Mario Scamardo
I Racconti del Borgo
La suocera
Tutti, prima o poi, si ritrovano una suocera, la mamma
dell’uomo o della donna amata. L’immaginario collettivo l’ha sempre vista come
una figura deleteria nella vita della coppia; non c’è stato attore comico che
non abbia affrontato il personaggio “suocera” per allietare la platea, ed anche
il cinema non è stato da meno. La migliore commedia di Terenzio Afro in epoca
romana fu Hécyra, incentrata sulla
figura di una suocera molto generosa e tanto assennata, anche se il pubblico
romano non la gradì perché incapace di cogliere il messaggio morale e
l’introspezione psicologica dei personaggi. In Malaysia la suocera riveste un
ruolo molto importante, è colei che unge col tika la fronte della futura nuora, in segno di benedizione.
Elina, cresciuta bene in una famiglia di agricoltori, era la
più piccola di tre fratelli; già da quando aveva finito con successo la scuola
media, mostrava i segni di una bellezza mediterranea, due occhi grandi e neri,
una fronte larga, capelli corvini ed un sorriso a trentadue denti che
arricchiva il suo fascino. Il liceo la portò alla maturità e gli spasimanti
facevano la fila per intrecciare con lei una storia. Elina conversava con
tutti, sorrideva a tutti, ma non sentendosi pronta ad affrontare impegni per il
futuro, non affrontò nessuna storia che potesse chiamarsi tale. L’università?
Lo desiderava molto frequentarla, ma la perdita repentina del genitore fece
precipitare la famiglia in un disagio economico non da poco, allora Elina pensò
bene di trovarsi dei lavoretti per poter racimolare almeno quei soldi per non
gravare in toto sulla famiglia, un po’ estetista, un po’ truccatrice e qualche
altro lavoro precario. Il tempo, sempre puntuale, la portò un giorno a pensare
ad un futuro che non fosse vissuto da sola. In un supermercato un mattino si
trovò faccia a faccia con un giovane, sceglievano lo stesso dentifricio e,
quando Elina allungò la mano per prendere l’astuccio, la mano del ragazzo, che
stava pigliando lo stesso astuccio, sfiorò la sua.
- Pardon!
- Di nulla, prego, faccia con comodo.
- Che buffo, prendevamo lo stesso dentifricio.
Elina sorrise, prese il dentifricio, poi si diresse alla
cassa e dietro di lei quel ragazzo impettito, in giacca e cravatta. La cassiera
batté lo scontrino.
- Due euro e quindici.
Elina aprì il suo borsellino, cercò gli spiccioli, ma aveva
solo due euro, quattro monete da cinquanta centesimi, li ripose nel borsellino
e consegnò alla cassiera una banconota da cento euro.
- Mi dispiace signorina, non ho il resto, provi a vedere se
li ha spicci.
- Mi dispiace, ho solo due euro.
Il ragazzo tirò fuori i quindici centesimi e li porse alla
cassiera.
- Li ho io quindici centesimi.
Elina imbarazzata ritirò lo scontrino ed attese che il
giovane completasse la sua operazione alla cassa. All’uscita, tirò fuori il suo
splendido sorriso.
- Grazie, lei è stato gentilissimo, permette? Io sono Elina.
- Io sono Doriano, non mi ringrazi, mi mette in imbarazzo.
- Sono spiccioli, ma io voglio renderglieli.
Il ragazzo sorrise, poi:
- Vuole ringraziarmi davvero? Allora mi consenta di offrirle
un caffè, il bar è proprio qui di fronte.
I due ragazzi sedettero ad un tavolinetto, ordinarono due
caffè e dialogarono per una buona oretta. Lui l’accompagnò alla macchina, le
chiuse lo sportello e prima che lei avviasse il motore:
- Elina, è stato un piacere averti incontrato, se posso
osare, possiamo rivederci?
Elina lo fissò, quel giovane era davvero simpatico, ma
soprattutto galante ed educato:
- Segnati il mio numero di telefono, mi fai uno squillo ed io
memorizzerò il tuo.
