Mario Scamardo
Versi sparsi
Tante volte ti passa per la mente un ricordo, un pensiero che ti riporta lontano, è allora che hai bisogno di affidare ad un foglio quanto con la fantasia stai rivivendo....
NON CI SEI
Vorrei dirti tantissime cose
ciò che passa per la mente,
i miei progetti e le speranze
i sogni colorati e galoppanti
le voglie e gli arditi desideri
l'essenza vera dei pensieri.
Raccontarti le malinconie
delle notti solitarie e buie
quando il silenzio amico
mi è compagno e amante,
talvolta sordo e muto,
tal'altra logorroico e petulante.
Parlar delle aurore, sempre uguali
e dei giorni lunghi o brevi,
spesso spossanti e vuoti
come noci senza gherigli
a far soltanto rumori.
Vorrei dirti che anche questo
è diventato un sogno senza fine,
perchè tu non ci sei,
o, forse, non ci sei mai stata!
HO LETTO LA TUA ANIMA
E' successo
poche volte!
Ho visto
sprizzare la gioia
dai tuoi
occhi apposta celati
da occhiali marcati
di scuro.
Brillavano
come non mai
ed in essi
soddisfatto ho letto
le pagine
della tua tenerezza.
Eri tu,
senza il tuo velo grigio,
con tutta la
carica affettiva,
senza alcuna
corazza,
ed il
fulgore del tuo sguardo
mi ha fatto
chiaramente leggere
il pieno
della tua anima,
le grandi
pagine del tuo cuore,
candide,
talvolta immacolate,
piene di
spazi vuoti,
non pagine
ingiallite
ma nitidi
fogli delicati
come i
petali del gelsomino.
Profondi e
luminosi fanali
incapaci di
mentire
che han
portato fuori
quella
bellezza interiore
tanto
somigliante a quella esterna
che ti
ostini a celare.
Sai, ora ho
davvero capito
quanto la
mia istintività
è stata
precisa nel tempo.
Io, quanto
te son testardo,
ed ora ho
avuto ragione,
il bello che
tieni nel cuore
è pari al fascino
tuo.
Non è stato
il tempo capace
di strappare
la tua innocenza;
vorrei che i
giorni a venire
possano
darti momenti migliori.
Ora sei tu
padrona del campo,
gli altri,
la gente, inezie da nulla,
minuscole
menti vaganti nel vuoto,
tu, invece,
regina del senno
regali i
tuoi pensieri con amore
e fai che
ognuno si disseti
alla
coraggiosa fonte del tuo sapere.
Brava Mimì,
complimenti!
Sai quanti
muri hai abbattuto?
Ora sei
un'impeto, una forza vera,
eppure,
nella tua semplicità,
nella
dignità che ti distingue,
sei sempre
la stessa,
una passione
infinita,
e nulla sai
chiedere
perchè hai
solo e sempre donato.
Grazie di
avermi onorato
or mi posso
con orgoglio fregiare
di essere
veramente tuo amico.
Che la
fortuna assista i tuoi passi
e ti renda
quanto dovuto,
Grazie Mimì,
ti voglio bene.
IL BARATRO
Cieli senza stelle,
prati senza erba e fiori,
alberi senza foglie
e uomini di latta
cavalcano destrieri
di plastica ingiallita.
L'aria puzza di catrame
sotto coltri di fumo
e suoni striduli
invadono le valli
e risuonano lugubri echi.
Le acque risalgono i fiumi
e ritornano alle fonti
sotterrandosi veloci,
intanto i fuochi si spengono
sotto gli occhi di Prometeo,
mentre Atlante piega stanco
le ginocchia tremanti
e curva le spalle sempre più
sotto l'eterno peso.
Melchiorre è sempre in cammino,
col suo carico di mirra,
s'è smarrito nel deserto,
si è spenta la sua guida,
mentre bimbi macilenti
succhiano i seni scarni
di madri pelle e ossa,
e tu?... sempre imperterrita,
insegui con costanza
le tue storielle senza storia,
non curandoti di nulla,
senza accorgerti che
stai vivendo il declino.
L'onorata società
Uomini e
donne pieni di belletti
tirati a
lucido, eleganti,
grandi pompe
e tanti fumi,
giovanette
gracchianti
piene di
lustrini,
facciate e
apparenze.
Femmine
gravide di odio
partoriscono
piccoli mostri,
brutti,
arcigni e cattivi,
mine vaganti
incontrollate
in un mondo
senza regole.
Fameliche
Medee
divorano
intere nidiate
con grande
ingordigia
ed
inghiottono fiele.
Bocche
traboccanti di lercio,
di orrido
sudiciume
che vomitano
veleni.
Cervelli
colmi di tragedie
e
machiavelliche rovine.
Brutti
rospacci luridi
colmi di
tentazioni
guazzanti
nella mota!
Sangue nelle
loro mani
e attorno a
loro grate,
enormi
gabbie d'acciaio
per bestie
sanguinarie.
VIA
DEL SILENZIO
Ciao Veronica,
ricordi?...
la nostra
viuzza stretta,
allargavamo
le braccia
e toccavamo
le due murate.
Stringevi
forte le sbarre
del piccolo
balcone
ed io dalla
finestra di fronte
ti
accarezzavo le nocche.
Non c’era
mai il sole
nella nostra
stradina,
passava soltanto
il lattaio
ed il
vecchio maestro di piano
e noi,
spennacchiando un geranio
lasciavamo
che i petali rossi
come
farfalle si librassero in aria
per poi
vederli adagiare
sui piccoli
coti del basolato.
