domenica 19 febbraio 2012

TIC... TAC... TIC... TAC...E IL TEMPO?... LUNEDI... POESIA!!!

















[..."Avete dimenticato che io non sono della vostra stessa pasta, ma consentitemi di giocare al vostro stesso gioco, stavolta a parti invertite, dovete avere paura ora, la vostra libertà ed il vostro insulso potere sono in balia del tempo, l'unica entità che non ha un suo antitetico. L'antitetico del buio è la luce, del dolce l'amaro, del sonno la veglia, del silenzio è il suono; non esiste un antitempo, esso, purtroppo per voi, non è dotato di moto retrogrado. Il tempo per voi è un boia, per me non è mai stato un parametro, l'unico orologio che ho posseduto l'ho regalato ad un bambino perchè potesse imparare a dividere i momenti della propria giornata. Proverò a farvi capire come viveva Damocle con una spada sulla testa.  ..."] 
(Tratto dal mio libro "I semi del melograno nano" ediz. NOVECENTO)




     Il tempo è un parametro vuoto ma, talvolta, schiavizza legando l'uomo a ritmi che lo rendono automa, gli fanno perdere la sua libertà, gli impediscono di godere momenti che mai più ritornano. Il tempo è un infaticabile camminatore, che non si volta mai indietro, non si ferma e non ritorna sui suoi passi, mai, perchè non dimentica mai nulla!




[..."- Sappi, mio buon amico, che noi diavoli possediamo una grande forza, e quando tu, fanciullo, tentavi di aprire la botola, io non volli mai aiutarti, eri solo un bambino che voleva interessarsi delle cose dei grandi. Sappi che c'è un tempo per tutte le cose, un tempo per nascere, un altro per crescere e giocare, un tempo ancora per imparare e saper discernere, poi c'è un tempo per insegnare, e quando tutto è compiuto, c'è anche un tempo per morire. Tu allora eri nel tempo dei giochi; aiutarti ad aprire la botola sarebbe stato come aiutarti a rubare alla tua vita un pezzo della tua naturale crescita. ..."]
(Tratto dal "Favoliere" - Cucù e le sue storie - Il diavoletto del Campanile - di Mario Scamardo e Sara Riolo ediz. ila palma)



... e il tempo?...

Tic... tac... tic... tac...
le nuvole di cotone lente camminano
tra polveroni e fumo
e sembrano dondolarsi.

In una stradina angusta,
una capra rosicchia una pala
e mastica e rimastica
senza smettere mai.

L'ombra di un campanile
s'allunga a dismisura,
tutt'attorno solo fruscii
di olmi ed eucalipti...

Tic... tac... tic... tac...
in una vecchia fontana
l'acqua rugginosa cade a goccia a goccia
addosso al rospo più vecchio.

Una mignatta sinuosa e lenta
aspetta il muso di un mulo
e una vespa fa festa
sulla carcassa di un sorcio.

Sul marciapiedi sterrato
russa un cane levriero
e due zecche grasse grasse,
come due usurai, gli succhiano il sangue.

Tic... tac... tic... tac...
Pietro Greco guarda fisso
il girare cadenzato dell'unica lancetta
di un'orologio senza cifre,

- Pietro, che fai figlio?
- Faccio il siciliano,
controllo se il tempo che passa
impiega sempre lo stesso tempo...

Tic... tac... tic... tac...




     ... E il tempo inclemente passa, senza che ce ne accorgiamo, ci ritroviamo a fine di una carriera, dove la fine dell'apprendimento e dell'insegnamento si confondono con l'inizio un segmento che, prima o poi ci porterà al penultimo tempo, la senilità...




L'ULTIMA COMMEDIA

L'ultima maschera calzata,
l'ultima battuta sul proscenio,
l'ultimo pubblico composto,
l'ultimo atto, l'ultima comparsa,
l'ultima chiusura del sipario,
l'ultimo applauso sfumato,
l'ultima luce che si spegne...
L'ultimo guitto,
l'ultimo fragore,
l'ultima quinta vista dal retro,
l'ultimo chiodo in fondo al camerino,
l'ultima lacrima,
l'ultimo cerone che va via.
L'ultima sortita dal retro del teatro,
l'ultimo saluto del portiere,
l'ultimo lampione sulla via,
l'ultimo sguardo alla città di sera e
al grande palcoscenico, la strada...
Il grande teatro della vita
ti offre un'altro ruolo, 
puoi solo accettare,
sei l'interprete assoluto della senilità,
della vita che sfugge di mano,
del tempo che s'accorcia,
della giovinezza che non è più,
dello scorrere dei ricordi...
Tanti rimpianti,
ma rimorso alcuno...
Il copione ti è noto,
conosci la trama e non puoi scantonare,
sarà la tua ultima grande opera,
forse lunga assai o troppo breve!
Un'opera di mille atti o d'uno soltanto,
la tua commedia, 
dove il sipario inclemente
si chiude una volta sola e tu lo sai,
e mai più si riapre
nemmeno per l'ultimo applauso.