Doriano eseguì e quando squillò il telefono di lei:
- Quando vuoi che ti chiami.
- Quando ti va, ma sempre di pomeriggio.
- Grazie, non sarò mai invasivo.
Ancora un sorriso ed Elina avviò il motore della sua
utilitaria, poi, scomparve tra le viuzze.
La sera andò a letto molto presto la ragazza, ma il sonno non
la colse subito, come un motivetto che non puoi toglierti dalla testa, il volto
di Doriano le ritornava alla mente e lei non faceva nulla perché ciò non
accadesse, sperò che trillasse il telefono, chissà, forse anche lui non
riusciva ad addormentarsi, poi il sonno la colse e dormì profondamente. Al
risveglio pronunziò sillabandolo il nome del ragazzo, poi fece la doccia e
riordinò la sua attrezzatura di estetista nella sua enorme borsa. Davanti al
caffè che la sua mamma le aveva preparato, fissò la tazza e scoprì una certa
impazienza, il pomeriggio era lontano, l’avrebbe chiamata Doriano? Alle
diciassette in punto il ragazzo la chiamò:
- Ciao Elina, come stai?
- Bene, grazie, e tu?
- Bene anch’io, scusami, forse ti ho disturbata.
- Per nulla! Stavo solo sfogliando una rivista di moda.
- Ti va di vederci?
- Si, ma dammi il tempo di cambiarmi, almeno venti minuti.
- Dove ci vediamo.
- Se ti fa piacere al bar dove ieri abbiamo preso un caffè.
- Allora fra venti minuti.
Chiuse il telefono Doriano ed Elina corse a vestirsi, prese
la sua borsa e montò in macchina.
Fu quello il primo vero incontro tra i due, con meno
imbarazzi, con sfilze di domande e serie interminabili di sorrisi.
Elina si innamorò di Doriano e lui di lei. Il ragazzo
lavorava in uno degli uffici postali, non era suo concittadino, la sua famiglia
risiedeva a cento chilometri di distanza e lui era soggetto a trasferimenti nell’attesa
che la sua sede diventasse definitiva in una cittadina vicina a quella dei suoi
genitori.
Fu un mattino di domenica che Doriano chiese ad Elina, se
dopo il trasferimento definitivo volesse sposarlo. Elina chiese un paio di
giorni di riflessione e poi acconsenti alla richiesta del suo amato. La ragazza
informò i suoi del rapporto col ragazzo e lo stesso fece lui ed un pomeriggio
Elina lo invitò a casa sua per farlo conoscere alla mamma e ai fratelli. Una
settimana dopo fu la ragazza a varcare la soglia di casa dei genitori di
Doriano. Mamma, papà, e due sorelle l’attesero, la fecero accomodare, la
squadrarono da capo a piedi, la fecero parlare e l’unica il cui volto non fece
una grinza fu la mamma del ragazzo, la sua futura suocera. Elina, intelligente,
attentissima, non giudicò, attese gli eventi, aspettò che la futura suocera si
scoprisse, nel mentre sorrise. Dopo due settimane ritornò la ragazza, in
compagnia del fidanzato a casa dai suoceri, e mentre per Doriano furono
abbracci e moine da parte della madre, per Elina furono le solite domande sulla
scuola frequentata, sul suo lavoro precario, sui rapporti con la propria madre,
qualche piccola pacca sulle spalle e nulla più. Elina non aveva minimamente
pensato alla normale gelosia che hanno le mamme nei confronti dei figli maschi,
un legame spesso morboso, una voglia di essere sempre al centro
dell’attenzione. La signora Giulia, la mamma di Doriano era una bella
cinquantenne, molto appariscente, con una voce tonante ed una personalità non
indifferente, spesso seriosa, alquanto accigliata, con uno sguardo difficile da
sopportare. Elina era quasi a disagio, Doriano non sembrava proprio suo figlio,
dolce, pacato, raffinato nei modi. Non si spiegava perché tutte le volte che si
recava a casa del ragazzo, rientrava a casa sua con un cerchio alla testa,
