Mario Scamardo
I RACCONTI DEL BORGO
La matriosca
I tronchetti bruciavano sugli
alari del caminetto, don Adelmo, il parroco della chiesa del Carmelo, sorbendo
un the che Marianna, la badante, gli aveva servito, intratteneva le quattro
sorelle Grassi, tutte nubili, Rosina, Mafalda, Augusta e Delia, la più piccola,
più minuta delle altre, gracile, malaticcia, scorbutica, consumatrice di
farmaci fino alla paranoia, igienista, fino al punto di indossare i guanti per
maneggiare le pillole che ingurgitava e che, di volta in volta, depositava con
estrema cura nel cassetto del suo comodino. Tra Augusta e Delia c’era
Piercarlo, che abitava in periferia, unico maschio, cinquantenne, che aveva
sposato Rosaura, di vent’anni più giovane di lui. Tutti e cinque i fratelli
dividevano un cospicuo vitalizio lasciato dai genitori che permetteva ad ognuno
di vivere con grandi agi. Marianna ritirò il vassoio e ritornò in cucina,
lasciando le quattro zitelle ai loro sfoghi col parroco che sapeva ascoltarle
pazientemente, anche a fronte di cospicui oboli che riceveva settimanalmente da
Rosina, in nome e per conto dell’intera famiglia. Pochi uomini erano entrati in
quel salotto, ad accezione di un vecchio zio, l’elettricista e il commesso
della pasticceria del bar difronte, che tre volte la settimana portava un
vassoio di dolcini da accompagnare il the che veniva servito puntualmente alle
diciassette, salvo qualche ritardo di don Adelmo. Da quando si era sposato
Piercarlo accedeva alla sua casa natia il martedì da solo e il venerdì in
compagnia di sua moglie, sempre sorridente, cordialissima, ma guardata sempre
con sospetto, in quanto tutte e quattro le sorelle pensavano che lei avesse
sposato il fratello solo per interesse. La più giovane, Delia, durante la
visita, trovava sempre una scusa per appartarsi, e ritornava in compagnia, solo
al momento del commiato. Non uscivano mai le sorelle Grassi, e se lo facevano,
dovevano essere almeno in due, sempre eleganti, sempre curate, ma sempre
guardinghe, a passo sostenuto si recavano alla fermata dei taxi e si facevano
portare al centro per i loro acquisti. Il giardinetto che circondava la villetta
era sempre ben tenuto, circondato da un’alta cancellata e da una fila di fitti
allori ornamentali che non consentivano ad alcuno dei passanti di potere
sbirciare dentro e, spesso, d’estate, le sorelle e gli eventuali ospiti,
consumavano il rito del the sotto un gazebo nel piccolo prato. Due volte la
settimana Rosina, la maggiore, riuniva
nel salotto davanti al camino le sorelle e leggeva loro una novella, un passo
del Vangelo, il libretto di un’opera, un canto della Divina Commedia, un
articolo del quotidiano, poi, nel rispetto delle idee di ognuna di loro,
partiva il commento e il confronto, mentre Marianna, la badante, ascoltava i
loro commenti spolverando piatti e ninnoli che facevano bella mostra in
un’enorme vetrina liberty in palissandro.
Si
avvicinava il Natale, Rosina e Mafalda si erano recate al centro a comprare i
regali per tutta la famiglia, Marianna e don Adelmo compresi. La famiglia era
solita riunirsi il tredici dicembre, il giorno di Santa Lucia, per continuare a
ricordare con una cena l’onomastico della loro mamma, deceduta da un ventennio.
Il grande tavolo ovale della sala da pranzo venne apparecchiato con otto
coperti, uno in più dei commensali, a capotavola veniva preparato un coperto ma
non veniva messa la sedia, venivano girati sottosopra i piatti e i bicchieri e
veniva posto il tovagliolo sul piatto, quello era il posto dove sedeva a tavola
la madre, un rito diventato nel tempo una normalità. Bussarono alla porta,
Marianna fece accomodare don Adelmo e cinque minuti dopo entrarono Rosaura e
Piercarlo. Fu servito un aperitivo in salotto, poi tutti presero posto attorno
alla grande tavola e al cenno di Rosina, Marianna servì le portate. Imperava il
silenzio che venne rotto da don Adelmo:
-
Piercarlo, quando la tua bella moglie ci
allieterà regalandoci un bel bambino?
