L'amore è certamente una forma grave di follia, però riesce a far relazionare entità che altrimenti rimarrebbero reciprocamente illustri estranei. Lei è la Sicilia, lui è un uomo, un sognatore, una macchina da presa capace di cogliere gli angoli più suggestivi di questa terra, contemplarli e farne tesori. "La storia d'amore è il tributo che l'innamorato deve pagare al mondo per riconciliarsi con esso", così recita in un libro Roland Barthes e ritiene altresì che essa storia è come il ridimensionamento dell'alluvione di immagini che fino a poco tempo prima ha sommerso una persona, che così trasforma l'amore in una crisi dolorosa, morbosa, di cui bisogna guarire.
Non basterebbe una vita per cantare i luoghi di una terra meravigliosa, le sue città, la sua statuaria, le sue piazze, i suoi monumenti, il suo mare, le sue montagne, i suoi vulcani, i suoi mercati e quant'altro.
Proverò a descriverne qualcuno di questi elementi, di questi momenti di vita, di queste pennellate della natura.
MADONIE
Profumi antichi e antichi suoni
tra larici alti e vecchie querce
fragranze di enormi boleti
essenze delicate di muschi.
L'acqua che sgorga nei rivi
leviga miriadi di sassi
e piega minuscoli giunchi.
Tra le radici tantissimi grugni
che scavano nella mota.
Un picchio batte forte su un ramo,
scoiattoli dalle code di seta
accatastano ghiande in un tronco forato,
una donnola dalle eleganti movenze
saltella davanti a un coniglio,
mentre un fiore di cardo
si spoglia al soffiar di una brezza.
Macaoni variopinti volteggiano in aria
come minuscoli aquiloni.
I raggi del sole attraversano
nubi di particelle d'acqua
provocate da una cascatella
e vengono fuori arcobaleni.
Attorno ad un ceppo seduti
uno stuolo di bimbi incantati,
tra loro, un vecchio racconta
le storie animate del bosco.
SALINA GRANDE (Omaggio a Trapani)
Montagne di bianco sale,
una dopo l’altra, coperte
da vecchie tegole d’argilla
e specchi d’acqua cheta
che segnano sul terreno
enormi figure geometriche
marcate da mille colori,
ora blu, ora verde chiaro
e, quando il sole cocente
la evapora, si tingono di rosa.
I salinari son là, solerti,
a piedi nudi a spalare e a farne
enormi montagne bianche.
Si sente il cigolio degli assi
che smuovono le macine
al soffio costante del vento
che sovrano fa girare
le pale dei vecchi mulini
dalle cupole rosso mattone.
Gole piene d’arsura,
chiamano i portatori d’acqua
e si dissetano alle brocche
aspettando il tramonto
che tinge di rosso i bacini
per poter ritrovare il sonno.
LO SCOGLIO UBRIACO
Antiche genti hanno lasciato
a te, città baciata dal mare,
il Duomo normanno
col Cristo Pantocratore.
Il sole non tramonta mai e
tu abbracci il piccolo golfo
come s’abbraccia l’amata.
Strette viuzze tessono ricami
e vecchi palazzi, testimoniano
origini nobili e antiche.
Mille barche nell’acqua,
tremolanti e fioche lampare,
uomini lesti a tirar le reti
e sulla riva, piccole luci
avvolte da nasse di vimini.
Non manca mai gente a Cefalù,
i locali son sempre gremiti,
dove si esibiscono orchestrine
e l’aria profuma di frutti di mare.
Il vetusto lavatoio, con antiche pietre
levigate dallo strusciar dei panni,
imperterrito, versa acqua cristallina
e masse di conchiglie d’ogni specie
adornano lucide bacheche.
Sulla spiaggia, il venditor di palloncini
incanta i fanciulli e rimane incantato,
puntando lo sguardo
ad uno scoglio ubriaco
che sembra muoversi lento,
trasportato dalla risacca.
POLITEAMA
Dopo ventisei anni di lavori
è arrivato Verdi con l’Otello,
e quella sera dell’inaugurazione
sul palco reale, in pompa magna,
sedettero Umberto e Margherita
e l’aristocrazia palermitana
gli riservò la meglio accoglienza.
Quando fu pensato, servir doveva
a manifestazioni equestri,
opere comiche, feste e veglioni,
ma la Palermo serenissima
lo volle solo tempio della lirica.
La grande sala a ferro di cavallo,
due ordini di palchi e di loggioni
più di trecento fiammelle alimentate
dal gas che serviva pei lampioni.
Bello il Politeama, con le volte
affrescate di fregi e cavalieri,
sul frontone una quadriga bronzea
e molto colorato, dentro e fuori.
PALERMU
Li strati, balati di marmaru,
ogni finestra, un'occhiu chiusu.
Li Garraffi chiancinu lacrimi amari
e parinu tanti matri addulurati...
Dunn'è la campagna virdi,
la zaghera di la Conca d'Oru?...
Li ciureri puzzanu sulu d'aprocchiu e,
tra li timpuna vagnati di sangu,
crisci l'alastra cu li so spini.
Li nutrichi nun mancianu cchiù,
sucanu minni di pecura spurpata,
mentri m'avvinci la stizza,
iardinu di puisia com'eri,
rivugghiu di li me pinzeri!...
Spero di aver descritto alcuni luoghi suggestivi di una Sicilia tutta da scoprire, qualora non vi avessi dato emozioni, vi chiedo venia.
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