sabato 20 aprile 2013

LA PREFICA (Racconto breve)





L'usura, una piaga che affligge l'intero mondo. L'usura si coniuga spesso con l'avarizia, vivono in simbiosi e allignano sul terreno dell'aridità e della non cultura.



Mario Scamardo




I RACCONTI DEL BORGO





LA PREFICA





     Quando don Peppino Mocco l’usuraio fu colpito da infarto, la signora Paolina, sua moglie, cominciò a trovarsi fra le mani le prime banconote di grosso taglio. Non ne aveva mai vista una che superasse la soglia delle cinquemila lire e, a fine settimana era obbligata a rendicontare al marito ogni spesa, dall’ago al rocchetto di cotone, dalla saponetta alla lampadina che s’era fulminata. Non aveva parenti Peppino Mocco oltre a sua moglie, o meglio, li aveva ma stante alla sua avarizia e alla nomea di strozzino, nessuno da anni l’aveva più avvicinato, e lui di ciò era felice, in quanto non aveva mai nessuno a pranzo, non faceva regali, non gli gironzolavano bambini per casa, non doveva provvedere neppure ad acquistare delle caramelle. Costretto dallimmobilità a letto, istruì la signora Paolina sulle scadenze di riscossione dei malcapitati a cui aveva prestato del denaro a tassi elevatissimi, le consegnò una scatola di scarpe piena di cambiali da portare in banca alle scadenze segnate ma non le affidò una chiave che portava appesa al collo con la quale apriva un bauletto in metallo riposto sotto il letto contenente parecchi milioni di lire in banconote di grosso taglio, mazzette da cinquecentomila, mazzette da centomila, mazzette da cinquantamila e mazzette da ventimila, una fortuna!
     Quando dopo un paio di mesi il respiro diventò affannato don Peppino acconsentì che uno specialista cardiologo venisse da Palermo e lo visitasse a casa sua ma, ultimata  la visita, dopo che il professionista gli prescrisse i farmaci, lanziano usuraio ebbe quasi un collasso nel sentire che la parcella era di quattrocentomila lire, tirò da sotto il cuscino un portafogli, cacciò fuori quattro biglietti da cento e non rispose neppure al saluto del medico che usciva. Fino a sera non disse una parola, era come se gli fosse morto un parente caro e, quando la moglie gli portò su un vassoio una pastina, per il dispiacere rifiutò di mangiarla, allungò la mano sul comodino, prese la ricetta con lelenco delle specialità prescritte e le contò:
- Otto pillole diverse per trenta giorni, otto scatole, vuole rovinarmi questo dottore!  Io i soldi li ho sudati, sono stato un pazzo a farmi visitare!
La moglie non disse una parola, gli rimboccò le coperte e nellaltra stanza continuò ad appuntare scadenze e mettere in ordine cambiali, nessuno comprò mai quelle medicine.
     Peppino Mocco aveva frequentato le elementari fino alla terza classe, ma in quasi cinquantanni di usura era diventato un esperto di aritmetica, aveva cominciato col libretto dei conti fatti ma lesercizio di quellorrenda professione lo aveva portato a calcolare ratei, interessi e percentuali a memoria, senza mai incorrere in un errore. Lesborso di qualunque cifra, anche modestissima, anche la bolletta della luce, gli procurava malesseri, lo faceva star male e lo faceva innervosire, spesso non parlava neppure con la moglie e se la bolletta era un po salata, allora cominciava a spegnere le luci di casa, sollecitava la moglie di stirare solo le camicie e, non le aveva mai comprato una lavabiancheria perché sosteneva che la moglie si sarebbe annoiata senza far nulla. Quando gli portarono a casa un frigorifero, si informò oltre che sul prezzo, sul possibile consumo, allora lo fece portare indietro cambiandolo con uno piccolissimo, uno dei frigobar che si trovano negli alberghi. Anche quando comprava la carne ne ordinava due fettine che non superassero 150 grammi, si giustificava col macellaio che anche sua moglie aveva una predisposizione alla gotta.
     Un mattino la signora Paolina nel portare la colazione al marito si accorse che la difficoltà respiratoria era accentuata, gli sollevò il capo e timorosa gli chiese:
- Peppino, credo che tu debba riflettere un pochino sul tuo stato di salute, che importa quanto costa la visita dello specialista, tu continui a peggiorare!
Con un filo di voce don Peppino rispose:
- Magari comprami quelle medicine, ritornando il medico, sempre quelle mi prescriverebbe! Perché farsi rubare i soldi?
Nel paese i debitori seppero la notizia e quasi tutti tirarono un sospiro di sollievo, e tutti da quel momento passavano a chiedere interessati sul suo stato di salute ed in cuor loro speravano che il Mocco tirasse le cuoia, ma quando parlavano fingevano dolore e preoccupazione.
     Quando la signora Paolina spazzava luscio ed il marciapiedi, regolarmente transitava Eufemia, si fermava, chiedeva del marito e facendo dei strani segni, si allontanava a capo chino. Eufemia era considerata in paese una guaritrice, toglieva il malocchio, curava le storte alle caviglie o ai polsi, recitava gli scongiuri contro il morso delle api, delle vespe, dei serpenti, preparava pozioni contro lo spavento e quelle per sciogliere o legare una coppia di fidanzati. Quando moriva qualcuno, veniva chiamata assieme a sua figlia, che era gibbosa, in qualità di prefica, per piangere il morto al posto dei parenti. Per questultima attività si faceva pagare duemila lire allora e duemila per la figlia, per tutte le altre non riscuoteva denaro ma solo qualche dono in alimentari di ogni genere.
     Quando un mattino vide davanti luscio la signora Paolina, come al solito si avvicinò e le chiese di visitare il marito, dopo avere fatto dei gesti strani. La moglie di don Peppino la fece accomodare, si recò dal marito, gliene parlò e, considerato che la sua opera era gratuita, accompagnò Eufemia in camera da letto.