Il
silenzio ritornò per un attimo sovrano e tutti gli occhi furono puntati su
Piercarlo.
-
Don Adelmo, siamo sposati da cinque mesi, Rosaura
ci regalerà sicuramente quest’evento importante, appena Dio vorrà.
-
Non dovete temporeggiare, non c’è più bello di un bambino, la famiglia
si completa e le ziette saranno felici di tenerlo fra le braccia.
Delia diventò irrequieta, nervosa, con
la mano sinistra stropicciò il tovagliolo, si alzò.
-
Scusate, sono stata distratta, corro in camera mia, ho dimenticato di
prendere la mia compressa di valeriana, torno subito.
Si alzò pure Rosina, imboccò il
corridoio e dopo un po’ rientrò dalla cucina assieme alla sorella più piccola.
Rosaura aspettò che don Adelmo finisse di servirle del vino:
-
Stai bene Delia?
-
Si cara, a volte dimentico di prendere le mie compresse, ma ora è tutto a
posto, vi chiedo ancora scusa.
-
Perché domani non vieni a trovarmi a casa, staremo un poco assieme a
raccontarci qualcosa, mi farà piacere, se vuoi verrà Piercarlo a prenderti.
-
Grazie, ci penserò.
La
cena continuò serena tra gli aneddoti di don Adelmo e la faccia sorpresa di
Mafalda che ascoltava senza perdere una battuta e si immedesimava nel racconto.
Tutti erano ghiotti di panna, tranne Rosaura che aveva un’avversione a tutti i
dolci che la contenessero. Rosina aveva ordinato al suo pasticciere una torta
guarnita riccamente con riccioli di panna e fragoline, ed il garzone aveva
portato un secondo involto con un dolce guarnito di crema pasticciera, proprio
per Rosaura. La badante portò i due vassoi e a servire volle essere Augusta,
destra nel tagliare la torta e impeccabile nel servirla. Arrivava dalla cucina
la fragranza di caffè che Marianna aveva versato in una caffettiera di
porcellana cinese, aveva appena finito di consumare il suo dolce Rosaura,
quando si alzò di scatto:
-
Scusate, scusate, vado in bagno.
Mentre
Piercarlo continuava a far domande a don Adelmo, le quattro sorelle si
guardarono in faccia, ma poi ognuna riprese a finire la torta e a sistemare il
tovagliolo sotto lo sguardo di Marianna. Trascorsero venti minuti circa,
Rosaura non ritornava dal bagno, solo Marianna ebbe il buon senso di parlare:
-
Scusate signor Piercarlo, la signora non è ritornata dal bagno, mi è sembrata
concitata quando si è alzata dalla tavola.
Don
Adelmo si zittì e chiese alle donne:
-
Qualcuna vada a vedere, potrebbe sentirsi poco bene.
Si
alzò Piercarlo e seguito da Marianna imboccò il corridoio, un attimo dopo
rientrò la badante sconvolta:
-
Correte, la signora è a terra, la sua bocca è piena di schiuma, padre, vada
pure lei.
Raggiunsero
tutti il bagno, Rosaura esalava l’ultimo respiro, qualcuno corse al telefono a
chiamare un medico che arrivò di li a poco, constatò la morte della donna e
sentenziò:
-
Avvelenata! Stricnina! Dov’è un telefono, chiamo la polizia!
Le
quattro donne si strinsero in un angolo, farfugliarono qualcosa, il marito
rimase in ginocchio accanto al corpo esanime e il sacerdote recitò una prece.
Il medico fece uscire tutti e li convogliò nel salotto:
-
Nessuno tocchi niente e nessuno si allontani, la polizia sta arrivando!
Una
sirena, poi un’altra e due macchine si fermarono sull’uscio. Il commissario
Parelli guardò assieme ad un sergente la scena del crimine, appuntò alcune cose
su un taccuino, dopo che un fotografo immortalò la scena, uscì dal bagno e
diede ordini ad un agente di informare il giudice. Si rivolse al medico e
chiese l’ora del decesso e le sue impressioni.
