San Giuseppe Jato
I Beccadelli e i Gesuiti
Ferdinando IV di Spagna Re di Napoli e della
Sicilia poi I
delle Due Sicilie (marito di M. Cristina d’Austria)
delle Due Sicilie (marito di M. Cristina d’Austria)
(Notizie tratte da: Francesco Belli – Ricordi storici e statistici dei Comuni di
San Giuseppe Jato e San Cipirello [1943] )
Discendenza
della Casa Borbone regnante nel Regno delle due Sicilie fino al 1860
C u r i o s i t à
1° Antonio di Borbone – Re di Navarra + 1562
2° Enrico IV di Navarra e Francia
+ 1610
3° Luigi XIII Re di Francia
+ 1643
4° Luigi XIV Re di Francia
+ 1716
5° Filippo Duca D’Angiò IV Re di Spagna + 1746
6° Carlo III Duca di Parma – Principe ereditario di
Toscana
Re di Napoli e Sicilia – Re di Spagna + 1788
Re di Napoli e Sicilia – Re di Spagna + 1788
7° Ferdinando IV di Spagna Re di Napoli e della
Sicilia poi I + 1825
delle Due Sicilie (marito di M. Cristina d’Austria)
delle Due Sicilie (marito di M. Cristina d’Austria)
8° Francesco I delle Due Sicilie
+ 1830
9° Ferdinando II Re delle Due Sicilie (marito di
Cristina di
Savoia) + 1859
Savoia) + 1859
10° Francesco II (nasone) Re delle Due Sicilie + 1894
Giuseppe Beccadelli di Bologna e Gravina, VI Principe di Camporeale, III Duca
d'Adragna, VII Marchese d'Altavilla, V Marchese della Sambuca, Conte di Vernia
e Pietra Alba, Barone di Venetico e Signore di Arienzo è stato un diplomatico e politico
italiano al servizio dei regni di Napoli e di Sicilia, primo segretario di
Stato dal 1776 al 1786, ricevette dal Regno di Napoli la Licenzia Populandi e, come novello Entello fondò San Giuseppe li Mortilli, oggi San
Giuseppe Jato. L’ex feudo su cui sorge il comune è quello di Mortilli di 446
ettari (200 salme). Detto feudo era posseduto dagli eredi di certo Andreotto
Lombardo, ma fu in seguito acquistato, per pochissimi soldi, dalla Compagnia di
Gesù di Trapani, che versava alla Chiesa di Monreale 40 onze, ma i Gesuiti
ricavavano le 40 onze solo per la gabella del fondaco che si trovava su una
strada e 360 onze più 60 botti di vino dal resto del feudo.
S. Ignazio di Loyola
I Borboni con un decreto cacciarono via i Gesuiti dal Regno (furono poi riammessi nel 1805) esso così recitava: “ Per la pace e quiete di se e dei suoi popoli il Re ordina di cacciare in perpetuo dai suoi reami i religiosi della Compagnia di Gesù, comandando loro di non potervi più mettere piede, anche sotto altro abito, sotto pena della disgrazia sua, concedersi a ciascuno di essi mensilmente la pensione di 6 ducati, la quale altresì perderebbe chiunque osasse parlare pubblicamente o scrivere contro questo decreto--------------------------------------------------------------------------”.
I Gesuiti, che si erano diffusi per tutta l’Europa e nel nuovo mondo, possedevano immensi beni, erano penetrati nei palazzi dei monarchi , cercavano di regolarne le coscienze e spesso gli affari di Stato e di educare i loro figli. Dei confessionali avevano fatto il mezzo per conoscere ogni cosa e sfruttarlo anche per i ricatti, quando qualcuno si accorse che l’Ordine, diventato un colosso, diventava difficile da atterrare. L’ingordigia e la sete di potere fece precipitare i Gesuiti, tanto che molte Corti d’Europa pensarono di scacciarli. Nel 1759 furono discacciati dal Portogallo dal Re Giuseppe; nel 1764 dalla Francia da Luigi XV di Borbone; nel 1767 Carlo III Re di Spagna li scacciò dalla sua vasta Monarchia. Le insinuazioni del proprio genitore Carlo III e gli avvisi del primo ministro Tanucci, indussero Ferdinando IV, I delle Due Sicilie a discacciarli------------------------------------------------------------------------.
I Beccadelli Bologna, crearono San Giuseppe li Mortilli, ma fino agli anni ’30 del XX secolo lo ritennero un ex feudo vassallo, con tutti i privileggi della investitura feudatale.
