mercoledì 4 febbraio 2015

LA SUOCERA - Racconto breve - 04. febbraio 2015






















Mario Scamardo




I Racconti del Borgo


La suocera



Tutti, prima o poi, si ritrovano una suocera, la mamma dell’uomo o della donna amata. L’immaginario collettivo l’ha sempre vista come una figura deleteria nella vita della coppia; non c’è stato attore comico che non abbia affrontato il personaggio “suocera” per allietare la platea, ed anche il cinema non è stato da meno. La migliore commedia di Terenzio Afro in epoca romana fu Hécyra, incentrata sulla figura di una suocera molto generosa e tanto assennata, anche se il pubblico romano non la gradì perché incapace di cogliere il messaggio morale e l’introspezione psicologica dei personaggi. In Malaysia la suocera riveste un ruolo molto importante, è colei che unge col tika la fronte della futura nuora, in segno di benedizione.
Elina, cresciuta bene in una famiglia di agricoltori, era la più piccola di tre fratelli; già da quando aveva finito con successo la scuola media, mostrava i segni di una bellezza mediterranea, due occhi grandi e neri, una fronte larga, capelli corvini ed un sorriso a trentadue denti che arricchiva il suo fascino. Il liceo la portò alla maturità e gli spasimanti facevano la fila per intrecciare con lei una storia. Elina conversava con tutti, sorrideva a tutti, ma non sentendosi pronta ad affrontare impegni per il futuro, non affrontò nessuna storia che potesse chiamarsi tale. L’università? Lo desiderava molto frequentarla, ma la perdita repentina del genitore fece precipitare la famiglia in un disagio economico non da poco, allora Elina pensò bene di trovarsi dei lavoretti per poter racimolare almeno quei soldi per non gravare in toto sulla famiglia, un po’ estetista, un po’ truccatrice e qualche altro lavoro precario. Il tempo, sempre puntuale, la portò un giorno a pensare ad un futuro che non fosse vissuto da sola. In un supermercato un mattino si trovò faccia a faccia con un giovane, sceglievano lo stesso dentifricio e, quando Elina allungò la mano per prendere l’astuccio, la mano del ragazzo, che stava pigliando lo stesso astuccio, sfiorò la sua.
- Pardon!
- Di nulla, prego, faccia con comodo.
- Che buffo, prendevamo lo stesso dentifricio.
Elina sorrise, prese il dentifricio, poi si diresse alla cassa e dietro di lei quel ragazzo impettito, in giacca e cravatta. La cassiera batté lo scontrino.
- Due euro e quindici.
Elina aprì il suo borsellino, cercò gli spiccioli, ma aveva solo due euro, quattro monete da cinquanta centesimi, li ripose nel borsellino e consegnò alla cassiera una banconota da cento euro.
- Mi dispiace signorina, non ho il resto, provi a vedere se li ha spicci.
- Mi dispiace, ho solo due euro.
Il ragazzo tirò fuori i quindici centesimi e li porse alla cassiera.
- Li ho io quindici centesimi.
Elina imbarazzata ritirò lo scontrino ed attese che il giovane completasse la sua operazione alla cassa. All’uscita, tirò fuori il suo splendido sorriso.
- Grazie, lei è stato gentilissimo, permette? Io sono Elina.
- Io sono Doriano, non mi ringrazi, mi mette in imbarazzo.
- Sono spiccioli, ma io voglio renderglieli.
Il ragazzo sorrise, poi:
- Vuole ringraziarmi davvero? Allora mi consenta di offrirle un caffè, il bar è proprio qui di fronte.
- Davanti a tanta gentilezza non posso sottrarmi, accetto!