     ...Quando l'ultimo tempo è lì per arrivare, l'uomo pur avendone la certezza, continua a fa far progetti, tanti, ed instancabilmente continua ad inseguire il suo sogno...



 
Li mutazioni[1]

Novantanov’annuzzi avi me nannu,
ancora un picciutteddu pumatusu,[2]
e si ricorda tuttu a pirfizioni,
quannu nicuzzu java linnu linnu[3]
e accuminciavanu li granni ‘nvinzioni…
quannu ppi cavaddu avia nna canna
e nna pezza arrutuliata ppi palluni.
Miraculusu!... si Santa Madonna!...
truvari tra li vitra d’un lampiuni
nna boccia di cristallu[4] tunna tunna
c’alluminava tuttu lu cantuni[5].
Ppi li strati nna carrozza i lanna[6]
carricata  ccu tanti pirsuni,
- senza cavaddi?  Ognunu addumanna,
- si, ma cu nna forza d’un liuni!
Tuttu è canciatu, labbisi cu pinna,[7]
jttena di cimentu[8] cu la branna,
la fariddazza[9] longa cu la gonna,
lu “slip” nicu nicu nun è mutanna!
- E li stagiuni? Lu me cori spinna,
su addivintati dui, tinta cunnanna!
La primavera ognunu si la ‘nsonna
E l’autunnu è curtu menza spanna.
Un nutricheddu ‘mmrazza ad una donna
tira lu ciucciu e scanza la minna[10].
- Chi successi o natura tiranna?...
Lu ventu fa un travagghiu favulusu,
ti sconza ciocchi e scocchi ‘nta la testa,
ma ogni tantu rumpi e fa timpesta
e t’arrobba li rotelli[11] d’un pirtusu!
Quant’è stranu stu munnu curiusu,
avi lu Ninu[12] ca fa lu scuntrusu,
lu bucu di l’ozonu fa quarusu,
la pioggia ‘ngacituta, lu marusu
e lu sciloccu fa lu stuppagghiusu[13].
- Tuttu è canciatu, lu celu è accupusu,
- è lu “smog”! – dici lu studiusu,
ma me nannu ca è spiranzusu
dici ca fra vint’anni avi a canciari,
comu tutti li cosi di stu munnu,
avi a riturnari a primavera
e s’assittau ‘nta seggia ad aspittari!


[1] Mutazioni – Cambiamenti.
[2] Pumatusu – Impomatato – Elegantemente vestito – Di ottima prestanza.
[3] Linnu linnu – A passo spedito.
[4] Nna boccia di cristallu – Una lampadina ad incandescenza.
[5] Cantuni – Angolo di strada, altrimenti detto Cantunera.
[6] Carrozza i lanna – Carrozza di latta - Automobile. (Nei primi anni del secolo scorso comparvero le prime automobili).
[7] Labbisi cu pinna – Lapis con penna.
[8] Ittena di cimentu – Letto di cemento. ( Fino ai primi del Novecento veniva costruito nell’alcova, vi si poggiavano sopra i matarazza e i cuscina i crinu, fibra vegetale).
[9] Fariddazza – Gonna o sottana ampia e lunga fino ai piedi.
[10] Tira lu ciucciu e scanza la minna – Si attacca al ciucciotto anziché al seno.
[11] T’arrobba li rotelli – Ti fa impazzire.
[12] Lu Ninu – El Niño Fenomeno meteorologico periodico che consiste in un surriscaldamento delle acque dell’oceano Pacifico, dovuto a un anomalo comportamento dei venti alisei.

[13] Stuppagghiusu – Che ostenta insolenza.



         ...e, quando la Morte si fa presso, maestosa e puntuale, come a volerla canzonare, cerchiamo di mandarla via.

      Voglio regalarvi una vecchia reminiscenza di quando ero nel tempo di imparare. Una bellissima poesia di Esopo.



IL VECCHIO E LA MORTE

Un vecchio, col suo fascio sulle spalle,
andava stanco, affaticato, ed ecco
a un certo punto non ne potè più,
e ansante lo lasciò cadere a terra.
E cominciò a rammaricarsi, e a piangere.
- Povero me! che faccio, quì nel mondo,
vecchio sfinito, e non più buono a nulla?
Ah, venisse la Morte, e mi pigliasse!
O Morte, vieni a me meschino; pigliami. -
Udì la Morte, e venne, e disse: - Andiamo! -
- Dove? - domandò il vecchio a quella vista,
- Non mi hai chiamata perchè ti pigliassi... -
- Si, perchè mi pigliassi questo fascio,
sulle spalle a caricarmelo; chè
pesa tanto, ed io da me non posso. -
Altro è parlar di morte, altro è morire.




Spero di avervi suscitato in voi delle emozioni, e di avervi dato almeno un argomento di riflessione.
Se non ci fossi riuscito, allora vi chiedo venia.
                                                  Grazie


    







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