-
Veleno, commissario! Stricnina! La schiuma alla bocca me ne da conferma, ma
piglieremo un campione della saliva per averne certezza assoluta.
-
Fra poco lo farà il medico legale! Nessuno sparecchi, chiudete la cucina,
rimanete tutti in salotto fino a quando non avremo finito i rilievi!
Rosina,
Mafalda, Augusta e Delia sedettero davanti al camino, don Adelmo accompagnò
Piercarlo ad una poltrona e sedette accanto, Marianna ed il commissario
entrarono in sala da pranzo.
-
Signora, da quanto tempo si occupa di questa casa?
-
Da venti anni esatti, da quando è venuta meno la signora Lucia, la mamma delle
signorine Grassi e del signor Piercarlo.
-
Lei abita in questa casa?
-
Si, ho la mia stanza in fondo al corridoio, accanto alla camera della signorina
Delia.
-
Chi ha avvelenato la signora?
-
Commissario, domanda da un milione di dollari!
-
E’ stata lei?
-
Perché avrei dovuto, lei era l’unica persona che frequentava questa casa e che
portava un alito di freschezza, un sorriso, una gentilezza!
-
I domestici di solito sanno tutto di tutti i componenti delle famiglie, asti,
incomprensioni, interessi.
-
Tutte nubili, solo Piercarlo si era sposato, direi contro le volontà delle
sorelle, anche se non lo hanno mai detto, ma è trapelato dai loro umori.
Interessi? Ognuno aveva la sua parte, stabilita di comune accordo.
-
Visite?
-
Tranne il prete e il commesso della pasticceria, mai nessuno. Il vecchio zio
Ignazio Grassi, fratello del padre, anch’egli non sposato, che veniva una volta
la settimana, è deceduto circa tre mesi addietro.
-
Bene, mi dica quale era la disposizione a tavola.
Marianna
fornì tutte le notizie e quando finì il commissario le chiese:
-
Durante la cena, qualcuno ha lasciato questa stanza?
-
Si, dopo aver servito il risotto, la signorina Delia si è recata nella sua
camera per pigliare una compressa di valeriana, lo fa a tutti i pasti, se ne
era dimenticata, Rosina si alzò anche lei e imboccò il corridoio, poi tornarono
assieme e rientrarono dalla cucina, strano, di solito nessuno passa dalla
cucina.
-
Altra gente che ha lasciato la stanza?
-
Nessuno!
-
Bene! Grazie, lei può andare a riposare, durante la notte i miei agenti faranno
tutti i rilievi, domani la cucina sarà sua, stasera pentole e stoviglie varie
rimarranno imbrattate.
La
badante andò in camera sua e si mise a letto. Il commissario interrogò
Piercarlo e don Adelmo, poi mandò a letto le signorine e attese l’arrivo del
giudice.
Il
cadavere della bella Rosaura fu portato in obitorio per l’autopsia che accertò
l’avvelenamento da stricnina.
Il
commissario Parelli ispezionò tutte le camere, compresa quella della badante,
non trovò nulla che gli desse l’idea di un movente, ma nella camera di Delia
notò un mobiletto delle medicine, mille scomparti, tante ricette appese e
centinaia di scatole di compresse per tutte le malattie, flaconi di pillole di
effetto placebo, era di fronte ad una malata immaginaria che aveva la mania di
ingurgitare pasticche in tutte le circostanze, solo una mania! Non una pillola
che fosse in grado di uccidere una mosca, nessun flacone di stricnina, ed un
elenco di specialità medicinali con orari di somministrazione. Stava per uscire
quando notò che un quadro appeso ad una parete pendeva da un lato, lo staccò,
dietro attaccata con lo scotch una busta gialla. Staccò la busta, la aprì, era il
testamento dello zio Ignazio, una ingente somma destinata in parti uguali ai
cinque nipoti, poi un’altra somma ingente destinata a Rosaura, solo se le
avesse regalato un nipotino maschio che portasse avanti il nome dei Grassi. Nel
caso contrario, la somma sarebbe stata ridivisa tra i cinque fratelli. Trovato
un movente! Bisognava trovare l’avvelenatrice o le avvelenatrici! Il mattino
delle esequie, mentre tutti erano in chiesa, il commissario Parelli, certo
dell’estraneità di Marianna, si recò a casa Grassi e la incontrò:
-
Signora, lei sapeva del testamento?
