Mario
Scamardo
I
Racconti del Borgo
La cultura contadina,
in ogni parte della nazione, prima che il “miracolo economico” facesse
diventare l’Italia una tra le prime potenze industriali del mondo intero, era
piena di leggende, di miti, di credenze che, spesso ne condizionavano la vita e
mistificavano la realtà. Anche i bambini, con gli accorgimenti dovuti, venivano
addottrinati a temere, stare attenti, guardarsi attorno, non fidarsi mai di
estranei o farlo con cautela e ricorrere sempre al consiglio di genitori,
nonni, fratelli maggiori, prima di pigliare delle decisioni, anche le più
semplici, persino di affacciarsi alle finestre per curiosare su un rumore,
delle voci, il raglio di un asino.
PERIMATTULA
Nell’ordine crescente di pericolosità , i bambini, gli adolescenti, i giovani e, talvolta gli adulti, venivano ammoniti di stare attenti a l’uomo nero; il mammaddau, cioè il proprietario cattivissimo di un maniero, capace di bilocazione; perimattula, essere bruttissimo con i piedi di bambagia, che nessuno sentiva arrivare e, una volta accanto, mugugnava vicino all’orecchio; infine u lupunaru, il licantropo, il lupo mannaro.
Il paesino dove era
nato ed abitava Giorgio, contava appena seimila anime, con strade ampie e tutte
erano perpendicolari le una alle altre e l’unica scalinata, ampia e stesa
portava su dalla via principale al sagrato della chiesa madre. Giorgio era un
adolescente che aveva ricevuto una educazione rigida e, oltre ai genitori e
alla scuola, di lui si curava la nonna materna, la signora Nunzia, un pozzo di
sapienza, anche se aveva frequentato solo la seconda elementare. In quanto
adolescente Giorgio era curioso e, quando al mattino, andando a scuola,
apprendeva dai compagni che nella notte i loro genitori avevano sentito gli
ululati del licantropo e l’avevano visto contorcersi dal dolore e rotolare per terra, per poi
vederlo scomparire in direzione della luna piena che tramontava ad occidente,
al ritorno a casa, tempestava la nonna di domande.
Gli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, furono segnati dal
contrabbando e dal banditismo, la guerra era finita da poco e le città erano
ancora sventrate dai bombardamenti. I componenti delle varie bande da un lato e
i contrabbandieri dall’altro, si spostavano nelle ore buie, per cui
bisognava che non ci fosse gente per le
strade, nessun occhio indiscreto. La luna dava una mano a banditi e
contrabbandieri, tre giorni prima e tre giorni dopo il novilunio, di notte non
ci si vedeva ad un metro, quando la luna era in quintadecima, quindicesimo
giorno dopo il novilunio, tre giorni prima del plenilunio e tre giorni dopo,
una mano ai contrabbandieri la dava il lupunaru,
il licantropo, il lupo mannaro. Se nelle famiglie si avvertiva qualche
movimento negli altri giorni, allora per relegare i ragazzi in casa si fruiva
dell’uomo nero, del lupo, di perimattula o di mammaddau.
Giorgio, parecchi pleniluni era sceso quatto quatto dal letto e, con molta discrezione si era messo a pancia in giù sul balcone della sua cameretta che dava proprio su una crucivanedda, l’incrocio di due strade perpendicolari da dove il lupunaru sarebbe dovuto passare ed ululare, così la nonna Nunzia lo aveva erudito ma, tranne qualche latrato di cane, non aveva visto e sentito nulla.
Giorgio, parecchi pleniluni era sceso quatto quatto dal letto e, con molta discrezione si era messo a pancia in giù sul balcone della sua cameretta che dava proprio su una crucivanedda, l’incrocio di due strade perpendicolari da dove il lupunaru sarebbe dovuto passare ed ululare, così la nonna Nunzia lo aveva erudito ma, tranne qualche latrato di cane, non aveva visto e sentito nulla.
Secondo la leggenda, il
lupo mannaro sarebbe un essere umano condannato da una maledizione o, secondo
alcuni sono predestinati dalla nascita a trasformarsi in una bestia feroce ad
ogni plenilunio. Man mano che la luna tende allo Zenith, al predestinato
cominciano ad allungarsi unghia e denti, si ricopre di peli in tutto il corpo
e, perdendo la forma eretta, rincorre tutti i quadrivi, i crucivanedda, e lancia grida di dolore contorcendosi. Salvarsi dal
licantropo è costringerlo ad affrontare le scalinate, essi non possono salirle,
le evitano perché ad ogni scalino il dolore si decuplica. Il licantropo non va
in direzione delle chiese e non sopporta l’odore dei ceri accesi, dell’incenso che
brucia, delle lucine tremolanti delle candele votive.