I due ragazzi sedettero ad un tavolinetto, ordinarono due caffè e dialogarono per una buona oretta. Lui l’accompagnò alla macchina, le chiuse lo sportello e prima che lei avviasse il motore:
- Elina, è stato un piacere averti incontrato, se posso osare, possiamo rivederci?
Elina lo fissò, quel giovane era davvero simpatico, ma soprattutto galante ed educato:
- Segnati il mio numero di telefono, mi fai uno squillo ed io memorizzerò il tuo.
Doriano eseguì e quando squillò il telefono di lei:
- Quando vuoi che ti chiami.
- Quando ti va, ma sempre di pomeriggio.
- Grazie, non sarò mai invasivo.
Ancora un sorriso ed Elina avviò il motore della sua utilitaria, poi, scomparve tra le viuzze.
La sera andò a letto molto presto la ragazza, ma il sonno non la colse subito, come un motivetto che non puoi toglierti dalla testa, il volto di Doriano le ritornava alla mente e lei non faceva nulla perché ciò non accadesse, sperò che trillasse il telefono, chissà, forse anche lui non riusciva ad addormentarsi, poi il sonno la colse e dormì profondamente. Al risveglio pronunziò sillabandolo il nome del ragazzo, poi fece la doccia e riordinò la sua attrezzatura di estetista nella sua enorme borsa. Davanti al caffè che la sua mamma le aveva preparato, fissò la tazza e scoprì una certa impazienza, il pomeriggio era lontano, l’avrebbe chiamata Doriano? Alle diciassette in punto il ragazzo la chiamò:
- Ciao Elina, come stai?
- Bene, grazie, e tu?
- Bene anch’io, scusami, forse ti ho disturbata.
- Per nulla! Stavo solo sfogliando una rivista di moda.
- Ti va di vederci?
- Si, ma dammi il tempo di cambiarmi, almeno venti minuti.
- Dove ci vediamo.
- Se ti fa piacere al bar dove ieri abbiamo preso un caffè.
- Allora fra venti minuti.
Chiuse il telefono Doriano ed Elina corse a vestirsi, prese la sua borsa e montò in macchina.
Fu quello il primo vero incontro tra i due, con meno imbarazzi, con sfilze di domande e serie interminabili di sorrisi.
Elina si innamorò di Doriano e lui di lei. Il ragazzo lavorava in uno degli uffici postali, non era suo concittadino, la sua famiglia risiedeva a cento chilometri di distanza e lui era soggetto a trasferimenti nell’attesa che la sua sede diventasse definitiva in una cittadina vicina a quella dei suoi genitori.
Fu un mattino di domenica che Doriano chiese ad Elina, se dopo il trasferimento definitivo volesse sposarlo. Elina chiese un paio di giorni di riflessione e poi acconsenti alla richiesta del suo amato. La ragazza informò i suoi del rapporto col ragazzo e lo stesso fece lui ed un pomeriggio Elina lo invitò a casa sua per farlo conoscere alla mamma e ai fratelli. Una settimana dopo fu la ragazza a varcare la soglia di casa dei genitori di Doriano. Mamma, papà, e due sorelle l’attesero, la fecero accomodare, la squadrarono da capo a piedi, la fecero parlare e l’unica il cui volto non fece una grinza fu la mamma del ragazzo, la sua futura suocera. Elina, intelligente, attentissima, non giudicò, attese gli eventi, aspettò che la futura suocera si scoprisse, nel mentre sorrise. Dopo due settimane ritornò la ragazza, in compagnia del fidanzato a casa dai suoceri, e mentre per Doriano furono abbracci e moine da parte della madre, per Elina furono le solite domande sulla scuola frequentata, sul suo lavoro precario, sui rapporti con la propria madre, qualche piccola pacca sulle spalle e nulla più. Elina non aveva minimamente pensato alla normale gelosia che hanno le mamme nei confronti dei figli maschi, un legame spesso morboso, una voglia di essere sempre al centro dell’attenzione. La signora Giulia, la mamma di Doriano era una bella cinquantenne, molto appariscente, con una voce tonante ed una personalità non indifferente, spesso seriosa, alquanto accigliata, con uno sguardo difficile da sopportare. Elina era quasi a disagio, Doriano non sembrava proprio suo figlio, dolce, pacato, raffinato nei modi. Non si spiegava perché tutte le volte che si recava a casa del ragazzo, rientrava a casa sua con un cerchio alla testa, talvolta era colta da nausea e da indigestione, il viaggio in macchina per cento chilometri? Forse! Ma al ripetersi degli eventi pensò a qualcosa di irrazionale, alla negatività di quella donna, quegli occhi così cupi della suocera la facevano vivere nel terrore. Non era simpatica alla suocera? Doriano sosteneva di si, ma lei non ci dormiva la notte e, da quando l’aveva incontrata per la prima volta, le erano successe delle cose molto strane, aveva perso un lavoro part-time, le si era bruciata la frizione nella sua utilitaria, le si era rotto il fornetto per fissare lo smalto alle unghia, aveva anche perso il suo sorriso. Parlò di tutto ciò con Marisa, la sua migliore amica, mostrò la foto della suocera che teneva nel suo telefonino, ne parlò col suo confessore che la rassicurò e la consigliò di non pensarci e di pregare, ma Elina non si dette pace, Doriano era la sua vita, il suo futuro. L’amore di una madre verso il figlio poteva generare negatività nei confronti di chi questo figlio glielo stava portando via con un amore diverso? La gelosia è una brutta bestia, può portare fino all’odio, e la ragazza si sentì odiata. Giovanbattista Marino  definì la gelosia: “Nel giardino dell’amor, loglio e l’ortica”.


