PALERMO - CATTEDRALE
LA PASSIONE DEL NARRARE
La passione del raccontare ciò che si ama, talvola si trasforma in un impegno meticoloso che costringe a non dimenticare nulla, anche le inezie, piccoli particolari che trasformano il narrato in un'opera che non può avere eguali. I protagonisti di questa storia si amano ed amano la loro terra.
Tratto dal mio romanzo "L'orrendo fascino delle mutazioni"
[...Mario avvicinò la sua bocca a quella di
Rosetta e suggellarono con un bacio, il loro primo bacio, quel momento di
felicità. Un monaco agostiniano, l’unica persona presente in sacrestia, notò la
passione ma anche il candore di quel bacio e smorzò il raschio alla gola che lo
aveva colpito, guadagnando l’uscita con passo spedito. Rosetta poggiò la testa
bionda sulla spalla di Mario che, con grande garbo, le poggiò il mento sulla
sua fronte, risentì intensamente il profumo della sua pelle, le baciò i capelli
e ripigliandola per mano sortirono nella navata laterale di quell’immenso
capolavoro d’arte. Fu sul sagrato che Rosetta, guardando l’orologio, si accorse
che erano le dodici.
Un venditore di gelati si dava un gran
da fare davanti al suo triciclo bardato con festoni e bandierine di mille
colori, il vento caldo muoveva le girandole variopinte come farfalle ed il loro
rumore sembrava scandisse il tempo della ballata popolare che cantava. Un pezzo
di folklore siciliano era in quel cantuccio, e una parte di esso era dipinta
nel cassone del triciclo, pitturato a mano come i carretti, ritraeva scene dal
“Trabazio”, dai “Paladini di Francia”, dal “Rinaldo”, dal “Rinaldino”, opere
epiche e cavalleresche messe in scena dai pupari dell’isola. Rosetta, figlia di
un siciliano verace, si incantò davanti a quel capolavoro d’arte e le tornarono
alla mente i ricordi di fanciulla, quando suo nonno la portò ad assistere allo
spettacolo dell’opera dei pupi in una stradina del centro storico, dentro un
teatrino allestito per pochissime persone. Rivolgendosi a Mario disse: - sai
che i vostri pupi siciliani mi affascinano, mi piacerebbe rivedere un teatrino
allestito alla maniera tradizionale, ne ho un vago ricordo da bambina. – Mario
dando fondo a tutto il suo sicilianismo disse: - il linguaggio dei pupari
diventato “cultura”, ha consentito che le parole, la forma ed il costrutto sono
entrati nella lingua letteraria italiana dalla tradizione e dal dialetto
stesso. Ciò mi fa sentire importante e mi fa ragionare sulla grande culla di
civiltà che è stata la mia terra. I Sicani, i Siculi, gli Elimi, i Greci, i
Romani, gli Arabi, i Normanni, gli Angioini, gli Aragonesi, gli Armeni, ogni popolo
ha lasciato un patrimonio in cultura e civiltà. Nessuno dimentica che questa è
stata la patria di Ducezio, di Ermocrate, di Antonello da Messina, di
Pirandello, di Verga, di Capuana, di Martoglio, di Sciascia. – Rosetta lo
guardava fisso negli occhi e non perdeva una sillaba, Mario fece risaltare la
sua sicilianità, quindi la presenza dei caratteri tradizionalmente peculiari: -
Senza per nulla trascendere nell’Indipendentismo o nel Separatismo, considero
la Sicilia la mia patria, dentro una patria più grande che è l’Italia e ancora
dentro una patria più estesa che è l’Europa. Se qualcuno mi chiede di che Paese
sono, rispondo senza riflettere che sono siciliano. La Sicilia, con lo scirocco
che ti screpola le labbra ed il sole di luglio che ti fa bruciare la pelle,
dove tutto sembra essere fatalità, dove le culture non hanno una linea di
demarcazione, mi attrae e mi coinvolge. La Sicilia può essere identificata in ogni parte del
mondo con un carrettino o, ancora meglio, con un paladino. Le cadenze melodiose
dei dialetti, i carretti pitturati al traino di un sauro bardato, le tradizioni
popolari, le manifestazioni religiose quasi sempre tra sacro e profano, i pupi
ed il teatro di figura, dai colori sgargianti. Il verde acceso del cimiero di
Orlando, il rosso scarlatto delle vesti di Rinaldo, il blu oltremare delle
vesti di Bradamante e quello rosa di Marfisia cimierata in giallo-oro.