talvolta era colta da nausea e da indigestione, il viaggio in macchina per
cento chilometri? Forse! Ma al ripetersi degli eventi pensò a qualcosa di
irrazionale, alla negatività di quella donna, quegli occhi così cupi della
suocera la facevano vivere nel terrore. Non era simpatica alla suocera? Doriano
sosteneva di si, ma lei non ci dormiva la notte e, da quando l’aveva incontrata
per la prima volta, le erano successe delle cose molto strane, aveva perso un
lavoro part-time, le si era bruciata la frizione nella sua utilitaria, le si
era rotto il fornetto per fissare lo smalto alle unghia, aveva anche perso il
suo sorriso. Parlò di tutto ciò con Marisa, la sua migliore amica, mostrò la
foto della suocera che teneva nel suo telefonino, ne parlò col suo confessore
che la rassicurò e la consigliò di non pensarci e di pregare, ma Elina non si
dette pace, Doriano era la sua vita, il suo futuro. L’amore di una madre verso
il figlio poteva generare negatività nei confronti di chi questo figlio glielo
stava portando via con un amore diverso? La gelosia è una brutta bestia, può
portare fino all’odio, e la ragazza si sentì odiata. Giovanbattista Marino definì la gelosia: “Nel giardino dell’amor,
loglio e l’ortica”.
Un sabato pomeriggio, munita di un piccolo Crocefisso
attaccato ad una catenina, di un rosario benedetto ben riposto in tasca, Elina
ripercorse con Doriano i cento chilometri che la portarono a casa della
suocera, gli abbracci di rito e poi le solite domande talvolta senza senso,
cenò e poi uscì col fidanzato in cerca degli amici per trascorrere la serata.
Rincasarono e trovarono la suocera che, forse per ammazzare il tempo, faceva un
solitario con le carte siciliane sul tavolo della cucina. Il marito? Apparentemente
una figura di secondo piano, lavoro, commissioni, un pizzico di tv e un
profondo sonno. La ragazza che sconosceva quel gioco diventò cupa, si irrigidì,
e considerando la suocera una donna avvezza alla cartomanzia si segnò e strinse
il rosario che teneva in tasca. La suocera si alzò dal tavolo e abbracciando il
figlio lo sbaciucchiò ripetutamente. Elina si scusò e andò in bagno che era sul
corridoio, di fronte. Quando stava per uscire sentì la suocera parlare
animatamente col figlio, rimanendo dentro, lasciò la porta socchiusa per
ascoltare:
- Doriano, il matrimonio è una cosa seria, io non le ho mai
sentito dire qualcosa in questa direzione, prima di parlarne seriamente
accertati che sia una ragazza a posto, che ami la famiglia, che accetti il peso
che un matrimonio impone. Io non ho visto nulla di tutto ciò, quindi lei per me
è una tra tante, una sconosciuta che tu mi hai portato in casa, e poi quel suo
sorriso, mi fa rabbia la tua scelta, non mi hai chiesto un parere, un
consiglio….
- Ma cosa dici mamma, Elina è una ragazza seria, educata,
garbata, sempre col sorriso sulle labbra schietto e sincero.
- E’ quel sorriso che mi convince poco, si proprio quel
sorriso!
- Mamma smettila, ora ho sonno! Finisci il tuo solitario se
ti va, ottenuto il trasferimento ci sposiamo!
Giulia si accigliò, raccolse le carte e le cominciò a
mischiarle quasi a scaricare il suo nervosismo.
- Ti ha incastrato a dovere la signorina! Impiegato,
stipendio sicuro, gruzzoletto, un affare!.... E io che speravo….
- Buonanotte mamma, io vado a letto!
Elina uscì dal bagno e Giulia, convinta di non essere stata
ascoltata le andò incontro:
- Cara, io vado a letto, la tua camera la conosci, se ti
serve qualcosa in cucina, questa è casa tua! Dormi bene!
