
commissario, scacco alla regina!
-
Mi
spieghi.
-
Io
ero in giardino al momento dello sparo, le uniche che potevano muoversi
liberamente per la casa erano la signora Annarita e la signorina Gemma, due
regine in questa casa, una stava giocando a canasta, l’altra non l’avrebbe
notato nessuno se si fosse allontanata per un istante, ambedue conoscevano la
casa. E’ il movente che io non vedo, ma una delle due ha sparato, dalla porta
dietro le spalle dell’ingegnere.
-
Il
movente? Tutto chiaro! La signora Fais aveva visto spegnere la passione per suo
marito, si era innamorata di Remo Guidotti che la invitava a remare con un solo
Remo, fuggire con lui, ricorda il biglietto dentro il guanto? Non era facile,
bisognava liberarsi del marito. E’ stata Gemma a presentarglielo, era stato suo
collega nel passato, era morbosamente legata ad Annarita fino al punto di
sacrificarsi per lei, facendo per tanto tempo la paraninfo ed essendo disposta
anche a commettere un crimine. Ancora un movente? L’odio che provava Gemma per
il Fais, lei era d’ingombro, l’ingegnere, innamorato della moglie, la
sopportava e lei lo sapeva.
La ragazza prese sottobraccio il commissario, lo riportò
davanti la scacchiera e mosse una torre.
-
Scacco
alla regina, ma stavolta è matto!
Il commissario la guardò e sorrise.
-
Cosa
c’è che non so?
-
Mi
aspetti un attimo.
La ragazza imboccò il corridoio, poi rientrò con in mano le
scarpe di serpente che aveva nascoste.
-
Sono
numero 39, identiche a quelle della signora Fais, ma lei porta il 38 e le sue
sono ben riposte nella scarpiera, Gemma porta il 39, son sue le scarpe, spesso
le due donne compravano capi identici. Nel corridoio con i tacchi a spillo
qualcuna l’avrebbe sentita, le cambiò con le scarpe in tela, ma non è una donna
ordinata, percorse il corridoio e aperta la porta sparò e si mescolò alla
folla, poi con calma ripose l’arma nel cassetto dove l’aveva presa. Annarita
rientrando non cercava il proiettile ma queste scarpe, quelle di Gemma, la
prova del loro crimine.
-
Le due donne vennero arrestate e processate per tentato
omicidio.
E' un giallo? Forse! Se vi va, lasciate un commento! Grazie!
bellissima storia , un giallo in piena regola scritto bene piacevole da leggere.
RispondiEliminaGrazie per una trama semplice ma complicata allo stesso tempo. Avvincente!
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