Un sabato pomeriggio, munita di un piccolo Crocefisso attaccato ad una catenina, di un rosario benedetto ben riposto in tasca, Elina ripercorse con Doriano i cento chilometri che la portarono a casa della suocera, gli abbracci di rito e poi le solite domande talvolta senza senso, cenò e poi uscì col fidanzato in cerca degli amici per trascorrere la serata.


 Rincasarono e trovarono la suocera che, forse per ammazzare il tempo, faceva un solitario con le carte siciliane sul tavolo della cucina. Il marito? Apparentemente una figura di secondo piano, lavoro, commissioni, un pizzico di tv e un profondo sonno. La ragazza che sconosceva quel gioco diventò cupa, si irrigidì, e considerando la suocera una donna avvezza alla cartomanzia si segnò e strinse il rosario che teneva in tasca. La suocera si alzò dal tavolo e abbracciando il figlio lo sbaciucchiò ripetutamente. Elina si scusò e andò in bagno che era sul corridoio, di fronte. Quando stava per uscire sentì la suocera parlare animatamente col figlio, rimanendo dentro, lasciò la porta socchiusa per ascoltare:

- Doriano, il matrimonio è una cosa seria, io non le ho mai sentito dire qualcosa in questa direzione, prima di parlarne seriamente accertati che sia una ragazza a posto, che ami la famiglia, che accetti il peso che un matrimonio impone. Io non ho visto nulla di tutto ciò, quindi lei per me è una tra tante, una sconosciuta che tu mi hai portato in casa, e poi quel suo sorriso, mi fa rabbia la tua scelta, non mi hai chiesto un parere, un consiglio….
- Ma cosa dici mamma, Elina è una ragazza seria, educata, garbata, sempre col sorriso sulle labbra schietto e sincero.
- E’ quel sorriso che mi convince poco, si proprio quel sorriso!
- Mamma smettila, ora ho sonno! Finisci il tuo solitario se ti va, ottenuto il trasferimento ci sposiamo!
Giulia si accigliò, raccolse le carte e le cominciò a mischiarle quasi a scaricare il suo nervosismo.
- Ti ha incastrato a dovere la signorina! Impiegato, stipendio sicuro, gruzzoletto, un affare!.... E io che speravo….
- Buonanotte mamma, io vado a letto!
Elina uscì dal bagno e Giulia, convinta di non essere stata ascoltata le andò incontro:
- Cara, io vado a letto, la tua camera la conosci, se ti serve qualcosa in cucina, questa è casa tua! Dormi bene!
Non riuscì a rispondere Elina, avrebbe voluto esplodere, le tremavano le mani, strinse ancora il suo rosario e si infilò nella camera a lei riservata, si buttò sul letto e pianse fino a farsi venire il mal di testa. Il mattino seguente, all’uscita della doccia, notò che la sua borsa, lasciata sul letto rifatto, era stata rovistata, cosa cercava la suocera nella sua borsa o cosa le aveva messo dentro, e perché? Si rivestì Elina, attese che anche il fidanzato fosse pronto e  si recò in chiesa. Fu taciturna tutta la mattina, dopo pranzo si rimise in macchina con Doriano per ritornare a casa sua. Il mattino seguente corse da Marisa, la sua amica più cara e, tra un singhiozzo e l’altro, raccontò quanto aveva dentro.  Marisa, che le esperienze della vita avevano reso forte e razionale, non accettò l’idea di Elina di rivolgersi a indovini e guaritori per capire cosa la suocera eventualmente avesse operato contro di lei, la persuase che solo la gente ignorante e irrazionale ricorre a consultare chi delle debolezze degli altri ne fa un modo per spillare denaro agli stolti, la persuase invece di affrontare la suocera, chiarire e capire se davvero il suocero contasse poco o nulla in quella famiglia o se invece fosse all’oscuro dei comportamenti della moglie.