Le vetrine cariche di
marzapane e i toni forti, accesi e caldi delle frutta; gli occhi neri e
luminosi delle fanciulle, i sorrisi dei bambini, il vociare dei mercati e i
lunghi silenzi dei torrenti asciutti. -
La ragazza, fermando quel fiume in piena che era diventato Mario, gli
chiese: - qual è il paladino che più ti affascina? – Il giovane universitario non
ebbe dubbi: - se fossi donna desidererei emulare Bradamante: nobile, valorosa,
paladina, accanita sostenitrice della fede cristiana. Mi piace la sua sfida, lotta
per amore di Ruggiero, rompe incantesimi, diviene pazza di gelosia e lotta
contro i pregiudizi per volere sposare un pagano; vince, convertendo il suo
uomo al cristianesimo. Bradamante è sempre attuale, sempre più vicina ai nostri
tempi, è eroina senza tempo. Essa è il prototipo di donna che assurge al ruolo
di comprimaria degli altri uomini, i paladini. Bradamante è paladina di
libertà, paladina di sentimenti e di grandi passioni, paladina nella lotta
contro i pregiudizi, paladina della sua fede, paladina di giustizia. - Rosetta
fu sorpresa per la grande conoscenza che Mario aveva della cultura e delle
tradizioni della Sicilia, ed approfittò per chiedergli di parlarle dei pupi.
Mario per quella donna avrebbe parlato giorni interi, non si sarebbe mai fermato
pur di farle piacere.
Pupi della Collezione Canino
Tra il
gelataio e gli acquirenti era posta una lamina in plexigas trasparente,
opacizzata da un lato dai fiati dei ragazzini che vi poggiavano i nasi per
guardare in fondo ai pozzetti la messa in opera del loro cono, dall’altro lato,
dalla condensa dovuta alla bassa temperatura.
Rosetta
fu attratta da tutto ciò e chiese a Mario di volere assaggiare uno di quei
gelati, proprio dall’omino del triciclo. – Pistacchio e panna – chiese la
donna, e quando l’omino aprì i pozzetti per confezionare il cono, la condensa
sulla lamina trasparente aumentò, fino a formare due gocce, come due grosse
gocce di rugiada che scivolarono e s’incontrarono formandone una sola. Fu
quello il momento in cui lei, attraversata da un brivido alla schiena, si rivide
giovinetta e definì dentro di se l’amore: due gocce di rugiada che s’incontrano
e diventano una sola…
Consumato il conogelato, i due giovani
si sedettero su una panchina a Villa Bonanno, il giovane riprese a parlare su
invito della ragazza: - I pupi sono le caratteristiche marionette armate di
quel teatro epico popolare che, operò a Napoli e a Roma, ma soprattutto, dalla
prima metà dell’Ottocento, in Sicilia, dove raggiunse il suo massimo sviluppo.
Con i pupi emergeva un’idea epica e drammatica del mondo a livello di cultura
popolare e affioravano conflitti e aspirazioni del “core paladino” della gente,
unitamente alla questione dell’essere fedeli o infedeli, cristiani o pagani,
dalla parte dell’Occidente o dell’Oriente, con gran tormento storico del Mediterraneo
e, in particolare, della Sicilia, da sempre teatro di civiltà e di fedi
religiose e politiche contrastanti. I pupi sono espressione “splendente” di
questo spirito epico, eroico e cavalleresco, che dalla chanson de geste medievale ai grandi poemi del Boiardo e dell’
Ariosto, a tutta una tradizione letteraria, musicale, figurativa, e in
particolare teatral popolare, segna lo sviluppo di un’educazione sentimentale e
di una visione etica e poetica del mondo.
I pupi esprimono la volontà di continuare
a battersi in quella che è stata definita “la più invisibile delle guerre
invisibili” che, con i nostri ideali, sosteniamo dentro di noi più che fuori.
Non a caso i pupi costituiscono un umile ma tenace segno di contraddizione e di
resistenza rispetto alla logica della rassegnazione e del peggio, che è di
tanta cultura e letteratura di “vinti”. I pupi ci aiutano a capire il Gran
Teatro del Mondo, dove si è fin dalla nascita “agiti”, giusta l’idea
pirandelliana secondo la quale “siamo tutti pupi”, marionette, burattini,
maschere, ombre, animati dall’onnipotente Spirito divino, che è nel cuore di
tutti gli esseri e tutto agita al ritmo incalzante del tempo, col potere della
“meraviglia”. – Mario si fermò per un attimo, ma Rosetta mostrò delusione per
l’interruzione e disse: - continua, abbiamo ancora una buona mezz’oretta. – Il
giovane riprese, appagato dall’attenzione e dalla curiosità della ragazza: -
con i pupi possiamo aprirci un varco verso quel po’ di libertà che si può
conseguire nella recita “a soggetto” del sacro canovaccio del destino, e
affrontare il pathos dell’esistenza in un “catartico” gioco di arte e poesia.
In tal senso, come ebbe a dire Peter Shumann, che al teatro dei pupi si ispirò
per il proprio Bread and Puppet Theatre,
un teatro come quello dei pupi può essere “necessario,… essenziale come il
pane”. Per decine di lustri i pupi siciliani hanno costituito l’unica fonte di
istruzione, di svago e di divertimento sia per le classi umili che, nel tempo,
anche per la borghesia. Ogni pupo siciliano è un’opera d’arte unica, realizzato
in legno, stoffa e metallo, a cui viene dato il movimento tramite due aste di
metallo, una attaccata alla sommità del capo e l’altra al dorso della mano
destra che è chiusa a pugno, dove è stato realizzato un foro che permette ad un
filo di scorrere per consentire l’impugnatura della spada. Altri due fili
consentono uno, il movimento del braccio sinistro che permette al pupo di usare
lo scudo, l’altro di alzare il ginocchio destro ed imprimergli l’andatura.