Non riuscì a rispondere Elina, avrebbe voluto esplodere, le
tremavano le mani, strinse ancora il suo rosario e si infilò nella camera a lei
riservata, si buttò sul letto e pianse fino a farsi venire il mal di testa. Il
mattino seguente, all’uscita della doccia, notò che la sua borsa, lasciata sul
letto rifatto, era stata rovistata, cosa cercava la suocera nella sua borsa o
cosa le aveva messo dentro, e perché? Si rivestì Elina, attese che anche il
fidanzato fosse pronto e si recò in
chiesa. Fu taciturna tutta la mattina, dopo pranzo si rimise in macchina con
Doriano per ritornare a casa sua. Il mattino seguente corse da Marisa, la sua
amica più cara e, tra un singhiozzo e l’altro, raccontò quanto aveva
dentro. Marisa, che le esperienze della
vita avevano reso forte e razionale, non accettò l’idea di Elina di rivolgersi
a indovini e guaritori per capire cosa la suocera eventualmente avesse operato
contro di lei, la persuase che solo la gente ignorante e irrazionale ricorre a
consultare chi delle debolezze degli altri ne fa un modo per spillare denaro
agli stolti, la persuase invece di affrontare la suocera, chiarire e capire se
davvero il suocero contasse poco o nulla in quella famiglia o se invece fosse
all’oscuro dei comportamenti della moglie.
- Elina, invita i tuoi suoceri a casa tua, avvisami quando arrivano,
verrò io a parlare col papà di Doriano, assieme a te, vedremo il suo reagire e
poi si vedrà se affrontare di petto tua suocera.
- Tu pensi?
- Si Elina, a volte, di fronte a donne esuberanti, i mariti,
per il quieto vivere si eclissano, magari sono innamorati ed anche molto. Tua
suocera è una bella donna, ancora giovane, tranne che non abbia altra storia,
ha un marito anch’esso giovane, un bell’uomo che certo non ha raggiunto la pace
dei sensi! Proviamoci, può sembrare mogio mogio, ma anche lui ha a cuore il
bene di suo figlio, proviamoci, vedrai, quello che può sembrare a prima vista
un sottomesso, potrebbe esplodere e zittire tutti.
Elina invitò i suoceri a casa sua, li ospitò e quando dopo il
pranzo tutti sedettero in salotto per il caffè, la ragazza invitò il suocero a
farle compagnia in automobile per andare a prendere le sigarette. Nessuno si
aspettava quella mossa, tanto che Doriano si offrì lui di accompagnarla, ma il
padre si alzò, prese sottobraccio la futura nuora e disse:
- Vado io, anzi, dopo aver comprato le sigarette faremo un
giro in paese per visitarlo.
Giulia guardò tutti negli occhi, ma poi riprese il dialogo
con la mamma di Elina mentre sorbivano il caffè.
Suocero e futura nuora si fermarono davanti la villetta in
cui abitava Marisa, scesero e furono accolti.
- Ti presento il papà di Doriano.
- Accomodatevi, vi aspettavo, ho mandato mio marito ad accompagnare
i ragazzi.
Il suocero interrogò con gli occhi Elina.
- Si, mi permette di chiamarla papà?
- Certo figlia mia, ti ringrazio, prima o poi ci saremmo
arrivati, anche se non sei obbligata, e se ti va chiamami soltanto Alberto,
sarò contento lo stesso.
- Ho bisogno di parlarle senza sua moglie, in presenza della
mia amica, ma soltanto perché io potrei non trovare le parole giuste.
- Prego!
Si accomodarono in salotto, il dialogo durò una ventina di
minuti dove Elina con sicurezza svuotò tutto quanto aveva dentro e Marisa
integrò quando la ragazza mostrò titubanze. Il suocero ascoltò attento, batté
in segno di stizza le sue mani sulle ginocchia,
fissò Marisa negli occhi, poi alla nuora:
- Figliola, se ti dicessi che non ho colto i tuoi disappunti
tutte le volte che ci siamo incontrati, ti direi una bugia, io non sono avvezzo
a mentire e non mi piace l’ipocrisia. Amo mio figlio come la tua mamma ama te,
né più né meno. Ho sposato tua suocera quando avevo venticinque anni, l’amavo e
l’amo, così come credo mi ami lei; carattere esuberante il suo, spesso al
limite della sopportazione, ma ho la certezza che ami alla follia suo figlio.