Così ci riporta il nostro concittadino jatino Alessandro Barone:
“La
Compagnia di Gesù del Collegio di Trapani, dal 21 maggio 1665, era
proprietaria del Feudo Mortilli , su cui sorge oggi San Giuseppe Jato.
Dipendevano direttamente dal Collegio di San Francesco Saverio di
Palermo, avevano un " discreto casamento, magazzini, la chiesetta del
Sacro Cuore di Gesù, un fondaco,40.000 viti su 4 salme di vigneto,in
tutto 200 salme.
I
Gesuiti erano presenti in Sicilia dal 1549, interessati alla Sicilia
soprattutto per la sua posizione geografica al centro del Mediterraneo,
luogo di transito per le crociate e ponte di collegamento per i commerci
e gli scambi con l'Africa e con l'Oriente. Per tutta la seconda metà
del Cinquecento,infatti, la Sicilia costituiva ancora l'estrema
propaggine meridionale del mondo cattolico mediterraneo.
La
vocazione missionaria dei Gesuiti non poteva non essere interessata in
queste condizioni al rilievo strategico di porti come Messina e
Palermo, infatti l'insediamento dei collegi in queste due città venne
attuato per volontà del Loyola, rispettivamente nel 1548 e nel l550, e
per opera personale dei suoi più diretti collaboratori: Ieronimo Nadal e
Iacope Lainez, a Palermo, che succedette al Loyola nel governo della
Compagnia.
L'istruzione era la missione principale della Compagnia che andava via via accumulando un patrimonio ingentissimo.
I
collegi che sorgevano nel corso della seconda metà del secolo XVI,
lungo le coste dell'isola, a Siracusa, a Trapani, a Catania, a Marsala e
a Malta, obbedirono prevalentemente ad esigenze di ordine alla
strategia insediativa dei Gesuiti in Sicilia.
Dopo
la battaglia di Lepanto e in relazione alla diminuita importanza
internazionale dell'isola e dell'intero bacino del Mediterraneo allo
sviluppo dell'ordine, in Sicilia concorsero invece fattori di ordine
politico, culturale e sociale, legati soprattutto all'esercizio del
magistero scolastico e all’influenza crescente che i Gesuiti riuscirono
ad esercitare tra le popolazioni locali. Nel corso della prima metà del
Seicento, la dislocazione di collegi di nuova istituzione corrispose
alle esigenze prevalenti di una <<strategia>> scolastica
isolana. Dalla fascia costiera si penetrò nell'interno dell'isola con
linee di irradiazione tendenti a coprire tutta l'area territoriale,
comprese le zone più impervie e arretrate. Il metodo di insegnamento e
il programma di studi era quello contenuto nella <<Ratio
Studiorum>> che dal 1599 costituì il testo fondamentale della
pedagogia gesuita.
Tra
il 1650 e il 1700 si fondarono i Collegi di Polizzi, Mazzara, Alcamo e
Mazzarino e la Casa di San Francesco Saverio a Palermo.
In questa azione si insediarono nella Valle dello Jato nei feudi
Mortilli (con salme 200 di Casa San Francesco Saverio a Palermo),
Dammusi, Signora e che Pietralunga, dipendevano dal collegio massimo
del Noviziato di Casa professa di Palermo, Macellaro (1.373 salme) dal
Collegio Romano.
La
loro presenza incise non solo nella storia politica ma anche nella
storia della Chiesa, ma sopratutto nei rapporti tra lo stato e chiesa.
La storia della istruzione pubblica statale, è legata ai Gesuiti che furono i primi ad operare nel settore dell'istruzione dal momento che la dissoluzione dell'ordine gesuitico pose tutti i governi nell'inderogabile necessità di intervenire nel settore della scuola sino ad allora quasi interamente occupato dalla espulsa Compagnia. L'espulsione dei Gesuiti e la successiva decisione papale di sopprimere l'ordine, non erano che la conclusione di un lungo e laborioso processo nel quale si ritrovano alcuni fra i principali elementi formativi della cultura e della società moderna; tra essi: il pensiero illuminista; la crisi dei rapporti fra stato e chiesa e il dibattito sul ruolo che il cattolicesimo dovesse avere nella società moderna, che lacerava dall'interno la chiesa cattolica.
