“C’era una volta il futuro”, una frase pronunciata
da un fraterno amico, riuscì una sera a mettermi in crisi.
Quando hai superato anche da poco la mezza età,
pensi sempre meno ad un futuro di progetti e sempre più ad un passato di ricordi,
è un crogiolarsi in reminiscenze, spesso gaie che non ti fanno sentire i primi acciacchi,
i primi scricchioli alle ginocchia. Che si sia perso il concetto di futuro? Che non esista più la parola progetto? Ci accingiamo
o, forse, stiamo sotterrando la “cultura” dei diritti dell’uomo? Abbiamo perduto
tutti gli imput, compresi quelli del cuore, nessuno più li trova, non esiste più
il futuro?
Che l’Apocalisse
è vicina, pronta a mettere la parola fine sul passato per poi… ricominciare?...
Si, ricominciare!
IL MARE
Perchè mi
chiedi sempre dove vado,
se io non
faccio più di venti metri,
ritrovo ogni
mattina dietro l'angolo
il panorama
che mi mostra il mare.
Non riesco
tutti giorni a fare a meno
e mi
soffermo a lungo a rimirarlo,
è il luogo
più bello che conosco.
Con mio
padre, appena ragazzino,
volli
bagnarmi i piedi sulla riva
e percorsi
incuriosito l'arenile.
Sulla
battigia le onde malandrine
cancellavano
le nostre orme,
mi fu detto
che il mare burlone
si divertiva
e ci facea dispetti.
Si, sarà
forse la tua gelosia,
da sempre
sono innamorato,
è la
passione che mi ha stregato
ed ogni
giorno lo voglio vedere,
mi ricorda
mio padre e me piccino,
lo amo perché
mi fa sognare.
UNA SERA AL
“MASSIMO”[1]
Come
un’ombra mi passasti davanti
senza
degnarmi di sguardo alcuno,
non ebbi
neppure nemmeno il tempo
di alzarmi
in piedi e tu, come ombra,
ti
dileguasti tra i vicoli intricati della Kalsa.[2]
Da quel
terribile momento non ti vidi più,
non ti
cercai neppure, anche se sempre
quegli occhi
di colore azzurro mare,
furono per tanto il mio tormento.
Ti rividi
due lustri dopo, un tuffo al cuore,
mi mancò il
respiro come al primo incontro,
quando scansammo la pioggia in un portone
e tu,
avvicinasti le tue labbra alle mie.
Scendevi da
una macchina di lusso,
sotto un
cappello con la falda larga,
mentre
qualcuno apriva lo sportello,
elegantissima
in un vestito rosso.
Mi vedesti,
cogliesti tutto il mio stupore,
imbarazzata,
stringesti la borsetta,
poi lesta t’incamminasti, come me,
verso la scalinata
grande del teatro.
Vedemmo la
stessa opera, La Traviata,
io su un
palco di proscenio,
tu giù in
poltrona, una seconda fila.
Nell’intervallo,
prendendo un caffè,
con una
tazza tremolante in mano,
rividi
nuovamente gli occhi tuoi,
e tu, con
grande indifferenza,
girasti lo
sguardo verso una colonna…
Violetta tu ed io l’Alfredo?...
No, che si
frantumi il sogno!
Ritornai al
mio palco di proscenio
e mi
ritrovai la tazzina in mano.
Uscito sulla
piazza antistante
ricordai che quel fastoso slargo,
pieno di
statue di grande fattura,
illuminato da
mille lampioni,
era il
confine tra la Palermo ricca
e quella
della gente meno abbiente,
dov’io ero
cresciuto e sono nato;
al di la, oltre
la grande strada,
tra i palazzi
ornati blasone,
incauto me, era
venuta al mondo!
[1] Massimo
– Teatro Massimo, tempio della lirica, uno tra i più importanti al mondo.
[2] Kalsa –
Quartiere popolare del centro storico di Palermo.
APOCALISSE
L'oblio della mente ha prevalso
seminando dintorno paure e miserie.
Labirinti intricati senza uscita
hanno segnato incerti cammini,
mari in burrasca e uragani
hanno posseduto il natante
che ha perso la vela e il timone,
e l'ago di una bussola impazzita
ha girato vorticosamente
senza indicare una meta.
Un fioco raggio di sole
ha dissolto le tenebre,
patemi, ansie e tormenti
sono ora affidati al passato.
Ritorna fiducia e antico coraggio,
e la speranza ti fa compagnia;
la ragione, esperta nocchiera,
ha ripreso la rotta.
Dal cielo uno squillo di tromba
annuncia il novello cammino.
SPIRANZA
Mi lu dissi stanotti la luna
mentri scansava ddu negghi,
e l'omu ca sta matina
a gran vuci priricava l'uguaglianza.
Mi lu dissiru l'aceddi cu lu cantu
ca lu beni cchiù granni e cchiù vuluto
è la sacra libirtà.
Ma chi sunno libirtà e uguaglianza
si manca lu sali di la terra?
L'acqua chi scurri 'nta li ciumi,
chi duna vita all'arbuli assitati
senza addumannari ricumpenza
e a ogni puvureddu dà friscura,
spera di putiri far capiri
ca nicessita la fratillanza, l'amuri.
Spero di avervi dato una piccola emozione e suggerito un argomento di riflessione.
Buona lettura.
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