-
No, per nulla!
-
Il movente è forte, ma chi delle quattro ha ucciso Rosaura?
Parelli
si mise a passeggiare in camera da pranzo, poi entrò in salotto. Marianna
spolverava i ninnoli della grande vetrina in palissandro, prelevò una
matriosca, la smontò, la spolverò e la ricompose, lasciando fuori la bambolina
più piccola, la mise accanto alla grande e continuò il suo spolverare. Parelli
percorse per lungo e per largo il salotto, si recò in cucina e ritornò ad
ammirare la grande vetrina. Strano! Marianna aveva ricomposto la matriosca e
aveva lasciato fuori la bambola più piccola. Non disse una parola, La grande
Rosina, la piccola Delia, le uniche due che si erano allontanate durante la
cena, le due avvelenatrici? Era un messaggio della badante? Andò via il
commissario, era stanco, andò a casa e dopo un panino lo colse il sonno. Quando
si svegliò erano le sedici e trenta, sentiva freddo, si sciacquò il viso, lavò
i denti, indossò cappotto e cappello ed uscì per recarsi in commissariato dove
rilesse tutte le carte e tutti gli appunti sul caso Rosaura. La matriosca, la
grande e la piccola! Cosa sa o cosa sospetta la badante! Il mattino seguente si
recò a casa Grassi, quando arrivò in salotto si accorse subito che mancava la
bambola piccola della matriosca, forse Marianna l’aveva rimessa a posto
accortasi della dimenticanza. Si recò in cucina e con sua grande meraviglia
vide in una scatolina il resto delle bamboline della matriosca, pure la più
piccola. Marianna era lì, si asciugò le mani con uno strofinaccio, poi guardò
in faccia il commissario:
-
Si, solo la grande!
-
Rosina?
-
Si meraviglia?
-
Mi spieghi come posso dimostrarlo.
-
Semplice! La mania di mettersi i guanti per toccare ogni medicina, e poi la
mania di riporre con ordine certosino i guanti di filo bianco dentro il
comodino. Mai Delia avrebbe toccato una boccetta contenente farmaci o veleni
senza i suoi guanti, ed i suoi, quella stessa sera erano riposti in ordine nel
comodino quando la giovane è andata in cucina. Rosina aveva già avvelenato il
dolce con la crema pasticciera, senza farsene accorgere da alcuno, poi, quasi a
cercarsi un alibi, attese la metodica sorella che era solita riporre
l’involucro della pasticca nella pattumiera della cucina e rientrò in sala da
pranzo con lei, dando l’idea che si era presa cura di Delia. La signorina
Rosina è l’unica che usa il rossetto per labbra, la boccetta del veleno che io
ho trovato per caso, spolverando l’acquasantiera posta sotto il suo capezzale,
è sporca di rossetto, il suo, forse l’ha baciata come si bacia un amico, prima
di aprirla e svuotarla sul dolce, una sostanziosa fetta di eredità, lo zio
Ignazio!
-
Marianna, lei è un genio!
-
No, commissario, sono stata fortunata nel ritrovare la boccetta!
-
Mi consegni quella boccetta.
-
Non ce l’ho!... Venga, andiamo in salotto! La signorina Rosina l’ha cercata
disperatamente, non poteva chiedermi se l’avessi vista io.
Il commissario seguì la badante
che lo portò davanti alla vetrina liberty in palissandro nero, aprì in presenza
dei cinque fratelli l’anta, poi additò la matriosca:
-
Commissario, è lei che è depositaria della verità!
Parelli prese la matriosca,
l’aprì sotto lo sguardo torvo di Rosina e vi trovò dentro la boccetta unta di
rossetto, che conteneva la stricnina. Marianna prese un tronchetto, lo sistemò nel
camino, si tolse il grembiule e andò a prendere la valigia in camera sua.
Rosina
fu arrestata e venne condannata a ventisei anni di galera. Non scontò l’intera
pena, trapassò solo due anni dopo.
Se vi è piaciuta o meno, lasciate un messaggio, se vi va!
Grazie!