domenica 28 ottobre 2012

QUANDO RITORNA IL SOGNO... POESIA!!!











Freud ci dice che "il sogno decifrato spesso ci si rivelerà inconfessabile" Ma nell'inconscio non vi è solo l'infimo ma anche il sublime. 
Noi non vogliamo addentrarci in nessuna analisi, dobbiamo chiederci perchè i nostri sogni, i nostri ricordi, belli o brutti che siano, pur avendo tentato di relegarli in angoli bui della nostra mente, a volte ritornano! Ci fanno talvolta gioire e tal'altra soffrire, spesso in ambedue i casi, troviamo qualcosa che ci soddisfa. Un grande amore può, per cause varie svanire, pensiamo di consegnare, dopo aver patito, tutto all'obblio, l'idea ci soddisfa e, dopo tutti i tentativi, pensiamo di esserci riusciti. Un bar, un portone, uno scoglio, un museo, d'un tratto ci riportano indietro nel tempo e... ci ritorna il magone.




RELITTO

Quando, con dolore, m’accorsi
di aver perso la corazza,
percepii la mia fragilità.
M’illusi d’esser coperto
del sentimento più bello,
protetto in una roccaforte,
inespugnabile fortino,
cuore di donna amata.
Lo vidi sgretolare in un baleno,
non una pietra sull’altra.
Divenni natante, perennemente
in balia dei potenti flutti,
con la vela a brandelli,
senza ancora e senza timone.
In balia delle sue fisime
andavo ramingo di scoglio in scoglio,
e lei, capriccioso vento,
soffiava godendo della mia impotenza.
Mi ridusse un relitto,
uno scarno fasciame
destinato a marcire in acque basse…
Eppure, a vela spiegata
avevamo solcato gli oceani,
superato tempeste e,
attaccati al timone,
eravamo approdati
sull’isola più bella.
Felice, mai m’accorsi
della sua vita legata a più fili.
Piccole storielle senza storia,
dove l’istinto ha fatto da padrone,
ed io mi ritrovai spogliato,
solo, ramingo sull’arenile,
ad aspettar che un’onda malandrina
cancellasse il suo nome sulla sabbia,
mentre attonito guardavo
i miei resti alla deriva.





TUTTO MI PARLA DI TE

Potesse parlar l’aria,
il vento e la tempesta,
potesse dir qualcosa
il sasso in riva al mare,
il ciglio d’un biviere,
i pini sopra il colle,
il prato di papaveri,
il bosco di castagni
che ci vide curvi
a raccattare ricci.
Potesse parlare il portone
dove riparammo dalla pioggia
ed io timidamente ti baciai,
e quella cinquecento
che volesti colore aragosta,
e tutti i tappi di spumante
dove fissasti le date,
quasi a scandire il tempo,
gelosamente conservati
in una cappelliera rosa.
Son passati gli anni,
la brezza ha soffiato
sui fogli del calendario
che son volati via,
tanti foglietti bianchi!...
Ho atteso che il bruco,
trasformato in farfalla
tornasse sul mio cielo a volare;
promessa mai mantenuta!
Vana l’attesa, eterna illusione e,
seduto sullo stesso scoglio a ricordare,
ancora tutto mi parla di te.


Con la poesia in vernacolo, che stasera traduco, voglio affermare quanto un amore può essere grande, espresso con gesti e parole semplicissime, con attenzioni, con patemi d'animo, immaginando l'amata come un qualcosa di animato che vive solo di carezze, di premure, di piccoli gesti affettuosi.





LA ATTA    (LA GATTA)


Comu nna puddastredda straviata
stanca, sfinuta e ccu l'ali caruti,
t'avvii a la to casa a gesti muti
mi dici ca ti senti strapazzata.

Fussi d'un criricci o facci di fata,
comu nna atta c'avi setti viti
parri e dici lenti li battuti,
ma la to vucca è n'eterna cantata.

Ti mittissi 'mmrazza sta sirata,
p'annacariti tutta la vita,
pi tuccariti sta facci di sita
e la vuccuzza tua 'ncuraddata.

Si la sorti stu jornu m'aiuta
e pozzu taliariti assupita,
sarà comu mirari all'insaputa
la cchiù bedda di tutta la stiddata.

L'occhi chiù lucenti d'un fanali,
li capiddi, prigiata filigrana,
li labbra sunnu fatti d'un pitturi,
li manu toi, frutti di marturana.


Tradurre una poesia scritta in vernacolo fa perdere metrica, armonia, suoni, spesso anche i significati, ci provo per consentire a chi il siciliano non legge, di percepire la bellezza e la ricchezza dei termini usati per cantare l'amore che lo lega ad una donna.

LA GATTA

Come una gallinella dispersa
stanca, sfinita e con le ali penzolanti,
ti avvii silenziosa verso casa
mi dici che sei sfinita.

Vorrei non crederti faccia di fata,
sei come una gatta che ha sette vite
parli e lentamente scandisci il tuo dire,
ma la tua voce è un'eterna cantata.

Vorrei metterti in braccio questa sera,
per cullarti tutta la vita,
per sfiorarti le guance di seta
e la bocca tua di corallo.

Se la fortuna oggi mi aiuta
e posso guardarti addormentata,
sarà come ammirare all'insaputa
la più bella stella del firmamento.

Gli occhi più lucenti d'un faro,
i capelli, pregiata filigrana,
le labbra son dipinte da un pittore,
le tue mani, frutta di marzapane.
 
     


  

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