Giorgio finì le medie, frequentò il liceo e si inscrisse all’università. L’Italia era in pieno miracolo economico, le macerie dei bombardamenti avevano ceduto il posto ai nuovi palazzi, tutti avevano una 600 FIAT comprata a cambiali e tutti si erano muniti di frigorifero e apparecchio televisivo, il licantropo era solo un personaggio da favola.
Giorgio finì le medie, frequentò il liceo e si inscrisse all’università. L’Italia era in pieno miracolo economico, le macerie dei bombardamenti avevano ceduto il posto ai nuovi palazzi, tutti avevano una 600 FIAT comprata a cambiali e tutti si erano muniti di frigorifero e apparecchio televisivo, il licantropo era solo un personaggio da favola.
A metà ottobre Giorgio festeggiò con gli amici l’ultimo
esame del corso di laurea in Scienze Geologiche. Il paese aveva quasi
riacquistato la tranquillità di sempre, dopo il fervere della vendemmia che era
al suo vertere. Gli acquazzoni si susseguivano e le strade erano quasi deserte.
Dopo la cena, Giorgio accompagnò con la sua 500 FIAT color sabbia davanti
casa un suo amico, richiuse lo sportello
e mentre stava per riaccendere il motore, sentì un grido lugubre, poi ancora un
altro che assomigliava ad un ululato. Gli tornò alla mente la luna in
quintadecima, non aveva come verificarlo, il cielo era coperto di nuvole. Col
finestrino semiabbassato, a motore spento, percorse un centinaio di metri;
seduta sopra una vecchia fontanella in pietra, una figura coperta da un
mantello cerato per non bagnarsi, ululava. Attorno tutte le finestre erano
chiuse e non si intravedeva nessuna luce. Sarà un matto, pensò Giorgio, accese
il motore e girò attorno alla fontanella, notando che l’uomo ebbe solo cura di
non farsi vedere in volto. Giorgio andò a casa e si mise a dormire. Il giorno
successivo dal panettiere, il ragazzo si ricordò di quell’uomo seduto sulla
fontanella sotto la pioggia e candidamente raccontò l’accaduto. Nessuno degli
astanti sembrò essere interessato al racconto di Giorgio anzi, qualcuno tentò
di cambiare discorso. Giorgio prese il pane ed uscì sulla strada, si avviò
verso il bar per prendere un caffè e gli si avvicinò un signore di mezza età e
sottovoce gli sussurrò:
- Sofisticano …
- Scusi, ha detto?
- Silenzio, piano,
parla piano…sofisticano!
Giorgio si fermò a 10
metri dal bar, si fermò anche il signore di mezza età che lo guardò negli occhi
e gli disse sillabando:
- So - fi - sti – ca - no!!! ….anche se il cielo è coperto, la luna
è in quintadecima, sette giorni per far rivivere il lupunaru!!!
- Scusi, ma sofisticano
cosa?............................................................................
- Il vino!... durante la vendemmia, acqua, zucchero e mosto di uva, è più semplice, non occorrono i lieviti, il mosto naturale li ha, bastano e si moltiplicano!
- Il vino!... durante la vendemmia, acqua, zucchero e mosto di uva, è più semplice, non occorrono i lieviti, il mosto naturale li ha, bastano e si moltiplicano!
- Capito!... ma cosa
c’entra inscenare il licantropo?...
- C’entra!... è come
avvertire tutti che non bisogna immischiarsi in queste vicende! Il lupunaru
avverte la gente di non immischiarsi, e quando cambia il verso avverte i
sofisticatori del pericolo di incursioni delle forze dell’ordine!
- Capito! Grazie per
avermelo spiegato. Vuole prendere un caffè con me?
- No! Io e te non ci
conosciamo neppure!... Io non ti ho mai visto!
L’uomo scomparì tra le
vie e Giorgio non seppe mai chi fosse. Dopo aver portato il pane a casa, montò
sulla sua macchina e si recò alla fontanella.
La sera prima non ci aveva fatto caso, proprio di fronte c’era una
cantina, piccola, con una capacità di ricezione di 3000 qli di uva, ma tutti i
giorni venivano caricati circa mille quintali di vino sulle autobotti e portato
al porto per essere scaricato nelle navi-cisterna.
Giorgio non fu impaurito dal discorso dell’uomo incontrato al panificio, e la sera, abbondantemente dopo la cena, si recò a piedi alla fontanella. La luna era alta nel cielo, il lupunaru coperto dal mantello cerato aveva preso posto sulla fontanella di pietra e ululava, dal magazzino di fronte arrivava l’odore del caramello che si scioglieva affinchè potesse fermentare per trasformarsi in alcool. …Lo Stato? ….Assente!.... Connivente?... Forse!!!!
Giorgio non fu impaurito dal discorso dell’uomo incontrato al panificio, e la sera, abbondantemente dopo la cena, si recò a piedi alla fontanella. La luna era alta nel cielo, il lupunaru coperto dal mantello cerato aveva preso posto sulla fontanella di pietra e ululava, dal magazzino di fronte arrivava l’odore del caramello che si scioglieva affinchè potesse fermentare per trasformarsi in alcool. …Lo Stato? ….Assente!.... Connivente?... Forse!!!!