 Sedette ai piedi del letto la prefica, si segnò ed invitò ambedue a segnarsi, poi recitò una preghiera strana ad una santa e chiese alla moglie di portarle un piattino con lolio, una saliera, un moccolo di candela e tre spicchi daglio, quindi si raccolse in meditazione. Don Peppino seguiva, forse era scettico, ma per il semplice fatto che tutto non gli costava il becco di un quattrino, la fece operare e, quando la donna, leggendo le scatole delle compresse disse che erano stati soldi sprecati, ricevette lassenso col capo del paziente.
Accese la mezza candela, pose i tre spicchi daglio sulla fronte del Mocco, intinse il dito nellolio, poi lo infilò nella saliera, scostò il pigiama e gli strofinò il dito sul cuore tracciando trentatrè croci, quindi si fermò. Gli occhi della prefica si posarono sulla chiave attaccata ad una catenina al collo di Peppino ed il suo piede toccò  il piccolo baule sotto il letto e, quando si abbassò  per rimboccare le coperte, lo vide nella sua interezza. Notò il portafogli gonfio sotto il cuscino, ma avvertì la moglie:
- Signora Paolina, stia attenta, il portafogli di suo marito sta per cadere a terra.
Lusuraio con un gesto rapido lo spinse un po più sotto e con gli occhi ringraziò la donna.
- Domattina ritorno, fatemi trovare una bacinella con un po di acqua tiepida, lolio e un asciugamano bianco. Non c’è alcuna fattura, solo un pizzico di malocchio, ma lo toglieremo in tre giorni.
Stranamente, don Peppino si sentì sollevato da quelle parole, e ordinò alla moglie di regalare ad Eufemia un pezzo di caciocavallo che era in un armadietto della cucina.
Passarono i tre giorni e lusuraio chiese alla sua donna di chiamargli il notaio che arrivò in serata per registrare le sue volontà.
- Voglio che nessuno dei miei parenti abbia un soldo, quindi a cominciare da questa casa, tutto deve andare a mia moglie nelleventualità che dovessi morire; qualora morisse prima lei, lascio erede universale la mia parrocchia, a condizione che  alla mia morte, nessuno si presenti a rendere omaggio alla mia salma, non ho visto i parenti in vita, non voglio che siano presenti alla mia morte, si trasformerebbero in sanguisughe, mignatte voraci, lupi famelici, zecche! Voglio essere pianto, pianto tanto, ma solo da Eufemia la prefica e da sua figlia, con una veglia di quarantotto ore, per cui saranno pagate novantaseimila lire alla madre e altrettante alla figlia, per un totale di centonovantaduemila, arrotondate a duecentomila perché desidero lasciare un segno tangibile della mia generosità, quattromila lire di regalia, voglio che la gente continui a ricordarmi dopo il mio trapasso!
Come se avesse avuto un presentimento, uscito il notaio, don Peppino Mocco reclinò il capo e nella notte passò a miglior vita.
Furono avvertite le prefiche ed il prete e la moglie sbarrò la porta per non consentire laccesso ad alcuno, ma finalmente tutte le luci di quella casa si accesero contemporaneamente.
In tanti si soffermarono sulluscio, e si sentirono i pianti strazianti di Eufemia e di sua figlia, non un mazzo di fiori, non una candela, non un lumino, don Peppino non avrebbe consentito tanti sprechi, anche le lapidi per lui erano illusione per i vivi. 