Sai, le donne spesso si convincono che sono le uniche in grado di gestire la
famiglia e allora considerano il compagno della vita un bagaglio, che serve
quando serve, come uno strumento, che non deve pigliare parte alle decisioni
importanti perché il loro senso pratico le rende del tutto autonome. Per
evitare qualunque discussione spesso mi isolo, faccio finta di non sentire e di
non capire, le lascio la convinzione di essere l’unica guida della famiglia,
cosa vuoi figliola, a ciascuno la sua croce! Ne ho parlato a letto la sera con
mia moglie del futuro di Doriano, che ritengo sia anche il tuo futuro. Sarò
estremamente sincero, ti stimo più di quanto tu non possa immaginare, ma ti do
la consegna del silenzio su quello che sto per dirti. Mia moglie, aveva nella
sua mente una ragazza, vicina di casa, laureata in giurisprudenza, di buona
famiglia, figlia di amici, da fare sposare a suo figlio, ma lui si è innamorato
di te, quasi avesse fatto un torto a sua madre. Non ce l’ha con te ma con suo
figlio che quasi l’ha tradita. Io ti voglio tranquillizzare tu sposerai Doriano
se lo vorrai, nessuno dovrà mettersi di traverso, Giulia pian pianino diventerà
non soltanto docile ma dolce, perché quando vuole sa esserlo, anche se per te
potrebbe diventare difficile perdonarla, ma a questo provvederà il tempo che è
ottimo guaritore. Non vivrai con noi, dopo il trasferimento di mio figlio
compreremo casa nel paese dove risiederete, io non ho nulla da chiederti, solo
che quando potrete andrete a pranzo dai
genitori, a casa mia o da tua madre. Di quanto ti sto dicendo io, se Iddio
vorrà tenermi in vita, sarò il garante! Non incrudirti, non farti avvinghiare dai
risentimenti, non pensare a vendicarti quando lo potrai fare, credimi, non paga
la vendetta! Difficile da digerire mia moglie, spesso parla senza riflettere,
io ormai ci ho fatto il callo, ma io l’amo, tu non sei tenuta ad amarla, ma ti
consiglio di rispettarla, il legame tra madre e figlio non spezzarlo mai, anche
tu diventerai madre, allora forse proverai a capirla, e anche tu col tempo
diventerai suocera e sarai costretta a dividere l’amore di tuo figlio con
un’altra donna. E’ la vita che nei suoi cicli ci offre sempre ruoli diversi!
L’uomo non disse più nulla, ma Elina sapeva che i siciliani
quando danno la loro parola la mantengono fino alla morte!
Elina guardò negli occhi il suocero, si alzò, lo abbracciò e
lo baciò più volte. Il maturo signore non diede spazi a nessuno essendo stato
del tutto esaustivo. Si licenziarono la ragazza e il suocero da Marisa, e prima
di salire in macchina l’uomo disse alla ragazza:
- Ora passiamo dal tabaccaio, io non fumo ma lei si, le
porterò due pacchetti di sigarette, così nessuno sospetterà dei nostri
discorsi.
Quattordici mesi dopo Elina e Doriano vennero uniti in matrimonio
e abitarono nella casa che il padre di
lui aveva regalato loro. Elina rispettò
il suocero come se fosse stato suo padre, ma ci volle tanto tempo per regalare
uno dei suoi splendidi sorrisi alla suocera.
Spero vi sia piaciuta, se vi va, lasciate un commento!
Grazie!
bellissima storia , la solita suocera che ama il figlio e vuole fargli sposare la ragazza che vuole lei , ma conclusione normale...
RispondiEliminaVera vera verissima,,,purtroppo quando una madre è innamorata del figlio ci vuole pazienza troppa pazienza,,io con mia suocera non sono mai andata d 'accordo,,,era gelosa,,le avevo rubato il figlio,,,
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