Appena laureato Giorgio
conseguì l’abilitazione all’esercizio della professione di geologo, fece la sua
valigia e si spostò in una città del meridione d’Italia. Si costruiva una importante
arteria, capace di dare lavoro nell’immediato e respiro ad un Sud che stentava
a decollare. Una grande impresa, che aveva vinto gli appalti di un paio di
tronchi della nascente arteria, lo assunse affidandogli le indagini geologiche delle
aree in cui la strada doveva essere realizzata. Trivellazioni, carotaggi,
campionature, analisi e lunghe e dettagliate relazioni corredate dei relativi
disegni. La direzione dell’impresa un mattino convocò Giorgio negli uffici, si
complimentò con lui per il lavoro svolto e gli affidò l’incarico di indicare i
luoghi dove scaricare i materiali di risulta del movimento della terra, due
grandi bacini per ogni tronco di strada, ma che fossero il più vicino possibile
alle strade già esistenti. Giorgio uscì dalla direzione dell’impresa più
confuso che persuaso; che motivo c’era di scavare questi enormi fossati per riempirli
della terra smossa nei cantieri? Dispendio di energie, di mezzi, di manodopera
soltanto per togliere della terra del posto e riempire i fossati con la terra
scavata altrove, e poi perché nella vicinanza delle strade già esistenti? Cosa
non capiva Giorgio di quelle richieste strane
che l’impresa accoratamente gli richiedeva ?
Localizzati i punti per la realizzazione dei quattro bacini, nell’arco di due settimane le ruspe completarono quelle larghe e profonde buche. La direzione dell’impresa lo richiamò, si congratulò col geologo poi, oltre allo stipendio il direttore gli consegnò una busta gialla con dentro del denaro, quale premio per la sua solerzia e diligenza nel lavoro, quindi la comunicazione del licenziamento. Giorgio non disse una parola, rimase impassibile, girò i tacchi, si recò in cantiere, raccolse le sue cose e andò via in cerca di un altro lavoro.
Localizzati i punti per la realizzazione dei quattro bacini, nell’arco di due settimane le ruspe completarono quelle larghe e profonde buche. La direzione dell’impresa lo richiamò, si congratulò col geologo poi, oltre allo stipendio il direttore gli consegnò una busta gialla con dentro del denaro, quale premio per la sua solerzia e diligenza nel lavoro, quindi la comunicazione del licenziamento. Giorgio non disse una parola, rimase impassibile, girò i tacchi, si recò in cantiere, raccolse le sue cose e andò via in cerca di un altro lavoro.
Spesso Giorgio passava
dalla strada, per la verità molto transitata, che costeggiava due delle quattro
grandi buche, nessun movimento, per ogni buca una ruspa sul ciglio e non si
vedeva anima viva.
Era quasi mezzanotte
quando ritornò da una cena a casa di amici, era in macchina in compagnia di
Irene, la ragazza con cui si accompagnava spesso. All’angolo della diramazione
che portava alla prima delle grandi buche notò una figura umana con un mantello
e il cappuccio che all’avvicinarsi delle automobili emetteva un lamento che
sembrava un ululato. Dopo la curva si fermò, fece segno alla ragazza di stare
zitta e, guardando verso valle notò dei camion che scaricavano tanti fusti che
il ruspista ricopriva con uno strato di terra.
Ancora un lupunaru, la luna era alta nel cielo e Giorgio aveva capito
finalmente del suo licenziamento. Arrivato in paese, dopo aver lasciato a casa Irene,
telefonò da una cabina in maniera anonima alle forze dell’ordine, spiegando che
si interravano dei fusti che altro non erano che scorie radioattive. Indicò
luoghi, orari e parlò della ritualità del plenilunio. Per giorni ascoltò la radio, i telegiornali,
lesse i quotidiani senza riscontrare nulla di una notizia che avrebbe fatto
saltare in aria anche i morti; si convinse che l’ultima parte del
racconto-denuncia, la quintadecima, non avevano persuaso le forze dell’ordine. Uomo nero, perimattula, mammaddau, lupunaru,
non erano mai morti, continuavano a vivere perché servivano ancora per
realizzare malefatte.
La luna in quintadecima era la pacchia per
malfattori, sofisticatori, trafficanti, contrabbandieri!
Il paesino di Giorgio? …ovunque ci sono uomini capaci di trasformare i personaggi delle favole in operatori del male….tutti grassi col faccione tondo come la luna in quintadecima!….
Il paesino di Giorgio? …ovunque ci sono uomini capaci di trasformare i personaggi delle favole in operatori del male….tutti grassi col faccione tondo come la luna in quintadecima!….
è l'Italia anzi è il mondo..........................non ci sarà salvezza
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