I RACCONTI DEL BORGO
Mario Scamardo
LA DOTTRINA DELLA CONOSCENZA
Aristotele
Gabriele superato l’esame di licenza media, chiese consigli alla sua mamma se inscriversi in un liceo classico, così come aveva suggerito la sua insegnante di lettere, oppure accedere a quello scientifico o ad un istituto tecnico. La mamma, che era in servizio nella qualità di docente di fisica in un Istituto tecnico, gli consigliò il liceo classico, anche perché l’unico che c’era nella loro cittadina, era a duecento metri da casa loro, LICEO CLASSICO STATALE LUIGI PIRANDELLO.
Sin dal primo giorno di scuola Gabriele seguì ogni ora di lezione con enorme interesse, guadagnandosi il plauso di insegnanti e genitori. Pian pianino prese dimestichezza con la filosofia e fece suoi, di volta in volta, i pensieri di Socrate, di Platone, di Aristotele. Fece propri tanti concetti della Scuola Classica, si addentrò nei Caratteri della civiltà ellenistica, l’Epicureismo, lo Stoicismo, lo Scetticismo, ecc.
Ci volle poco per Gabriele a cimentarsi in un argomento che lo affascinava e che riteneva la sua conoscenza indispensabile alla crescita dell’uomo, “La dottrina della conoscenza”. Così come Platone, Aristotele riconosceva il duplice grado della conoscenza dell’uomo, delle cose individuali e cioè la sensitiva e delle essenze universali, dei concetti che costituiscono “scienza” e cioè l’intellettiva. Aristotele non conveniva con la dottrina platonica, per cui i concetti erano reminescenze contemplate nelle vite precedenti che egli negava.
All’inizio della vita la mente dell’uomo è una pagina non scritta. Con gli occhi, le orecchie, il naso, il tatto e il gusto, arrivano all’uomo le prime sensazioni. Un senso interno, senso comune, connette in una unica rappresentazione le qualità sensoriali dello stesso oggetto di cui il cervello elabora una immagine che viene conservata dalla memoria. La fantasia compie un ulteriore lavoro, quello di fondere immagini di oggetti simili, per ottenerne un’immagine generica che diventa schema. Basta cimentarsi nel disegnare una semplice foglia o un animale dove delineiamo i tratti caratteristici, all’uomo familiari. I bambini, ce lo fanno notare, attraverso i loro disegni sempre schematici.
La fantasia conserva le immagini sensibili, la memoria ne dà il possesso
permanente.
Si fermava Gabriele, rileggeva quanto
aveva scritto, lo rivedeva una seconda volta, poi chiudeva il quaderno dove
scriveva e andava a farsi una passeggiata per incontrare gli amici ed i
compagni di scuola e, cercava di verificare quanto aveva sostenuto, quando lo
riteneva possibile.
Risedutosi davanti al suo quaderno ripigliava a scrivere. Aristotele, In difformità con Platone, afferma che nella rappresentazione sensibile l’elemento universale non è in atto ma in potenza. Aristotele distingue un intelletto attivo ed uno passivo. Ogni uomo è dotato di intelletto passivo, esso è come un occhio mentale che non riesce a vedere se non viene impressionato dalla luce intellettuale (intelletto attivo), un elemento che viene dal di fuori, un elemento divino che trae dalla rappresentazione sensibile l’essenza che vi abitava allo stato potenziale; da qui il concetto di astrazione e, quindi, l’intelletto passivo che l’accoglie e la immagazzina quale concetto.
Celestino V
Nel Medio Evo il Cristianesimo, considerando l’intelletto attivo come infuso in ogni uomo con la creazione della sua anima spirituale da parte di Dio, si inventò l’aristotelismo cristiano ma, la concezione aristotelica cristiana e la mentalità del filosofo sono distanti anni luce, per cui diventa molto verosimile che Aristotele non ammettesse l’immortalità personale.
La filosofia cristiana è quel campo di indagine che cerca risposte sul senso del mondo e della vita umana alla luce della rivelazione cristiana; in tal senso essa attiene più in generale ai rapporti tra filosofia e religione.
In periodo medievale la teologia cristiana assumerà sempre più le vesti della filosofia, ovvero di un tentativo di pensare la divinità anche con gli strumenti della ragione, non tanto per rinforzare la fede, quanto allo scopo di difenderla dalle critiche nei suoi confronti. La filosofia "ancella della fede" è così la concezione rintracciabile in questi primi costruttivi rapporti tra filosofia e Cristianesimo.
Gregorio X
Il tempo, questo infaticabile camminatore, modella e affina ogni cosa. Più volte nei secoli esponenti del pensiero cristiano, quali ad esempio Tommaso d'Aquino, o anche documenti ufficiali della sede papale, si sono soffermati sul rapporto fra fede e ragione, per marcare il punto di vista cattolico, sulla risoluzione di questo rapporto; una recente enciclica, promanata da papa Giovanni Paolo II con il nome appunto di Fides et Ratio, ha riproposto la dottrina della Chiesa su questo punto. L'enciclica presenta lo spirito dell'uomo come compreso tra due ali che sono appunto la fede e la ragione. Mancando un sola delle due non si può spiccare il volo alla ricerca della verità. Nessuna fede può essere accettata se prima non è pensata dall'intelletto: Dio si rivela all'intelligenza, dà spiegazione intelligibile del suo amore. L'amore di Dio è oggetto di Rivelazione e quindi comunicato all'uomo che la conoscerà tramite la sua razionalità.
Gabriele, per il tema che s’era dato, aveva
ultimato il suo scrivere, ma non aveva finito di cercare conferme quindi,
affidava il suo lavoro al severo giudizio di sua madre, accettando tutte le
eventuali critiche e i consigli. Fu così per tutti gli anni del liceo poi, la
scelta per la vita, la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli
Studi di Palermo che lo vide laureato in Filosofia e Pedagogia col massimo dei
voti, la lode e la pubblicazione della tesi: “LA DOTTRINA DELLA CONOSCENZA E I PAPI
INNOVATORI DAL MEDIO EVO A PAOLO VI”. Due anni dopo Gabriele ebbe la cattedra di
filosofia in un COLLEGE Californiano.
Quasi trentenne Gabriele sposò in Sicilia una sua collega universitaria. Si dimise dal College californiano e diventò dirigente di una industria agroalimentare facendola diventare nota in tutto il mondo. Sua moglie partorì Luigi che crebbe fino a diventare scolaro e poi studente e, quando fu il momento di affrontare il liceo, chiese anch'egli consigli ai genitori che lo inscrissero al LICEO CLASSICO STATALE LUIGI PIRANDELLO della loro cittadina, lo stesso che aveva formato Gabriele.
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