Nel pieno della notte, mentre la signora Paolina dormiva su una vecchia sdraio, Eufemia staccò dal collo dellusurario la chiave, tirò fuori il bauletto, lo aprì e sistemò quasi tutte le banconote attorno al gibbo della figlia, ripose il baule e risistemò la chiave attorno al collo del defunto poi, si rimise a fare i versi strazianti. Quando il carro funebre si presentò alla porta, la gente era tutta sugli usci, capannelli di persone agli angoli della strada non si davano spiegazione del fatto che nessuno aveva varcato quella soglia per rendere omaggio ad una salma, ed anche il prete si fermò a far capannello e si informò sullaccaduto, e la domanda fu sempre la stessa:
- A chi li lascia tutti i suoi soldi? In banca avrà depositi per miliardi! Chi sarà il fortunato?
Ed anche il prete si pose una domanda:
- Chissà, avrà lasciato qualcosa alla parrocchia?
Don Peppino non andava in chiesa proprio per non dare lobolo!
     Sistemata la salma nella cassa, Eufemia fece uscire la figlia e le raccomandò di andare a casa e di chiudersi dentro fino al suo arrivo, poi si portò nel soggiorno e mentre la moglie dava lultimo sguardo al marito, in attesa che saldassero la bara, raccattò la scatola con le cambiali e sgattaiolò fuori dirigendosi verso casa, il tempo giusto di nasconderla in un posto sicuro e ritornare indietro per accompagnare il morto in chiesa.  Mossi da pietà cristiana, prima alcuni uomini, poi delle signore formarono un piccolo corteo.
Nessuno cercò Eufemia, che scomparve con la figlia per un po di giorni, poi ricomparve e contattò ad uno ad uno i firmatari delle cambiali a favore di Peppino Mocco, contrattò con loro il dieci per cento del valore del titolo in cambio del titolo stesso con limpegno della segretezza delloperazione.  Un bel gruzzoletto, in sei mesi intascò circa trenta milioni di lire.
Tranne pochi, quelli che non erano in debito con Peppino Mocco, si chiesero perché Eufemia avesse rinfrescato la sua casa con un bel prospetto e avesse cambiato i mobili, ognuno manteneva il suo segreto e sfuggiva alle domande.
Eufemia continuò il suo lavoro di guaritrice, continuò a recitare gli scongiuri, a togliere il malocchio e a piangere davanti alle salme. Un mattino fece operare la figliola in una clinica da un ottimo neurochirurgo che le raddrizzò la colonna, riducendo al minimo la scoliosi ed azzerando quasi la gibbosità. Quei soldi prelevati dal bauletto dellusuraio erano serviti a rendere felice una fanciulla. Eufemia non se la sentì di tenersi il resto della somma, sapeva che la signora Paolina aveva ereditato una fortuna, ma lei aveva sulla coscienza quellappropriazione di denaro e ne sentiva il peso. Passò un mattino da una casa di riposo per anziani gestita dalle suore, parlò alla madre superiora e confidò del suo proposito di devolvere a quella struttura tutti i soldi che le rimanevano, inventandosi una piccola bugia, dicendo che in punto di morte le erano stati affidati da don Peppino Mocco per donarli ai vecchi pensionanti della casa. Volle trattenere per se appena i soldi per una piccola lapide in marmo che fece scolpire.
Tre giorni prima della commemorazione dei defunti si recò  al cimitero, davanti alla tomba del Mocco, si segnò e lesse:
Qui giace Peppino Mocco uomo di mirabili virtù, la moglie pietosamente  pose. Mirabili virtu? La pietà piglia sempre il sopravvento e le lapidi sono quasi sempre bugiarde, la verità quasi sempre rimane attaccata negli attrezzi dello scalpellino. In vita luomo può essere deriso, beffeggiato, schernito, ingiuriato, ma al suo trapasso, tutto si annulla e allora, anche il peggiore degli uomini diventa buono, degno, pieno di virtù!
Eufemia si inginocchiò, scartò la sua piccola lapide con la scritta uomo generoso, tirò un tubo di mastice dalla borsa e la incollò di seguito alla scritta preesistente poi, accese un lumino. Si segnò nuovamente e, prima di allontanarsi, quasi sottovoce sussurrò:
- Grazie don Peppino, grazie dalla prefica e da sua figlia, ora puoi riposare in pace!




Si può ironizzare anche sulla morte? ... Vi auguro una ottima lettura.

5 commenti:

  1. Molto carino, fuori da intellettualismi manifesta il piacere del raccontare cui corrisponde il piacere di leggere

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  2. Bellissimo, le donne in queste storie ne sanno davvero una più del diavolo.. Certo che si può scherzare con la morte, basta capire da quale parte è la verità e l'onestà.

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  3. in un mondo di lupi ancora ci sono persone che hanno una coscienza e fanno opere di bene

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  4. Questo sicuramente era il sanguisuga , e se non era lui , era la controfigura !! 😂😂😂

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  5. Leggere storie come questa conduce il lettore come quando, seduto in una platea teatrale, si trasforma in personaggio.

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