Vecchio mulino sul fiume Jato
Mero
e Misto imperio
[Antico diritto feudale per investitura del Sovrano, che finiva alla
morte e poteva essere riconcesso agli eredi in via diretta; per tale diritto i
feudatari potevano fare, nei loro feudi, ciò che il Sovrano faceva nel suo
reame: promulgare leggi, creare magistrati, avere corte, esercitare diritti
sulla proprietà e la vita dei sudditi. Si spiega così il governatorato delle
Provincie] (A. Narbone – Storia
letteraria Siciliana).
Da
dove venivano i nostri antenati?
Nei primi atti dello Stato Civile e della Parrocchia, si riscontrano i nomi di molti paesi dell’isola da cui provenivano i nostri antenati:
Nei primi atti dello Stato Civile e della Parrocchia, si riscontrano i nomi di molti paesi dell’isola da cui provenivano i nostri antenati:
Da
Alcamo provenivano i Pilato
“ Capaci “ “
Taormina
“ Carini “ “
Zorba e Mannino
“ Casteltermini “ “
Nogaro
“ Castronovo “ “
Pillitteri
“ Chiusa Sclafani “ “ Prestigiacomo, Belli,
Bonfiglio, Lo Cascio,
Montalbano
“ Contessa
Entellina “ “
Migliore
“
Grotte “ “
Morreale, Infantino, Agnello
“ Comitini “ “ Terrazzino, Cucchiara
“
Burgio “ “
Sciortino
“
Cinisi “ “
Palazzolo
“ Belmonte
M. “ “
Traina
“
Bisacquino “ “ Tumminelli e Troncale
“ Gibellina “ “ Ruoppolo
“ Giuliana “ “ Zito
“ Lercara “ “ Scaglione
“
Favara “ “
Miccichè
“ Monreale “ “
Leto, Ganci, Ferrara, Cavallaro, Graiano,
Fileccia
“ Montelepre “ “
Licari, Terranova
“ Partinico “ “ Russo, Salvia
“ Partinico “ “ Russo, Salvia
“ Piana dei Greci “ “ D’Alia, Caradonna, Scalia.
Gente poi è venuta da Bivona, Prizzi, Santo Stefano, San Mauro Castelverde, Santa Margherita Belice, Torretta, Valguarnera Caropepe, con i nomi più ricorrenti: Puleio, Fatta, Mazzola, Lamia, Schiavo, Spinella, Conte, Mangano, Riela, Finazzo, ecc.
Toponomastica
Gente poi è venuta da Bivona, Prizzi, Santo Stefano, San Mauro Castelverde, Santa Margherita Belice, Torretta, Valguarnera Caropepe, con i nomi più ricorrenti: Puleio, Fatta, Mazzola, Lamia, Schiavo, Spinella, Conte, Mangano, Riela, Finazzo, ecc.
Toponomastica
La denominazione
attuale delle strade del paese fu adottata nel censimento del 1901. Tranne la
via maestra, Via Umberto I, le altre portavano
il nome della famiglia più in vista che vi abitava. La via Mannino
diventò Via Vittorio Emanuele III, la via D’Alia si trasformò in via Roma lato monte, la via
Ogliastri in via Roma lato valle, la via Stabile in via Trapani, la via
Corselli in via Normanni, la via Miccichè in via Municipio, la via Grippi in
via Pergole, la via Pilato in Via Duca degli Abruzzi, la via Casa Comunale in
via Delle Scuole, e così fu per tante altre vie.
"U viveri" - Grande fontana circolare
Una
chicca che si estrapola dallo scritto del Belli Medico
Condotto e Ufficiale Sanitario di San Giuseppe Jato, datata dallo stesso 19 – 1
– 1934 anno XII dell’era fascista:
MORTALITA’ NEL
DECENNIO 1884 – 1893 San Giuseppe 29,77 per mille, San Cipirello
23,40 per mille.
DECENNIO 1895 –
1905 San Giuseppe 23,40 per mille, San
Cipirello 19, 25 per mille.
Morte per disturbi di
nutrizione nei bambini,
San Giuseppe 24,40 per mille San Cipirello 18,02 per mille.
Morti per malattia di
infezioni, San Giuseppe 15, 22 per mille San Cipirello 12, 91
per mille.
Morti per malattie
broncopolmonari, San Giuseppe 19,10 per mille, San
Cipirello 16, 60 per mille,
Morti per malattie
tubercolari, San Giuseppe 2,26 per mille, San
Cipirello 1,52 per mille.
Morti per malaria,
San Giuseppe 4,18 per mille, San Cipirello 2, 38 per mille.
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Un pugno di curiosità che fanno la storia di un territorio.