Ancor oggi bambini ed adulti, anche se travolti e smaliziati dalla televisione,
dai videogiochi, dai trastulli che la telematica e la tecnologia offrono,
restano a bocca aperta dinnanzi ad una rappresentazione dell’ “opera”, che
rimane la forma più visitata del Teatro di Figura. L’Unesco, verificando che
l’Opera dei pupi è stata ed è espressione di una immensa cultura popolare,
capace di conservarne intatta tutta la sua ricchezza, ne ha riconosciuto il
valore racchiudente buona parte di tradizioni e storia della Sicilia, e l’ha
dichiarata patrimonio inalienabile dell’umanità. L’opera dei pupi è il teatro
tradizionale siciliano delle marionette. Sull’origine dei pupi le certezze sono
molteplici, ogni autore ne possiede una. Alcuni supposero che l’arte dei
moderni pupari potesse affondare le radici nei marionettisti siracusani che al
tempo di Senofonte e Socrate esercitavano la loro professione in tutta
l’Ellade. Con caratteristiche, tecniche e tematiche varie, il teatro delle
marionette si ritrova in tutto il mondo fin dai tempi antichissimi. Di certo,
l’origine dei pupi non coincide con l’origine delle marionette. Una miniatura
su di un manoscritto francese del XIV secolo rappresenta un teatro di burattini
guerrieri in armatura. In Spagna, tra la fine del Cinquecento ed i primi del
Seicento vengono rappresentati spettacoli di marionette cavalleresche. La
dominazione spagnola sia nel meridione d’Italia che nelle Fiandre, fa si che si
venga ingannati dal fatto che nel Cinquecento in ambedue le regioni venivano
rappresentati spettacoli di marionette molto simili tra di loro, per cui era
facile attribuirne l’origine agli spagnoli. Nelle Fiandre ad introdurre le
marionette di soggetto cavalleresco nel 1854 fu un italiano, nato in provincia
di Lucca, tal Alessandro Ferdinando Pompeo Conti. Il teatro dei pupi in
versione attuale nasce nella prima metà dell’Ottocento. I temi e le storie
trattate sono gli stessi dei poemi epico-cavallereschi del Quattrocento e del
Cinquecento, e fu opera dei pupari quella di attingere dalla Chanson de Roland, dal Morgante, dall’Orlando innamorato e dall’Orlando
Furioso. Ai pupari e alla loro fantasia si deve la creazione di un mondo
fantastico dove creature bizzarre, eroi, dame, maghi, angeli e demoni
interpretavano, facendola rivivere in una quasi fiaba, la corte di Carlo Magno
e le gesta dei Paladini di Francia. I pupari, con la loro fantasia fecero
rivivere i paladini vissuti nell’Ottocento con le armature di foggia rinascimentale
del XIV secolo. Intorno al 1850 Giusto Lodico pubblica “Storia dei paladini di
Francia”, ed ancor oggi rappresenta il fondamento dell’opera dei pupi. Da qui
comincia l’evoluzione costruttiva del pupo e questo processo di sviluppo dura
fino ad oggi. Gli opranti ebbero la capacità di dotare i pupi di espressione di
sentimenti di libertà e giustizia, dei quali il popolo, attraverso tutti gli
strati sociali, si fece portatore. Per detti valori, esaltati da quella fonte
di cultura che era l’opera dei pupi, i Siciliani combatterono contro i Borboni
per liberare la loro terra. Nell’opera dei pupi ogni siciliano trovò il suo
eroe, Orlando, Rinaldo, Bradamante, Ruggiero, Astolfo, Oliviero, Malaguerra,
Marfisia, Milone, Agolaccio, ed in ognuno vi si raffigurò, seguì la sua storia,
sera dopo sera, per mesi. La sua partecipazione non era passiva ma spingeva
fino al coinvolgimento emotivo, partecipava ai dialoghi, imprecava verso i
traditori, plaudiva e fischiava. – Mario guardò l’orologio, Rosetta gli stampò
un bacio sulla guancia e disse: - grazie per tutto quanto mi hai detto, sei stato
molto circostanziato, devi amare tanto questa terra, l’enfasi con cui la
racconti mi coinvolge e mi entusiasma, grazie ancora – poi lo pigliò
sottobraccio e si diressero verso la macchina. – Amara e bellissima la Sicilia
della metà degli anni quaranta – disse la ragazza – quel sogno di essere
Nazione padrona dei propri destini, la Sicilia del vento del sud, la Sicilia
separatista. Mi piacerebbe tanto parlarne una sera, è quella storia che non conosco ma che amo, che sento
mia come se questa terra mi appartenesse. ...]
Cav. Nino Canino, il più grande puparo ed oprante
Se non fossi riuscito nell'intento di coinvolgervi, vi chiedo venia, io ci ho provato!
Bella Sicillia!!!Sono felice di aver "assaggiato" una piccola parte di questo pezzo di mondo, adesso speciale e con tanti ricordi per me!!
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