- Elina, invita i tuoi suoceri a casa tua, avvisami quando arrivano, verrò io a parlare col papà di Doriano, assieme a te, vedremo il suo reagire e poi si vedrà se affrontare di petto tua suocera.
- Tu pensi?
- Si Elina, a volte, di fronte a donne esuberanti, i mariti, per il quieto vivere si eclissano, magari sono innamorati ed anche molto. Tua suocera è una bella donna, ancora giovane, tranne che non abbia altra storia, ha un marito anch’esso giovane, un bell’uomo che certo non ha raggiunto la pace dei sensi! Proviamoci, può sembrare mogio mogio, ma anche lui ha a cuore il bene di suo figlio, proviamoci, vedrai, quello che può sembrare a prima vista un sottomesso, potrebbe esplodere e zittire tutti.
Elina invitò i suoceri a casa sua, li ospitò e quando dopo il pranzo tutti sedettero in salotto per il caffè, la ragazza invitò il suocero a farle compagnia in automobile per andare a prendere le sigarette. Nessuno si aspettava quella mossa, tanto che Doriano si offrì lui di accompagnarla, ma il padre si alzò, prese sottobraccio la futura nuora e disse:
- Vado io, anzi, dopo aver comprato le sigarette faremo un giro in paese per visitarlo.
Giulia guardò tutti negli occhi, ma poi riprese il dialogo con la mamma di Elina mentre sorbivano il caffè.
Suocero e futura nuora si fermarono davanti la villetta in cui abitava Marisa, scesero e furono accolti.
- Ti presento il papà di Doriano.
- Accomodatevi, vi aspettavo, ho mandato mio marito ad accompagnare i ragazzi.
Il suocero interrogò con gli occhi Elina.
- Si, mi permette di chiamarla papà?
- Certo figlia mia, ti ringrazio, prima o poi ci saremmo arrivati, anche se non sei obbligata, e se ti va chiamami soltanto Alberto, sarò contento lo stesso.
- Ho bisogno di parlarle senza sua moglie, in presenza della mia amica, ma soltanto perché io potrei non trovare le parole giuste.
- Prego!
Si accomodarono in salotto, il dialogo durò una ventina di minuti dove Elina con sicurezza svuotò tutto quanto aveva dentro e Marisa integrò quando la ragazza mostrò titubanze. Il suocero ascoltò attento, batté in segno di stizza le sue mani sulle ginocchia,  fissò Marisa negli occhi, poi alla nuora:
- Figliola, se ti dicessi che non ho colto i tuoi disappunti tutte le volte che ci siamo incontrati, ti direi una bugia, io non sono avvezzo a mentire e non mi piace l’ipocrisia. Amo mio figlio come la tua mamma ama te, né più né meno. Ho sposato tua suocera quando avevo venticinque anni, l’amavo e l’amo, così come credo mi ami lei; carattere esuberante il suo, spesso al limite della sopportazione, ma ho la certezza che ami alla follia suo figlio. Sai, le donne spesso si convincono che sono le uniche in grado di gestire la famiglia e allora considerano il compagno della vita un bagaglio, che serve quando serve, come uno strumento, che non deve pigliare parte alle decisioni importanti perché il loro senso pratico le rende del tutto autonome. Per evitare qualunque discussione spesso