Più grandi,
ci stringevamo le mani
e il sorriso
fu il nostro padrone
fino a
quando la scuola ci separò
preparandoci
ai nostri destini.
Cominciasti
ad inseguire chimere,
sembravi già
donna ed io,
eternamente
bambino!
Sul tuo
balcone rigogliosi gerani
alla mia
finestra solo foglie verdi,
io ripetei
ogni dì il gioco,
lasciando
librare i petali,
non sorrisi
più, divenni serioso
e
guardandomi allo specchio
mi accorsi
del mio naso più tozzo,
di una
strana peluria sul viso.
Son
diventato brutto, pensai
e fu quasi
una rassegnazione,
allungai le
braccia e strinsi,
come per un
addio
le sbarre
che stringevi tu.
Ricordavo
appena il colore
verde
intenso dei tuoi occhi,
ma sapevo
che erano
gli occhi
più belli del mondo!
Ricordi
Veronica?...
Non ebbi
nemmeno il tempo
di fare
progetti allora,
eri il mio
impegno quotidiano,
l’unico,
allietato dai petali volanti
e dai nostri
silenziosi sorrisi.
Cinquant’anni
dopo,
quasi per
caso, ti cedetti il passo
in quel
budello stretto,
ambedue ci
girammo di colpo, e
istintivamente
presi le tue mani
e carezzai
le tue nocche,
anche tu non
dicesti una parola
ma
dolcemente, con un polpastrello
raccogliesti
sul mio viso una lacrima.
Ciao
Veronica…
AMORE
Amore che
svanisce e scappa via
amore che da
il vuoto
amore
catturato che ha messo le ali.
La vita è
diventata un temporale
che si è portato
via il sereno.
Non c'è
freddo, tremo di paura
e piango
solo lacrime d'amore.
Dell'amore
hai avuto paura,
di soffrire
hai tanto timore.
Dove vai
così raminga,
fermati!...
soffrire per amore
è vivere
l'amore!
La vita non
ha ieri
dimentica il
passato
come io ho
già dimenticato,
il domani è
già presente!
E’ STATA COLPA DEL GABBIANO !
Sulla
plancia guardavi l’infinito
e una brezza
sfiorava i tuoi capelli,
il tuo
volto, le tue braccia scoperte…
un paio di
guizzi, forse un delfino.
Ti poggiai
la mia giacca sulle spalle,
non dicesti
nulla, solo uno sguardo,
due occhi
profondi e neri,
le
sopracciglia esprimevano un cruccio
e ci fu
compagno un lungo silenzio.
Cercavi
qualcosa o sognavi,
chi eri?
Forse una creatura del mare,
dell’azzurro
infinito coi suoi misteri,
ninfa
leggiadra o ammaliante sirena.
All’orizzonte
affiorò dalle acque,
lentamente,
coi suoi pallidi raggi,
il più
ingannevole degli astri, e tu,
incantata,
sempre a mirare nel vago.
Mi distrasse
un gabbiano gracchiante,
poggiato
sulla cima d’un pennone,
stava
spiccando il volo, un attimo soltanto,
in un
baleno, non c’eri più… svanita!
All’orizzonte
una scia luminosa
si perdette
nell’immensità del cielo.
Su un
sedile, la mia giacca piegata,
con sopra un
pettinino in madreperla.
Chi eri? Forse
una fata, certo una strega
che mi
rubasti il sonno e la ragione.
Non ho
sognato, ne son certo, e ritorna
il magone
allo spuntar della luna.
E il
gabbiano?... un diavolo!...
o forse tu
stessa, che pigliavi il volo.
Ti cercai
tra la gente invano,
fino a
scrutar le onde pacate…
dissolta nel
nulla come angelo o demone,
che
rabbia!... E’ stata colpa del gabbiano!
Dipinger l’Ade
Infausto
destino,
t’abbattesti
su di lei
e le rubasti
giovane
il lume
degli occhi.
Il suo abito
a fiori,
da sempre lo
stesso,
si è
attaccato alla sua pelle
testimone
dell’antico sfarzo.
La mano sua
leggiadra,
mossa da
musa ispiratrice
dava vita a
mille tele,
or pesante e
rattrappita,
serra la
cima di un bastone
che scruta
per evitar periglio.
La città
rumorosa,
è diventata
incantato bosco,
dove vivono
folletti,
gnomi ed
elfi burloni,
dove non c’è
colore,
dove non
senti un suono,
e, come nei
vecchi films
la vita è in
banco e nero.
Non aspetti
più nulla,
il tempo,
parametro vuoto
si è
fermato da tanto e,
il
rintoccar dei campanili
non ti da
emozioni.
La grande
fontana
piange
lacrime amare
come madre
addolorata,
poche gocce
rugginose
perforano
un cote.
Ad inverno
inoltrato,
una brezza
leggera,
come gelido
vento
d’impietosa
tormenta,
ti sferza il
volto
già triste e
smunto, e tu,
come
storiella senza storia,
silenziosa e
muta
trapassi
all’oblio
tra le tele
e i colori
che sol
rivedesti
con la magia
del sogno
e della
fantasia.
Addio
Ornellina,
amica di
sempre,
che fosti
scalpitante puledra
con la
criniera al vento,
fosti
primavera inghirlandata,
sorgente
fresca e copiosa,
tenera e
delicata amante
prodiga di
sorrisi e di carezze,
sostegno dei
momenti bui.
Quando la
prossima brezza
vorrà che
trapassi anch’io,
voglio
portarti una tavolozza
spalmata di
tutti i colori
per ridipinger
l’Ade