mi isolo, faccio finta di non sentire e di non capire, le lascio la convinzione di essere l’unica guida della famiglia, cosa vuoi figliola, a ciascuno la sua croce! Ne ho parlato a letto la sera con mia moglie del futuro di Doriano, che ritengo sia anche il tuo futuro. Sarò estremamente sincero, ti stimo più di quanto tu non possa immaginare, ma ti do la consegna del silenzio su quello che sto per dirti. Mia moglie, aveva nella sua mente una ragazza, vicina di casa, laureata in giurisprudenza, di buona famiglia, figlia di amici, da fare sposare a suo figlio, ma lui si è innamorato di te, quasi avesse fatto un torto a sua madre. Non ce l’ha con te ma con suo figlio che quasi l’ha tradita. Io ti voglio tranquillizzare tu sposerai Doriano se lo vorrai, nessuno dovrà mettersi di traverso, Giulia pian pianino diventerà non soltanto docile ma dolce, perché quando vuole sa esserlo, anche se per te potrebbe diventare difficile perdonarla, ma a questo provvederà il tempo che è ottimo guaritore. Non vivrai con noi, dopo il trasferimento di mio figlio compreremo casa nel paese dove risiederete, io non ho nulla da chiederti, solo che quando potrete  andrete a pranzo dai genitori, a casa mia o da tua madre. Di quanto ti sto dicendo io, se Iddio vorrà tenermi in vita, sarò il garante! Non incrudirti, non farti avvinghiare dai risentimenti, non pensare a vendicarti quando lo potrai fare, credimi, non paga la vendetta! Difficile da digerire mia moglie, spesso parla senza riflettere, io ormai ci ho fatto il callo, ma io l’amo, tu non sei tenuta ad amarla, ma ti consiglio di rispettarla, il legame tra madre e figlio non spezzarlo mai, anche tu diventerai madre, allora forse proverai a capirla, e anche tu col tempo diventerai suocera e sarai costretta a dividere l’amore di tuo figlio con un’altra donna. E’ la vita che nei suoi cicli ci offre sempre ruoli diversi!
L’uomo non disse più nulla, ma Elina sapeva che i siciliani quando danno la loro parola la mantengono fino alla morte!
Elina guardò negli occhi il suocero, si alzò, lo abbracciò e lo baciò più volte. Il maturo signore non diede spazi a nessuno essendo stato del tutto esaustivo. Si licenziarono la ragazza e il suocero da Marisa, e prima di salire in macchina l’uomo disse alla ragazza:
- Ora passiamo dal tabaccaio, io non fumo ma lei si, le porterò due pacchetti di sigarette, così nessuno sospetterà dei nostri discorsi.
Quattordici mesi dopo Elina e Doriano vennero uniti in matrimonio e abitarono nella  casa che il padre di lui aveva regalato loro.  Elina rispettò il suocero come se fosse stato suo padre, ma ci volle tanto tempo per regalare uno dei suoi splendidi sorrisi alla suocera.




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                                               Grazie!

2 commenti:

  1. bellissima storia , la solita suocera che ama il figlio e vuole fargli sposare la ragazza che vuole lei , ma conclusione normale...

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  2. Vera vera verissima,,,purtroppo quando una madre è innamorata del figlio ci vuole pazienza troppa pazienza,,io con mia suocera non sono mai andata d 'accordo,,,era gelosa,,le avevo rubato il figlio,,,

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